Ci vuole coraggio oggi a lanciare una chiamata per (ri)partire dalla speranza e non dalla paura. In una fase storica nella quale l’umanità dovrebbe occuparsi di porre rimedio alla crisi sistemica globale in corso, che ha l’innesco nella crisi climatica, i governi sono occupati in una escalation bellica che non si vedeva da prima dell’89 del secolo scorso. Il bellicismo, ossia l’ideologia della guerra, è tornato violentemente nel discorso pubblico, come nei momenti che precedettero le due guerre mondiali. Il mantra che viene ripetuto – non solo dai propagandisti di guerra sui media con l’elmetto, ma dai decisori politici nazionali e internazionali – è l’obsoleta e irrazionale formula magica del preparare la guerra per avere la pace.
Un delirio, contraddetto dalla ragione e dai dati di fatto: non abbiamo mai speso così tanto per preparare le guerre (2443 miliardi di dollari nel solo 2023, dati SIPRI) e le guerre non sono mai dilagate così tanto sul pianeta, perfino – di nuovo – in Europa; le tante guerre hanno generato un numero record di persone rifugiate e profughe (120 milioni nel 2023, UNHCR) ed un impennata di vittime civili (+ 72%, nel 2023 rispetto all’anno precedente, dati ONU). E tutte le risorse gettate dai governi nel buco nero delle guerre e degli armamenti sono sottratte agli investimenti sociali e civili per i popoli. A Gaza, inoltre, è in corso uno sterminio senza sosta e senza precedenti della popolazione palestinese, supportato non solo militarmente dai governi occidentali – USA in testa – ma mediaticamente, oscenamente, dalla “scorta mediatica” ai carnefici, anziché alle vittime, operata da gran parte del sistema informativo.
Ed allora, come si può (ri)partire dalla speranza, in questo scenario terrificante, che vede di nuovo in scena anche il pericolo concreto della guerra nucleare? Organizzando la speranza in progetto, l’utopia in azione concreta. E se la violenza più profonda e permanente, che legittima e giustifica le guerre e la loro preparazione – come insegnava Johan Galtung – è la “violenza culturale” propagata dal sistema formativo e informativo, costruire informazione, formazione ed educazione nonviolente significa trasformare il bisogno di speranza in ricerca di quella verità che disvela e mette in discussione il sistema di dominio, nella sua dimensione più ideologica e pervasiva.
Scrivo queste righe nel giorno della liberazione di Julian Assange, pericolo pubblico numero uno del complesso militare-industrale-mediatico, esattamente perché ha fatto informazione mostrando la verità delle guerre dietro alle mistificazioni belliciste. La sua liberazione è anche il frutto della mobilitazione internazionale dal basso di tanti gruppi che hanno capito la posta in gioco sulla pelle di Assange. Che, in tanti anni, non hanno perso la speranza, ma si sono organizzati. Scriveva l’antropologa Margaret Mead di “non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini, che agisce con coscienza ed impegno, possa cambiare il mondo. In verità è ciò che è sempre accaduto”. Allora non rimane che continuare, con la coscienza e l’impegno di sempre, a costruire speranza in questi tempi di grande paura. Grazie a Comune-info per continuare a fare la sua parte ed essere, per me, prezioso compagno di strada.
[Pasquale Pugliese]
(Tutte le adesioni alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura)
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