In un mese di occupazione di place de la République, a Parigi, Nuit debout ha spontaneamente messo su una mensa, una biblioteca, un’infermeria autogestite. Tutti i giorni, i volontari fanno vivere i beni comuni affinché viva il movimento
di Isaline Bernard, Reporterre
Parigi – Da giovedì 31 marzo, Nuit debout si tiene a place de la République. Ogni giorno, centinaia di persone vi si ritrovano per discutere delle possibilità di rimpiazzare il sistema sociale ed economico attuale. L’organizzazione è diventata uno strumento fondamentale per il buon funzionamento del movimento. Mano a mano, differenti postazioni vengono installate: infermeria, mense, accoglienza… Per ciascuna di esse, materiali e saperi sono messi in comune dagli occupanti della piazza. Risorse tanto necessarie quanto effimere, poiché quasi ogni giorno la polizia smonta degli stand rimontati la sera stessa.
La mense: «È bene avere qualcosa nello stomaco per riflettere»
Venerdì 22 aprile, alle due del pomeriggio, quattro volontari si ritrovano al mercato di Belleville, nel quartiere di Ménilmontant. Delphine, Paolo, Cécile et Nicolas occupano place de la République già da diverse settimane. Alcuni in “riconversione professionale”, altri studenti, hanno deciso di donare del loro tempo per difendere i valori del movimento Nuit debout, valori che vanno «ben al di là del malcontento per il progetto di legge sul lavoro El Khomri», dice Delphine, giovane restauratrice. Attrezzati con tanti borsoni, si muovono tra i banchi quasi vuoti di fine mercato. Distribuendo volantini per informare i passanti sulla Nuit debout, i quattro volontari chiedono ai commercianti di donare loro l’invenduto del giorno. La maggior parte accetta, come Saïd, quarantatré anni, che non conosce davvero il movimento, ma «dona per fare piacere». Una mezz’ora più tardi, sei borse sono riempite di meloni, mele, pere, peperoni, zucchine, ecc. Due altri volontari, Noémie et Stéphane, raggiungono il gruppo per dare una mano.
La prossima tappa si svolge nell’appartamento di Delphine. È l’ora di fare i conti e di pensare ai menu della sera. Sarà riso con verdure e macedonia. Tutti si concentrano nel fastidioso compito di sbucciare e tagliare la frutta e le verdure. Nel frattempo, un’altro gruppo va a cercare riserve di cibo in un bassofondo di quartiere, dove i surplus sono stoccati per essere cucinati i giorni seguenti.
«All’inizio, non eravamo molto ben organizzati, abbiamo installato la mensa (a Parigi le chiamano “cantina”, mensa autogestita e comunitaria ndr) un pò nell’urgenza – spiega Delphine, volontaria alla mensa Nuit debout quasi ogni giorno – Ora, facciamo più attenzione all’aspetto ecologico della mensa. Abbiamo installato da poco il sistema di autolavaggio: ciascuno lava i suoi piatti dopo aver utilizzato i coperti comuni, questo evita la plastica».
A fine pomeriggio, una nuova squadra di volontari arriva a completare i preparativi fino a place de la République con l’aiuto di un veicolo. È solo una volta sul posto che i volontari confezionano sandwichs, insalate, ecc. «In un prossimo futuro, ci auguriamo di non fare più sandwichs, ma dei piatti un pò più elaborati», spera Delphine. Il ristorante Freegan Pony, che cucina gli invenduti di Rungis a un prezzo libero, divide di tanto in tanto il suo hangar per aiutare la Nuit debout. Ciò permette alla mensa di disporre di più materiale per i piatti caldi.
Alle sei del pomeriggio, su place de la République, la mensa s’installa tranquillamente. Vengono sistemati una tenda e qualche tavolo. I volontari distribuiscono da mangiare a tutti coloro che lo desiderano a un prezzo libero: «C’è gente che viene perché non ha da mangiare e poi c’è soprattutto tanta gente del movimento che passa e che dona ciò che vuole… È bene avere qualcosa nello stomaco per riflettere», dice Roxanne, una volontaria abituale della mensa. «Siamo una ventina di volontari circa e delle persone vengono a darci una mano, c’è una rotazione». Gli alimenti provengono dall’invenduto, ma anche da doni. Mickael, cuoco per la Nuit debout come nella vita professionale, spiega: «Segnaliamo alla gente i nostri bisogni e le persone donano».
Qui, ciascuno paga ciò che vuole dopo essersi servito. Bouba, un disoccupato di quarantatré anni, viene a rifocillarsi dopo aver seguito parecchie commissioni a fine pomeriggio: «La cassa comune è un’ ottima idea, se la società funzionasse così sarebbe più giusta. Questo permette a tutti di mangiare». Alla fine del tavolo, una scatola è messa a disposizione per recuperare un pò di moneta. Ogni tre ore, un responsabile recupera il suo contenuto per mettere i soldi al riparo. «Ci fanno molte domande su cosa ne è del denaro raccolto. Ma noi vogliamo essere totalmente trasparenti. Recuperiamo all’incirca da trecento a quattrocento euro al giorno e li reinvestiamo per i giorni seguenti, in detersivi o cibo», dice Mickael.
Situata nel cuore del movimento, la mensa è uno dei bersagli preferiti delle forze dell’ordine, che tentano di sciogliere l’assembramento. Lunedì 11 aprile, diversi agenti hanno così gettato la zuppa nei tombini, sotto gli occhi dei senzatetto. Da allora, delle barriere umane vengono di tanto in tanto a circondare lo spazio della cantine per proteggere gli stock. Spiega Mickael: «I poliziotti sanno molto bene che, se ci rompono la cantine, indeboliscono il movimento». Sloggiata tutti i giorni, la mensa viene reinstallata, ancora e ancora.
L’accoglienza «Ogni giorno, c’è una nuova buona ragione per venire a sloggiarci, ma ogni giorno comunque ritorniamo, non è grave»
È nell’area accoglienza che i partecipanti vengono a cercare tutte le informazioni relative alla Nuit debout. Ogni commissione vi si dichiara per essere riconosciuta sui poster attaccati agli alberi della piazza. La carta dell’organizzazione della place, creata da una geografa, non è più distribuita, vittima del suo successo. È stata sostituita da uno schema disegnato su un tavolo per aiutare a rintracciarsi.
L’accoglienza è anche l’occasione di gestire le differenti commissioni: «Quando hanno dei problemi, vengono talvolta a vederci, cerchiamo allora di coordinarle. Oppure, quando due commissioni sono create e si riuniscono, cerchiamo di riunirle», spiega Émile, prima di aggiungere: «Ogni giorno, c’è una nuova buona ragione per venire a sloggiarci, ma ogni giorno ritorniamo comunque, non è grave».
L’infermeria: «In generale, ci sono due medici, due infermieri e due inservienti»
Seduto su un copertone e ospitato sotto un tendone, un giovane si fa curare da alcune mani benevole. Qui, si viene in caso di assistenza. «In generale, ci sono due medici, due infermieri e due inservienti. Avevamo dei letti, ma i poliziotti hanno smontato tutto. Si fatica per avere una tenda e uno stand», precisano gli organizzatori. Nella notte tra domenica 10 aprile e lunedì 11, le forze dell’ordine hanno confiscato il materiale medico. Da allora, i volontari tentano di installarsi con i mezzi possibili.
Alcuni militanti della Nuit debout apportano il necessario per il primo soccorso (compresse, antisettici…) quando possono. Alcun medicinale deve essere presente sul posto. Poichè l’infermeria è smontata a mezzanotte, dei volontari continuano ad assicurare le prime cure nella notte. Ma l’infermeria non si ferma alla sua funzione sanitaria: essa recensisce anche le foto delle ferite fatte da dei CRS (Compagnie républicaine de sécurité, è il noto corpo della polizia nazionale francese con funzioni antisommossa, ndr) per difendere le vittime in seguito.
La biblioteca debout: «Un modo di contribuire utilizzando la tematica dei commons, di dono et contro-dono»
Organizzata dal collettivo Savoirs Com1, una biblioteca comune è stata installata da sabato 9 aprile su place de la République. Ciascuno può scegliere un libro e depositarne in cambio. L’idea è di condividere la conoscenza e di facilitare la sua diffusione proponendo una biblioteca senza obbligo, nè impegno. Lionel, iniziatore del percorso, afferma essere arrivato a riunire fino a «cinquecento libri sulla bancarella». Secondo lui, è «un modo di contribuire a questo movimento pacifico utlizzandola tematica dei beni comuni, di dono e contro-dono».
I libri, tutti i generi mescolati, sono portati in piazza a piccole quantità poiché i convogli sono spesso respinti dalle forze dell’ordine. Una tale iniziativa era già stata messa in piedi in occasione del movimento degli Indignados in Spagna e di Occupy Wall Street negli Stati Uniti. Questo sistema di scambio di libri sì è installato in parecchie città di Francia sotto forma di cassette dei libri disposte per strada.
L’accampamento: «Se si vuole essere credibili, bisgona restare sul posto»
«Se si vuole essere credibili, bisgona restare sul posto», indica Solène, studente parigina. È perché, dopo essersi fatti confiscare la maggior parte del suo materiale dalle forze dell’ordine, un gruppetto ha deciso di rimontare un accampamento. Per fare ciò, viene posta una lista dove ciascuno registra ciò che presta. Una cassa comune è ugualmente messa a disposizione di coloro che vogliono partecipare all’acquisto del materiale. Michael tiene lo stand con altre sei persone: «Ognuno è libero di partecipare come lo desidera, in tempo o in denaro. Un uomo così ha appena comprato parecchi sacchi a pelo e ce li ha donati». La sera, essi montano teloni e tende per passare la notte, prima che i CRS vengano a sloggiarli: «La mattina, ci chiedono di partire, pieghiamo le tende e ci diciamo a domani». Benché sia organizzato da volontari motivati, l’accampamento non dura su place de la République. La maggior parte dei militanti rientrano a casa nella notte prima di ritornarvi il giorno dopo. Tuttavia, una nuova organizzazione si installa per restare sul posto fino ai primi giorni di maggio.
Massimo De Angelis dice
La polizia ha capito il ruolo centrale della riproduzione … Cerchiamo di capirlo anche noi: per esempio “autonomia sul cibo” = “potere di lottare”… “Situata nel cuore del movimento, la mensa è uno dei bersagli preferiti delle forze dell’ordine, che tentano di sciogliere l’assembramento. Lunedì 11 aprile, diversi agenti hanno così gettato la zuppa nei tombini, sotto gli occhi dei senzatetto. Da allora, delle barriere umane vengono di tanto in tanto a circondare lo spazio della cantine per proteggere gli stock. Spiega Mickael: «I poliziotti sanno molto bene che, se ci rompono la cantine, indeboliscono il movimento». Sloggiata tutti i giorni, la mensa viene reinstallata, ancora e ancora”.
Tamara Gori dice
L’autonomia delle comunità è il pericolo più grande percepito da chi ha bisogno di controllare e di dividere. L’esempio della lunga occupazione di Place de la République a Parigi come protesta alla riforma del lavoro è la più innovativa forma di autonomia e di resistenza che il vecchio continente sta conoscendo negli ultimi tempi.
Bell’articolo di Comune!
Fiorella Messina dice
Questa è resistenza! Bravissimi!
” i poliziotti sanno molto bene che se ci rompono le cantine indeboliscono il movimento, sloggiata tutti i giorni, la mensa viene ad essere reinstallata, e ancora e ancora…”.
“Le forze dell’ordine hanno confiscato tutto il materiale medico…”.
“Se si vuole essere credibili, bisogna restare sul posto…”.
Patrizia Gallo dice
Un buon esempio sulla capacità di far sistema davvero!