È il tempo delle paure (del virus, del vaccino, dello straniero) e delle etichette (No Vax è quella più usata per chiunque esprima un dubbio, virologi e scienziati inclusi). Ma è anche il tempo in cui il potere (politico, finanziario, scientifico e religioso), utilizza paure, etichette, debolezze per richiedere deleghe in bianco. Restano il bisogno di proteggere un minimo di pensiero critico e quello di costruire fiducia, legame che si conquista sul campo e richiede l’incontro e il contatto
La morsa del virus Covid-19, sembra stia rallentando, almeno in Europa. Forse è solo un illusione, ma ci troviamo comunque in quella fase in cui iniziamo a trarre le conclusioni, valutando gli errori, ma anche gli insegnamenti che questo infausto periodo dovrebbe averci trasmesso, pur sapendo che poi l’oblio prenderà il sopravvento, come dopo ogni guerra. E come ogni guerra che si rispetti, questa non si combatte solo fra due eserciti sul fronte, ma viene alimentata da tante altre guerre interne alla società, sia per tenere acceso il “fuoco” della belligeranza, sia per distrarre il cittadino da questioni “ruvide” e “scabrose”, basate essenzialmente su due fattori: “fede” e “paura”.
Senza andare troppo lontano, basta girarsi indietro di qualche decennio per osservare come anche la seconda guerra mondiale, nata come tutte le altre, per interessi di geopolitica, economici e di rafforzamento del potere, ha avuto anche “lei” il bisogno di “distrarre” il cittadino con un’altra guerra: la contrapposizione delle “razze”, e la predominanza di una religione sull’altra. Le conseguenze tragiche delle migliaia di vittime, le conosciamo tutti. C’è un’altra storia, apparentemente meno tragica, in quanto non porta alla fine della propria vita, ma a quella della propria dignità, e riguarda quanti sono stati e sono ancora oggi costretti a convertirsi alla religione del più forte, per difendere se stessi e la propria famiglia. Religioni, tutte con i propri valori, non misurabili né quantificabili in quanto basate appunto sulla fede, e quindi paritetiche, ma all’improvviso una delle due prende il sopravvento e impone all’altra le sue “verità” (che dal giudizio di un agnostico, come il sottoscritto, verità non sono, ma nemmeno bugie, sono e basta). Secondo il dizionario Garzanti. fede significa “credere come veri, determinati assunti o concetti, basandosi sull’altrui autorità o su una personale convinzione”.
E torniamo alla cronaca di questi giorni, per analizzare la “guerra” che invece stiamo vivendo da più di un anno, contro un maledetto virus, che nessuno saprà o vorrà mai dirci se creato in laboratorio o diffusosi casualmente. Ecco allora il primo fattore di alimentazione delle masse: la “fede”. La fede nella scienza; nei politici che come tanti “Muzio Scevola” hanno messo la mano sul fuoco, giurando che il virus non è fuggito da nessun laboratorio, né per errore, né volutamente; nei virologi “superstar”, che dall’inizio della pandemia stanno facendo passerella nelle tv private e di Stato, pubblicizzando i propri libri, cercando così di crearsi un futuro professionale, ma alimentando anche tanta confusione e paura.
Tutti gli altri medici si sono dovuti sottomettere, cambiando “religione”, per puro istinto di sopravvivenza. La gogna mediatica dei mezzi di “informazione”, ma per la prima volta nella storia, dei social web, è stata troppo forte per far nascere qualsiasi resistenza degna di dibattito e confronto, ma solo qualche sporadico kamikaze.
Ed ecco il secondo fattore necessario ad alimentare il fuoco della “distrazione di massa” e la creazione di due opposte fazioni. La paura del virus e del vaccino. Essendo paure, e quindi stati emozionali, non sono molto dissimili dalle religioni, ma come ho giudicato queste, tutte valide, in quanto atte a consolare l’animo umano, così entrambe valide sono queste due nuove paure, perché l’una, quella del virus, nasce dagli effetti letali e dalle terribili immagine delle sofferenze e lunghe agonie, e ha come consolazione il vaccino; l’altra, la paura del vaccino, nasce dal non conoscerne gli effetti a lungo termine, essendo sperimentali, e dall’uso di una tecnica nuova e non tradizionale. Questa seconda paura però non ha consolazione se non quella di evitare il vaccino stesso. E quindi bisogna combatterla. E quale migliore occasione, per i “fedeli” del vaccino, per “marchiare” il proprio “nemico” e poterlo così facilmente riconoscere?
NoVax, è il “marchio a fuoco” più usato; attenzione, non solo su quel pugno di persone, che farneticando sui social network, si dichiarano contrari per principio ad ogni vaccino, e perché sicure che gli verrà iniettata una sostanza misteriosa che ne prenderà il controllo, ma su chiunque esprima un lecito dubbio. Bisogna allora allargare la platea, perché i veri NoVax, sono troppo pochi e insignificanti. Quindi chiunque esprima un dubbio, fosse anche un medico, un virologo, uno scienziato, diventa NoVax, Negazionista e Nemico della Scienza. Così la censura, che apparentemente nella nostra epoca, dovrebbe essere stata abolita, si fa strada, con i mezzi più subdoli, non dichiarati, ma ugualmente emarginanti come un ordine dittatoriale. E ogni argomento non in linea, viene archiviato come prova della sua appartenenza al nemico. Anche se poi la Scienza, quella vera, non ha e non può avere certezze, altrimenti il suo scopo di infinita ricerca e innovazione non avrebbe senso. La sperimentazione è tale in quanto è basata su tentativi, prove e continui adeguamenti.
Dall’altro versante, coloro la cui paura del vaccino, è maggiore del virus, basano la propria “fede”, sul: “tanto non capiterà a me”. Allora non vale la pena di sottoporsi alla tortura della mascherina protettiva, perché il virus passa lo stesso, confondendo egoisticamente la propria sicurezza con quella degli altri.
Non hanno epiteti da attribuire al nemico, perché questo si è impadronito per primo del “No”, e il contrario del “No” è “Pro”. E la comunicazione della pubblicità e del marketing insegna, sconsigliando di iniziare uno spot con una frase in negativo, perché imprime nel ricevente, un rifiuto già in partenza. Così se siete bollati come NoVax, ma anche NoTav, o NoTap, ecc., è inutile che tentiate di replicare in qualunque modo. Il vostro destino è segnato.
Su queste fazioni di persone impaurite – tutte e due, a mio avviso, degne di rispetto, come i fedeli di ogni religione – giocano il loro ruolo i governi, i politici, i giornalisti, e finanche la finanza, la borsa, e i monopoli farmaceutici. Loro hanno una terza visione della pandemia e dei vaccini, e non ne hanno paura, anzi è un’occasione unica e irripetibile (speriamo), da sfruttare bene, insieme alle paure ben inculcate nei cittadini. E lavorano all’unisono per questo. Così la sera i telegiornali ci propinano come primo dato la quantità dei contagi. Numero che alto o basso che sia, spaventa comunque, perché estrapolato dal contesto del numero degli abitanti, in riferimento a un paese estero, e dal confronto con i tamponi effettuati, cioè la percentuale, o meglio il cosiddetto “tasso di positività”. Nei primi mesi questo dato fondamentale non veniva proprio preso in considerazione, poi col passare del tempo, si è stati costretti, ma viene annunciato per terzo. E anche qui la scienza del marketing insegna. È il primo dato che noi memorizziamo di più. Ma non finisce qui, perché non riuscendo a raggiungere un numero alto di tamponi, a un certo punto si sono sommati sia quelli antigenici che molecolari.
I politici invece soffiano sull’una o sull’altra paura, a seconda della loro convenienza di guida o di opposizione, trasformando le due paure in consenso. Per la finanza poi, questa pandemia è una manna dal cielo; un’occasione unica per decuplicare i propri guadagni. Che un vaccino venga quotato in borsa, non scandalizza nessuno, perché nella nostra società, tutto è consumo, anche la vita.
E in questo scenario, i due antagonisti, combattono la propria guerra a colpi di post sui social, criminalizzando il “nemico”, e attribuendogli la colpa di ogni vita persa sul campo. Così cadono anche amicizie e stime costruite in anni di pacifica convivenza, ma viene meno uno dei valori sui quali la nostra democrazia è cresciuta: la “fiducia”. Fiducia nel prossimo, nelle istituzioni, nella scienza, nella medicina, ma anche del vicino di casa e di chi ha idee contrarie alle proprie.
Avere “fiducia” nella buona “fede”. Ecco che le due parole si incontrano, pur nella loro distinzione. La fiducia si conquista sul campo e richiede l’incontro e il contatto, la fede si ha e basta perché è un atto assoluto. Fiducia – ricorda Marco Balzano in Tre parole (La Repubblica) – è una parola che deriva dal latino fides e «significa “riconoscimento dell’affidabilità dell’altro”, dunque indica qualcosa che si conquista sul campo, che richiede l’incontro e il contatto: alla fiducia non ci si può abbandonare come alla fede, che è invece un atto assoluto».
Allora, se noi cittadini impauriti, imparassimo ad avere più “fiducia nella buona fede”, l’uno dell’altro, invece di scontrarci inutilmente, forse riusciremmo meglio a comprendere quando il potere politico, finanziario, scientifico e religioso, utilizza le nostre debolezze per i propri profitti.
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