A scuola, fin da piccoli, abbiamo letto decine, centinaia di poesie, talvolta identificandoci con le passioni, le paure, i sogni descritti, ma per lo più considerandole come un pesante obbligo e non cogliendo la bellezza di cui ogni forma di espressione artistica è pervasa. Le città italiane sono state la casa di sommi poeti di tutto il mondo, che con le loro parole hanno avuto la forza e la capacità di nutrire e orientare movimenti culturali e sociali, eppure nel secolo Ventuno, quello in cui si può leggere tutto di tutti con estrema facilità, la poesia sembra scomparsa.
Possiamo accettare tutto questo? O è nostra responsabilità intervenire, ripensando questa potentissima forma d’espressione in maniera tale da rendere i versi nuovamente capaci di smuovere animi e coscienze, immaginare nuovi mondi? Da queste considerazioni nasce nel 2010 a Firenze il MeP, il Movimento per l’Emancipazione della Poesia, costituito quasi esclusivamente da giovani fino ai venticinque anni e che agisce a partire da una riflessione importante e chiara: la poesia si scrive ancora e molto, tuttavia non viene letta.
Diventa allora necessario fare in modo che siano le composizioni stesse a cercare le persone, a suscitare l’interesse di tutti coloro che di spontanea volontà si farebbero molto difficilmente ammaliare da un verso. Quale maniera migliore quindi, se non incrociare lo sguardo dei passanti attraverso fogli sparsi nelle città e con esortazioni scritte direttamente sui muri, cosicché nei ritmi veloci della vita quotidiana, immersi in preoccupazioni, consumi e solitudini, possano rallentare e scorgere una frase in grado di farli pensare? Ed ecco che nasce la poesia di strada.
Non si tratta chiaramente di un percorso facile: le istituzioni non sempre sono sufficientemente aperte per capire la portata di questo tipo di iniziative, sebbene stiano, in alcuni casi, piano piano mettendo a disposizione alcuni spazi appositi, considerando la cultura, la poesia, l’arte come beni comuni. Talvolta invece intervengono i preconcetti che portano a confondere la streetpoetry con i graffiti e ancora gli stessi poeti guardano con diffidenza a questa opportunità, preferendo i raduni poetici, che però restano iniziative di nicchia del tutto sconosciute alle persone comuni. Eppure in pochi anni si sono ottenuti risultati straordinari con realtà di rilievo nazionale. Dai Poeti der Trullo – sette ragazzi romani del quartiere Trullo – che dalla periferia della capitale sono stati in grado di dare grande visibilità al proprio operato attraverso la rete, raccogliendo decine di migliaia di consensi da tutta la penisola. Ci sono poi i friulani Poeti della Sera che un giorno discutendo di fronte a un caffè hanno sentito il bisogno di agire in prima persona per stimolare la vena creativa delle persone, consapevoli che nonostante le apparenti orecchie di marmo di molti, è ancora possibile risvegliare gli animi dormienti e fare della poesia uno mezzo per ricomporre le relazioni sociali. Nasce quindi un circolo che trasversalmente da voce a scrittori, pittori, fumettisti, teatranti, fotografi e ovviamente poesie. Ci sono TempiDiversi, milanesi, che spingono alla ribellione e che invitano tutti a contribuire in maniera attiva anche attraverso l’invio di poesie. Proprio Milano sembra essere la realtà più dinamica, soprattutto grazie alla sua grande apertura a tutta quella che è la cultura underground, motivo per cui lo scorso anno nella città lombarda grazie anche alla collaborazione del cantautore e rapper italiano Caparezza è stato possibile organizzare un Festival Internazionale dedicato alla poesia. Quest’anno verrà riproposto a Genova (dal 6 al 19 giugno), per avvicinare sempre più persone ad un movimento non ancora sufficientemente forte, anche per la poca attenzione che la critica mainstream gli dedica, ma che ha potenzialmente la capacità di far rivivere la poesia. Nel Nord Europa e in Sud America questo già succede.
Reti, movimenti culturali e anche istituzioni in Germania, Olanda, Scandinavia, Inghilterra si domostrano molto più aperti all’arte di strada in tutte le sue espressioni, basti pensare alle valutazioni che hanno le opere di Bansky (artista e writer inglese, uno dei più noti della street art, qui alcune immagini dalla Bbc di una sua mostra a Bristol) oppure all’importanza culturale che assumono i murales del muro di Berlino. In Sud America invece è nato un movimento molto più articolato chiamato Acciòn Poetica con centinaia di migliaia di seguaci su facebook che dipinge frasi d’amore citando poeti, scrittori e cantanti. Poiché parla esclusivamente di amore e sentimenti è qualcosa di differente rispetto alla realtà italiana, che ha invece uno scopo prevalentemente sociale, ma che da un’idea di quanto possa essere forte l’impatto della poesia di strada.
Per queste ragioni, dicono quelli del MeP, diventa importante dare visibilità all’operato di artisti come Ivan, uno dei più noti esponenti italiani che nel suo Manifesto, tra l’altro, scrive: “La poesia di strada nasce gettando parole tra le vie, pugni di semi nel vento, è sensazione precipitata in sassi d’assalto tra lo snocciolarsi scomposto di questa città. Versi come pioggia tra le genti, inzuppate fin’oltrel’orlo dell’attenzione, senza corte di dotti ne corona, perché d’ovunque e da sempre, una pagina bianca è una poesia nascosta…” e che lotta perché “il sapere non s’accresce se non è condiviso”. La coppia Ste-Marta di Milano ribadisce che “la poesia non è privilegio per pochi, ma incantesimo per tanti” e che a tal riguardo si sono impegnati anche in un progetto per coinvolgere le scuole. MrChaos, che si descrive come scrittore, sognatore e poeta – nonostante la giovane età ha già pubblicato sui muri da Milano a Londra – dice invece che “la cultura è l’accento sulla parola libertà”; Mathias, infine, sostiene che “l’anima del poeta si fa viaggiando” e che proprio per questo tra poco partirà alla scoperta del Perù nella speranza di trovare ulteriore ispirazione.
DA VEDERE
Ecco il video dell’intervento dei Poeti der Trullo (PdT) nella rassegna Ritratti di Poesia 2014, realizzato grazie ai giovani attori dell’Accademia Silvio D’Amico che hanno dato volto e voce ai testi scritti dai PdT. La presentazione è di Lello Voce che dice: “Ogni volta che c’è una poesia questa poesia si trasforma in un gesto, un’azione, un segno che resta, che ci ricorda ancora una volta che non riusciremo mai a sognare dei sogni nuovi fin quando continueremo ad usare delle parole vecchie, e io credo che alla ricerca di queste parole nuove si siano sguinzagliati questi sette ragazzi che non vedrete.” Buona visione, buon ascolto.
[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=jORNiFMPU7c#t=95[/youtube]
Per carità! Amiamo anche noi la poesia. Ma non è un modo di riqualificare gli spazi delle nostre città quello di scrivere sui muri.Che orrore! “Suscitare l’interesse di tutti coloro che di spontanea volontà”…sì, ma dentro casa loro, sulle cose loro! Oggi c’è internet, ci sono giornali, riviste, email e c’è sempre carta, tela, borse e altri oggetti di proprietà propria dove i poeti possono scrivere. Se lo scrivere o dipingere su un muro pubblico o privato non è autorizzato da chi è proprietario del muro, è vandalismo. Roma non è il wild west! Bisogna avere rispetto!
Non sono per nulla d’accordo con il commento di @retake Roma. Scrivere poesie sui muri non vuol dire necessariamente compiere atti vandalici. Molti poeti di strada, tra l’altro, procedono chiedendo spazi e permessi al rispettivo comune. In un mondo come questo, dove la poesia sembra interessare solamente chi la scrive e NON chi la dovrebbe leggere, ovvero noi lettori, io credo che i poeti di strada abbiano trovato una soluzione, riportare la poesia in strada, fra la gente.