di Luciana Bertinato*
Era il 1999 quando “Cassandra”, l’associazione culturale femminile di cui facevo parte, diffuse questa lettera che avevo scritto a mia nipote Francesca, allora bambina. Riprenderla in mano oggi forse potrà indurci a qualche riflessione.
Cara bambina,
qualche giorno fa quando a bruciapelo ci hai chiesto: “Perché l’8 marzo è la festa della donna?”, ti abbiamo risposto con il linguaggio dei grandi. “Per ricordare un episodio triste accaduto a New York City, l’8 marzo 1908, a 129 operaie morte bruciate nell’incendio di una fabbrica tessile durante uno sciopero di protesta contro lo sfruttamento del lavoro femminile”.
La tua curiosità si è sciolta nel gioco lasciandoci qualche perplessità sul senso delle nostre parole. Perché, vedi, i segni della “festa” che in questi giorni leggerai intorno a te (spot pubblicitari, mimose, serate in pizzeria e altri spettacoli spesso di dubbio gusto) sono così lontani dalla memoria che gelosamente conserviamo e dal significato autentico dell’otto marzo da indurci a scriverti, forse per mettere un po’ di ordine nei pensieri o per sottolineare le ragioni stesse del nostro impegno.
ARTICOLI CORRELATI
Contro l’8 marzo “Che gli uomini si prendano la responsabilità di interrogarsi sulla violenza di ogni genere”. Ecco perché una donna che ha segnato la storia del femminismo in Italia dice di desiderare che della “festa della donna” non si parli più
Oggi tu hai straordinarie possibilità: vai a scuola, pratichi uno sport, hai il tempo per giocare con gli amici, guardare la tv, usare il computer. Puoi comunicare e spedire messaggi a coetanei che vivono dall’altra parte della Terra. Tutto ciò era impensabile nella nostra infanzia! E tuttavia non per tutte le bambine del mondo è così.
La scuola è negata al 34 per cento di loro che non sanno né leggere, né scrivere e sono costrette a lavorare o diventare madri molto presto. In molti paesi sul loro corpo vengono tuttora perpetrate terribili mutilazioni. In Sudan e Somalia le piccole continuano a morire per malattie e malnutrizione. In Afghanistan vedono gli occhi delle madri guardare il mondo attraverso il burka, il lungo abito nero che le copre dalla testa ai piedi annullandone ogni dignità. Solo ed esclusivamente perché sono donne, non possono uscire da sole, non possono studiare e lavorare. Nei villaggi dell’Algeria, nel nome della jihad (guerra santa), ne vengono uccise a centinaia. E come non ricordare gli occhi smarriti delle profughe della recente guerra in Kosovo?
Eppure… i diritti universali sono diritti delle donne e i diritti delle donne sono diritti universali. Da più parti si afferma che abbiamo conquistato la parità e pari opportunità nello studio e nel lavoro. Anche se molte sono state le conquiste importanti faticosamente ottenute, noi abbiamo il sospetto che in larga parte della nostra società occidentale non sia ancora così, la certezza che in molti paesi poveri del mondo non lo è affatto. Nonostante ciò, vogliamo guardare alla tua vita con speranza, dipingerla con caldi colori, pensarla attraverso coordinate inedite. In questi anni, cercando qualità e senso al nostro agire responsabile, abbiamo incontrato la cultura delle donne e guardato il mare da questa affascinante riva per attraversarlo insieme evitando gli scogli dell’indifferenza. Come lo è per noi, speriamo che essa diventi una delle tue ragioni del vivere e del fare con slancio e generosità. Per questo il nostro 8 marzo è dedicato a te, alla donna che sarai e che, ti auguriamo, saprà abitare il proprio corpo con gioia e dignità, tessere “i fili che danno gusto e piacere alla vita” per costruire con essi una cultura quotidiana di accoglienza e di pace. Con affetto.
8 marzo 1999 Le donne di “Cassandra”
giusi dice
Ma anche voi cadete sul falso-storico dell’incendio alla fabbrica? 🙁