La situazione in Bosnia-Erzegovina, alle porte dell’Ue, resta terrificante per migliaia di migranti. No Name Kitchen, ricorda Cédric Herrou, è attiva sulla “rotta balcanica” da quattro anni e non smette di fornire cibo, vestiti puliti, amicizia alle persone, ma anche di denunciare quanto accade intorno al campo di Lipa e nelle foreste e negli squat di Bihac e Velika Kladusa
La situazione nella Bosnia-Erzegovina settentrionale, alle porte dell’Unione europea, è ancora inaccettabile. Centinaia di persone dormono all’aperto, senza accesso all’acqua potabile, senza vestiti puliti, senza poter andare liberamente in una città per comprare del cibo nella zona di Lipa (il campo bruciato, dove molte persone sono rimaste bloccate). Ma migliaia di persone vivono anche nelle foreste e negli squat, vicino alle città di Bihac e Velika Kladusa, ben prima dell’incendio. Alcune si trovano in questa situazione da oltre un anno. Non si tratta soltanto di Lipa. Nonostante l’incendio del campo abbia attirato l’attenzione sulla regione, i maltrattamenti dei migranti al confine tra Bosnia e Croazia sono sistematici e si verificano da tempo.
Per questo voglio segnalare l’associazione No Name Kitchen. Attiva sulla Rotta balcanica da quasi quattro anni, continua a fornire cibo, vestiti puliti e amicizia alle persone.
Negli ultimi mesi i volontari e le volontarie di No Name Kitchen hanno lavorato costantemente per coprire le esigenze di più gruppi, mentre il numero di persone senza tetto è in crescita. Suggerisco di seguire Facebook (https://www.facebook.com/NoNameKitchenBelgrade) e Instagram (https://www.instagram.com/no_name_kitchen/) per maggiori informazioni sulla situazione non solo in Bosnia Erzegovina ma anche in Serbia, Grecia (Patrasso) e Spagna (Melilla). Le notizie sulla situazione vengono pubblicate ogni giorno.
No Name Kitchen lavora anche per denunciare le condizioni che le persone devono affrontare ogni giorno al confine. Dare loro la parola è una delle missioni principali di No Name Kitchen. L’associazione raccoglie le testimonianze di coloro che vengono respinti ai confini dell’Unione europea, in modo illegale e spesso con violenza. Queste relazioni mostrano come le polizie di diversi paesi – Croazia, Slovenia, Italia, Austria, Romania, Ungheria – negano di fatto il diritto di asilo. Nessuno ha bisogno di beneficenza quando c’è giustizia. Allora combattiamo tutti insieme per la giustizia.
Fabrizio dice
Ribellarsi è giusto!