Una racconto da Parigi di Marino Ficco, che per Comune nei giorni scorsi ha scritto il reportage La chiamano la Jungle di Calais
di Marino Ficco
Alle 21,20 arrivo con qualche minuto di ritardo a una festa di compleanno nel tredicesimo arrondissement, a sud-est di Parigi. Intanto un uomo a volto scoperto spara numerose raffiche di proiettili contro il bar Le Carillon e il ristorante le Petit Cambodge, nel decimo arrondissement, a nord della città. È venerdì sera e nei bar e nelle discoteche, affollatissimi, i ragazzi si divertono ignari di quanto stia accadendo. Poco dopo è un Mc Donald vicino al Canal Saint Martin a diventare il teatro di un’altra sparatoria. Allo stesso tempo due uomini aprono il fuoco contro il bar La Belle Epoque, sempre nella stessa zona.
La festa continua e per le 22.30 viene tagliata la torta di compleanno. Allo stadio di Saint Denis si sta giocando l’amichevole di calcio Francia-Germania. Alle 21.15 gli spettatori sentono un’esplosione ma pensano che sia un petardo. Qualche minuto dopo segue una seconda deflagrazione. Si tratta di due attentati terroristici. Questa volta il presidente Hollande viene evacuato dallo stadio. Ma la partita va avanti e gli spettatori presenti allo stadio non vengono informati di quanto sta accadendo. Tra le 22 e le 23 si cominciano a ricevere strani messaggi di amici…ça va? Va tutto bene? Sei a casa? Incuriositi da questi messaggi cominciamo a leggere le ultime notizie e si viene a sapere degli attentati ai bar nel decimo ed undicesimo arrondissement.
C’è chi parla di 18 morti, l’AFP ne conta 30, poi smentisce. Libération parla di 40 e poi 60 morti. Parigi è sotto attacco. Il panico comincia a circolare per tutta la città. In un discorso urgente alla nazione Hollande decreta lo stato d’urgenza in tutta la Francia. Lo shock si impadronisce di tutti e spegne la festa. Si comincia a parlare di una sparatoria in pieno centro, presso Les Halles. Dalle 23 in poi chiunque si informa sulle condizioni di amici e familiari. Si mandano messaggi meccanicamente a tutta la rubrica. Si pubblicano post su Facebook per tranquillizzare gli amici. C’è chi decide di continuare a bere e di provare a ballare. Alle 23 viene attaccato il teatro Bataclan. La situazione è confusa. Da tre a sei uomini armati terrebbero in ostaggio 60 persone. All’una intervengono le forze di polizia e vengono uccisi due presunti attentatori. Si parla di almeno 120 vittime. Il comune invita a rimanere nelle proprie case e di non uscire.
Verso mezzanotte nei quartieri a sud della Senna la situazione è tranquilla. Bande di ragazzini chiacchierano fumando, coppiette si scambiano sorrisi e dolci parole dopo una cenetta in ristorante. Cinque linee della metro vengono interrotte per motivi di sicurezza. Le strade cominciano ad intasarsi di taxi. Molti vogliono tornare a casa ed in taxi si sentono più al sicuro. Nel quartiere latino molti locali chiudono prima del previsto. Altri restano aperti come se niente fosse. Per alcuni la festa continua. Nella zona della Sorbona è un via vai di taxi e ragazzi che fanno la festa come in un qualsiasi venerdì sera. Notre Dame, non lontana dalla prefettura, è presidiata dalle forze di polizia in assetto antisommossa e dall’esercito. Si cominciano a sentire le sirene. Decine e decine di ambulanze scortate dalle motociclette della polizia trasportano morti e feriti nei vari ospedali della città.
È l’una di notte, per strada la gente è pochissima, ma le luci degli appartamenti sono tutte accese. Tutti attaccati al telefono ed al televisore. Attraversata la Senna, da Les Halles in poi la presenza della polizia è molto forte. Alcune strade sono bloccate. Dei turisti non si rendono conto di quanto stia succedendo e si aggirano per una città surreale attraversata da ambulanze e camionette. Per le due la situazione si calma relativamente, si torna a casa. Si cerca di capire. Si veglia.
Intanto il campo dei migranti di Calais è messo a ferro e fuoco. Le immagini che arrivano dal porto francese dove vivono migliaia di migranti che sperano di poter raggiungere l’Inghilterra sono apocalittiche. Il fuoco brucia capanne e tende di migliaia di disperati. Circola la voce che sia opera di gruppi xenofobi in reazione agli attentati di Parigi. C’è chi accusa musulmani, profughi e migranti degli attentati di Parigi. Ma è proprio perché fuggono da questi criminali al servizio dell’odio che la maggior parte di profughi e migranti si trova qui in Europa.
Tutto il mondo comincia a stringersi attorno a Parigi e ai francesi in una gara di solidarietà. Un pensiero va anche ai 43 morti nell’attentato di giovedì a Beirut, in Libano. Adesso bisogna reagire.
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