Andare oltre la ritualità della scadenza rivendicativa per lavorare verso un obiettivo comune che tenga insieme le complessità e le diverse forme di attivazione. Riuscire a farlo sarà responsabilità di tuttə e sarà importante lavorare nel costruire relazioni sempre più forti tra le lotte in corso: lottare insieme non deve essere per forza fare tuttə la stessa cosa! Le parole con cui si racconta in sintesi la bella Tre Giorni No Base per fermare l’escalation bellica e la militarizzazione del territorio – promossa nei giorni scorsi a Pisa e dintorni a un anno dalla manifestazione indetta a Coltano contro la costruzione di una nuova base militare dell’esercito italiano per i corpi speciali – aprono più di una speranza per chi si domanda da tempo cosa possiamo fare tuttə, insieme e in modo capillare ciascunə nel proprio territorio, per fermare la spirale bellica, e la necropolitica che la sostiene, cessando di guardare attonitə sugli schermi le molteplici rovine di un mondo del dominio che cade a pezzi. Respirare, guardare il sole, guardarci tra noi e costruire la forza e l’orizzonte per fermare questa escalation, avevano scritto – tra l’altro – per chiamare a raccolta, fino al 4 giugno, alcune centinaia di persone provenienti da tutta Italia – con la significativa presenza dell’esperienza francese di Les Soulèvements de la terre. Che sia, magari con il campeggio promosso per metà luglio, un passaggio chiave di quel risveglio dal senso di impotenza che ci atterrisce da troppo tempo non possiamo giurarlo, naturalmente, ma – anche per come viene raccontato – questo è un segnale significativo della volontà e della direzione di un processo comune che non è certo il caso di trascurare
In questa tre giorni abbiamo esplorato l’impatto della militarizzazione sul nostro territorio percorrendo il perimetro del CISAM con le biciclette e poi in centinaia ci siamo confrontatə su inquinamento, sottrazione di risorse e manipolazione della cultura e della scuola in funzione di essa. Abbiamo conosciuto l’esperienza francese dialogando con Les Soulèvements de la terre e giocato con lə bambinə. Sotto la luna piena abbiamo assistito ad uno spettacolo teatrale sulla guerra, contro la guerra. Sabato 4 giugno ci siamo incontratə in più di trecento persone provenienti dallo stivale e dalle isole per capire cosa fare insieme per fermare l’escalation bellica.
Sindacati e movimenti di lavoratorə, associazioni ambientaliste ed ecologiste, movimenti sociali e transfemministi, realtà antimilitariste e pacifiste. È stata un’assemblea poliedrica che a un anno dalla manifestazione del 2 giugno scorso a Coltano ha espresso con forza la volontà di costruire un processo di risposta alla pericolosa escalation bellica e militare.
La prima tappa condivisa di questo processo sarà il campeggio a metà luglio (weekend 15/16 luglio) nel nostro territorio. Da qui l’obiettivo è continuare queste relazioni in tutte le date emerse e raccolte nel calendario. Per poi ritrovarsi in un altro appuntamento assembleare di carattere nazionale dove convergere nuovamente.
Al di là dei singoli appuntamenti in tantə hanno manifestato la voglia di essere parte di un processo comune, tutto da immaginare insieme, che valorizzi le lotte sui territori, ma che le ponga in una prospettiva di mobilitazione generale, obiettivo per cui il territorio tra Pisa e Livorno, contaminato dalla guerra e preda delle nuove basi militari, si è già messo a disposizione.
Le tante realtà presenti hanno espresso la necessità di andare oltre la ritualità della scadenza rivendicativa per lavorare con efficacia verso un obiettivo comune che tenga insieme le complessità e le diverse forme di attivazione. Riuscire a farlo sarà responsabilità di tuttə e sarà importante lavorare nel costruire relazioni sempre più forti tra le lotte in corso: lottare insieme non deve essere per forza fare tuttə la stessa cosa!
L’esigenza di creare insieme una cornice politica comune che allarghi la capacità di consenso e produca conflitto è emersa in numerosi interventi, come l’idea di un’opposizione alla militarizzazione e alla guerra che ne identifichi e ne blocchi gli effetti prodotti su tutti gli ambiti della vita: da quello economico a quello sociale, dal mondo della formazione a quello della sanità. Un blocco che sia sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo. Per riuscire a farlo dobbiamo parlare con lə operaiə della filiera bellica oggi che sono anche le donne che nelle grandi città come nei piccoli paesi svolgono lavoro di cura, mogli di militari, lavanderie, agricoltori, allevatori, chi prende gli indennizzi, lavoratorə della ristorazione.
Perché siamo contro l’escalation
Questi effetti, di cui si è parlato nella prima parte dell’assemblea sono gravissimi in tutti i territori e si manifestano in forme molto diversificate, tra cui:
- aumento basi e siti militari: i territori vengono frammentati, si sottraggono risorse e salute alla popolazione; ma anche l’impatto ambientale sull’ecosistema è devastante.
- c’è una forte concentrazione di questi hub in alcuni territori: il 60% del demanio militare è in Sardegna
- intensificarsi delle esercitazioni
- aumento della propaganda militarista nella società
- intervento sistemico del comparto bellico nella formazione e nella ricerca
- legame tra guerra e aumento della repressione sociale
- fondi dirottati su spese belliche, servizi sui territori sempre più carenti (sanità, asili nido, case popolari..)
- Confini sempre più blindati
- presenza sempre più invadente di corpi armati e forze dell’ordine sui nostri territori
La crisi climatica e l’inquinamento sono legate a doppio filo con la guerra, strumento con cui si procede all’ulteriore estrazione di risorse fossili attraverso missioni militari all’estero e produzione di disordine globale. Il nesso tra la costruzione di hub militari e di hub energetici è evidente negli intenti e nelle ricadute sui territori.
Il governo mostra il suo vero volto guerrafondaio, patriarcale ed ecocida proprio in queste settimane: durante l’alluvione in Emilia Romagna sono state inserite nel DL di aiuti delle manovre semplificate per la costruzione del rigassificatore di Ravenna, ancora allagata. Da qui, ci siamo dettə chiaramente che se lottiamo contro la guerra siamo contro il fossile e viceversa.
Negli stessi giorni sono stati approvati 14 miliardi per la costruzione sullo stretto di Messina. Un’opera che oltre ad essere devastante ha chiare implicazioni militari.
Cosa vogliamo fare insieme contro l’escalation?
Il quadro generale dunque è già drammatico, ma fortissima è la volontà di immaginare nuove possibilità di opposizione e blocco.
É in quest’ottica che nel corso della seconda parte dell’assemblea si è delineata la volontà di costruzione di prospettive pratiche unite ad alcune basi di partenza comuni. Il campeggio, e gli altri che ci saranno durante l’estate, saranno momenti concreti in cui approfondire e organizzarci oltreché lottare assieme a partire dalla questione di desecretare la guerra. Svelare la banalità del male della guerra e restituire a ogni persona il proprio ruolo in questo processo.
L’assemblea concorda nel voler lavorare costantemente nella quotidianità dei territori, ma avere anche dei passaggi tuttə insieme.
Sono emerse alcune pratiche locali e globali da poter costruire assieme:
- campagne tematiche congiunte (su uso dei Fondi di Coesione Sociale e sviluppo per alimentare l’economia di guerra, su scuola, ecc.)
- manifestazioni
- campeggi
- blocco dell’invio delle armi
- sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo
- intervento nelle scuole e nelle università
- mappatura delle infrastrutture materiali e immateriali di guerra
Sarà importantissimo concentrare parte del futuro lavoro sul mondo della formazione e sulla produzione di sapere. La questione del sapere è centrale: siamo sapere vivente da mettere a disposizione dei territori, come lo approfondiamo? Come continuiamo ad aumentarlo? Come ci siamo arrivatə e possiamo condividerlo?
Tutto questo vogliamo continuare a svilupparlo insieme, senza perdere di vista l’urgenza delle singole lotte territoriali ma anzi potenziandole in una lotta comune contro l’escalation!
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