Non amiamo in modo particolare gli anniversari e le celebrazioni, servono per lo più a “ingessare”, cioè a rendere più retoriche e vuote le espressioni della realtà. Facciamo volentieri un’eccezione per la Giornata mondiale dei popoli indigeni, persone di cui Comune-info cerca di occuparsi con una qualche tenacia. Anche per colmare il deficit razzista di una cultura occidentale che, se in generale fa fatica a riconoscere i soggetti collettivi, annaspa visibilmente in cerca di leader e interlocutori attendibili quando si tratta di indigeni, poco meno di 400 milioni di persone. Il caso della scomparsa del subcomandante Marcos è illuminante. Intanto, anche per quel che riguarda i documenti che hanno puro valore morale la situazione si fa più preoccupante
di Aldo Zanchetta
Negli anni fra il 1991 e il 2007, l’unico documento giuridico che a livello internazionale proteggeva le culture, le tradizioni e i diritti comunitari dei popoli indigeni e tribali – circa 370 milioni di persone sparse nei cinque continenti – era la Convenzione n.169 dell’ILO – l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, organismo delle Nazioni Unite con sede a Ginevra- stilata nel 1989 ed entrata in vigore il 5 settembre 1991.
La Convenzione riconosce ai popoli indigeni un insieme di diritti fondamentali, essenziali alla loro sopravvivenza, tra cui i diritti sulle terre ancestrali e il diritto di decidere autonomamente del proprio futuro. Essa fu firmata da quasi tutti i governi, ma come sappiamo per far entrare in vigore una Convenzione, non basta la firma dei governi ma serve la ratifica dei relativi parlamenti e, dulcis in fundo, deve trovare spazio nella legislazione nazionale tramite apposite leggi. Un triplice passaggio che ben pochi paesi hanno effettuato. Ad esempio l’Italia non è andata al di là del primo, col pretesto che qui non esistono popoli indigeni. Il che non consente di citare in giudizio in Italia multinazionali con sede nel paese dei santi, poeti e navigatori che, nelle loro scorrerie globali, violino i diritti dei popoli indigeni.
Tuttavia la Convenzione è stata ed è un importante riferimento morale a cui in molti casi i popoli indigeni hanno potuto appellarsi di fronte a tribunali internazionali in casi di violazioni gravi dei loro diritti.
Nel settembre 2007 le Nazioni Unite, dopo un parto travagliato durato 22 anni, hanno approvato la Dichiarazione sui Diritti Comunitari dei Popoli Indigeni, una terza classe di Diritti che non aveva trovato posto né nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1947 né nel Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali del 1996.
La Dichiarazione del 2007, firmata da tutti gli stati facenti parte dell’ONU, con 143 voti favorevoli, 14 astensioni e il voto contrario, è bene ricordarlo, di Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda e Australia, costituiva concettualmente un passo avanti rispetto alla Convenzione 169, pur mantenendo alcuni punti oscuri.
Questa Dichiarazione non ha carattere vincolante per i firmatari ma ha solo un valore morale e la sua eventuale introduzione nelle legislazioni degli Stati richiede i due passaggi successivi sopra ricordati. Inutile dire che ad oggi essi sono per lo più solo “annunciati”.
Uno dei punti chiave di questa Dichiarazione è il diritto alla consultazione previa e informata relativa ad attività industriali o estrattive progettate nei loro territori, clausola la cui interpretazione è tutt’oggi fonte di conflitti, come in Perù, dove la traduzione in norma giuridica si trascina da mesi. Il presidente “indio” della Bolivia ha tagliato corto: il diritto alla consultazione non esiste nel caso delle attività minerarie…!
Due notizie alla vigilia del 9 agosto preoccupano fortemente.
La prima informa che, sotto la pressione delle corporations internazionali interessate alle attività minerarie, petrolifere, al legname e alla biodiversità dei territori, la ILO si appresta a rivedere il contenuto della Convenzione 169 per renderla più adeguata alle loro esigenze.
La seconda riguarda una Conferenza mondiale sui popoli indigeni che le Nazioni Unite stanno preparando per il settembre 2014 a New York, dove avranno grande spazio antropologi, politici, sociologi, etnologi e altre classi di “esperti”, ma nella quale non è chiaro quale spazio avranno i popoli indigeni, tanto che sul notiziario elettronico indigeno Servindi è apparso un articolo dal titolo: “Verso una Conferenza mondiale sui popoli indigeni … senza indigeni?”.
www.kanankil.it non mancherà di approfondire e di informare circa questi due punti oscuri.
immagini tratte da Trazando caminos
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