Molte decisioni durante la pandemia sono state prese sulla base del concetto di stupidità collettiva. Ha prevalso il sapore paternalistico, mentre la retorica che porta a sentirsi illuminati e sempre superiori agli altri ha trovato nel circo mediatico modo di moltiplicarsi. E così una volta si dà addosso ai medici, un’altra agli insegnanti, poi ai giovani, alle mamme… in un noioso festival delle generalizzazioni che non aiuta a pensare. “Bisogna fare molta attenzione a chi si prende di mira e bisogna farlo radicando la riflessione partendo da sé… – scrive Sara Gandini, epidemiologa – Bisogna lavorare negli interstizi, facendo leva sulle relazioni con persone che non rinunciano a dire la loro verità con il rischio di ritrovarsi sole, ma che al tempo stesso non rinunciano a scambiare con chi la pensa diversamente,..”. È una delle più importanti lezioni del femminismo, da mettere in pratica ogni giorno lontani dalle dinamiche di potere, ancorati e ancorate ai dubbi
Molte decisioni durante la pandemia sono state prese sulla base del concetto di stupidità collettiva. Sull’idea del popolo bue, della gente analfabeta funzionale, degli italiani incoscienti… si sono prese decisioni insensate: sono state imposte dall’alto decisioni che se lasciate ai singoli, dando fiducia al prossimo, in realtà avrebbero avuto la stessa efficacia e avrebbero aiutato a responsabilizzare.
Se ci fosse stata più fiducia nei cittadini tutta una serie di misure dal sapore paternalistico ce le saremmo risparmiate. Ma sia per i politici che per il nostro ego la retorica che porta a sentirsi illuminati e superiori agli altri funziona. E così si dà addosso ai medici, che sarebbero incompetenti e non sanno curare, agli insegnanti che non hanno voglia di lavorare, ai giovani incoscienti ed egoisti, ai genitori che ubbidiscono e non si ribellano, alle mamme che hanno paura di tutto, agli scienziati sempre in tv che dicono tutto e il contrario di tutto, ai giornalisti che pur di vendere la notizia utilizzano un linguaggio scandalistico lontano dalla realtà… Finisco con questa ultima affermazione perché riguarda anche me. Io per prima l’ho scritto perché ammetto di considerare i giornalisti i massimi responsabili del clima terribile generato in Italia con la pandemia. Ma in realtà anche loro ubbidiscono alle leggi del mercato, al simbolico del denaro e del potere.
Lasciatemi quindi dire che non solo queste generalizzazioni non funzionano ma non aiutano nemmeno a pensare. Rendono la situazione immodificabile in modo che il senso di impotenza cresce, funzionale a chi prende le decisioni e a chi sta davvero al potere. Infatti non tutti i giornalisti stanno a questo gioco come non tutti gli scienziati sono rapiti dal loro narcisismo e non si prendono la responsabilità di quello che affermano. Io penso che bisogna fare molta attenzione a chi si prende di mira e bisogna farlo radicando la riflessione partendo da sé… Bisogna lavorare negli interstizi, facendo leva sulle relazioni con persone che puntano sull’indipendenza simbolica, che non rinunciano a dire la loro verità con il rischio di ritrovarsi sole, ma che al tempo stesso non rinunciano a scambiare con chi la pensa diversamente, con chi ha un linguaggio e competenze differenti, in un conflitto che non diventa contrapposizione e schieramento, banalizzazione con identificazione del nemico di turno, ma che implica accettare di fare spazio per la verità dell’altro, quando si vede onestà intellettuale.
Questo cerco nella mia vita, da una vita. L’ho imparato dal femminismo e cerco di metterlo in pratica nei progetti nati con la pandemia. Questa per me è l’unica strada interessante proprio perché molto ambiziosa, l’unica a mio parere efficace, lontana dalle dinamiche di potere e dalle ideologie, ma radicata alle idealità e non disposta a svenderle. Lontana da verità assolute e opportunismo ma ancorata ai dubbi. Questo è quello cerco di mettere in pratica con il collettivo che sta nascendo attorno alla pagina della “Goccia”.
Articolo pubblicato su Goccia a goccia. A scavar pietre e nutrire arcobaleni, “rubrica” quotidiana di “evidenze scientifiche epidemiologiche sui rischi di Covid-19 legati alle scuole” curata da Sara Gandini, epidemiologa e docente dell’Università Statale di Milano (direttrice dell’unità “Molecular and Pharmaco-Epidemiology” presso il dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano)
Edo Facchinetti dice
Concordo con Sara Gandini. Mi fa assolutamente tanta paura e pena sentire certe forti militari generalizzazioni, oserei dire militari generalizzazioni da parte dei giornalisti e delle giornaliste. Ecco tutta la totalità degli esperti. Nessuno o pochissimi/e, hanno accennato alle fragilità mentali e sociali che ha provocato questo lockdown dell’intelligenza.
Marco Magnani dice
Grazie Sara Gandini per aver contribuito a rafforzare il pensiero critico, costruttivo, capace di relazionarsi anche a visioni ed opinioni contrapposte. La tendenza dominante ad assumere posizioni manicheiste tra si vax e no vax, o altro, nuoce all’intelligenza, alla temperanza e al confronto. La complessità relativa agli scenari aperti dal covid, richiedono la necessità di indagare in profondità i ruoli che hanno assunto i poteri coinvolti in questa sconcertante ed ancora oscura vicenda.
Camilla Mian dice
La reputazione di Sara Gandini è a zero.