Collocata sulle sponde dello splendido lago Nahuel Huapi e all’interno dell’omonimo parco nazionale, il più grande dell’Argentina, la città di Bariloche offre panorami fiabeschi ed è diventata per questo meta essenziale per chiunque sia diretto in Patagonia provenendo da nord. Non sono certo molti, tuttavia, i viaggiatori che sanno che il suo nome rivela una etimologia di derivazione mapuche. Come mapuche è il nome dell’organizzazione ecologista che da un quarto di secolo lavora nel suo grande quartiere più popolare: El Frutillar. Nella seconda tappa del suo reportage dalla Patagonia argentina (qui trovate la prima), Raúl Zibechi ci racconta proprio Piuke, “Cuore” in lingua mapudungun. Dopo la grande crisi del 2001, quella del default nazionale e delle grandi rivolte del “Que se vayan todos“, ricordano a Piuke, la gente era poverissima, i bambini cercavano cibo nelle discariche e lo Stato aveva creato mense per i poveri che offrivano soia e altro cibo transgenico. Piuke, dopo intense discussioni, decise di rifiutare quei programmi di “aiuto” ed è allora che ha cominciato uno straordinario percorso di autonomia. È il mondo nuovo che oggi lascia tracce di sè nel recupero della memoria collettiva e nel rifiuto del razzismo, nella produzione artigianale del pane come nella radio comunitaria, nella lotta contro l’estrattivismo minerario come nello sponsor della locale squadra di calcio che abbandona i soldi del colosso statunitense della distribuzione alimentare Wall Mart per indossare magliette “pulite”, frutto della solidarietà del vicinato, con la scritta “Patagonia Rebelde” sulla schiena. Un mondo sta creando modi diversi di vivere la vita, di difenderla e di riprodurla
Da 25 anni l’Organizzazione ecologista Piuke lavora a El Frutillar, quartiere popolare di Bariloche dove vivono 40mila persone, un quarto della città, composto da settori popolari e mapuche emigrati per lavorare nel turismo, la principale offerta di impiego nella città. Nel quartiere organizzato in forma di griglie si elevano le case a uno o due piani con tetto a due falde che dominano il paesaggio.
Il nome stesso del collettivo mostra la sua identificazione con la resistenza e la cultura mapuche, un impegno che diventa evidente non appena entriamo nello spazio, adornato con slogan mapuche, zapatisti, curdi e ovviamente delle varie lotte argentine. Molte strade del quartiere e della città portano nomi di ascendenza mapuche, sebbene quel popolo venga in gran parte rifiutato dallo Stato e dalla popolazione argentina.
Il nome Bariloche deriva da Furilofche, che in lingua mapudungun significa “gente dell’altra parte”, in riferimento alla cordigliera andina vista da quello che oggi è il Cile. Successivamente la società colonizzatrice aggiunse San Carlos al nome della città, facendo appello al Santuario cattolico (il calendario liturgico che indica la data in cui le festività vengono celebrate in onore di un santo o di un’altra figura religiosa, ndt) come mezzo per legittimare l’uso del nome originale in spagnolo.
“Siamo qui perché, dopo il 2001, c’era molta povertà e lo Stato ha creato mense per i poveri basate sul programma Soja Solidaria che offrivano alimenti contenenti organismi geneticamente modificati (OGM), come il latte di soia e le cotolette ‘milanesi’ di soia”, spiega Alejandro Yaniello, uno dei fondatori di Piuke.
Dopo intense discussioni, la Junta Vecinal (Una sorta di Consiglio di quartiere, ndt) ha deciso di non accettare il programma Soja Solidaria, che ha dovuto essere ritirato. “Per continuare con le ollas e le mense popolari, giravamo per tutta la città chiedendo il cibo alle botteghe che poi veniva cucinato dalle donne del quartiere”.
In quegli anni di estrema povertà, più di 300 bambine e bambini mangiavano dalla discarica che il municipio aveva installato nel quartiere. A Piuke hanno deciso di allestire una mensa per i fine settimana, quando non si può pranzare a scuola, con attività ricreative. Sforzi che sono stati messi in atto sulla base di una rigorosa autogestione, senza la minima collaborazione da parte dello Stato.
Nel magazzino c’è la cucina e c’è un forno per il pane, mentre al piano superiore c’è la radio che trasmette tutti i giorni e fa parte della rete radiofonica patagonica. Hernán, Marta e Sandra si uniscono al giro della nostra chiacchierata raccontando le attività organizzate da Piuke. “Abbiamo costruito questo posto con le risorse raccolte da noi nei mercatini di abiti usati e con la vendita dei cannelloni”, racconta Marta.
Adesso le donne del quartiere producono e vendono il pane una volta alla settimana, hanno anche laboratori di panificazione, di murga, teatro e fotografia, e ce n’è uno di espressione corporea, attività che Marta ha insegnato per dieci anni. Ricordano però anche i laboratori di serigrafia e di ceramica, le feste e i recital che si sono tenuti in questo quarto di secolo.
Hernán aggiunge che mentre lo spazio ha già 20 anni, il vivaio che produce piantine e la Piazzetta dell’Autonomia dove giocano i ragazzi e le ragazze hanno solo otto anni. Si può ancora vedere una divisione sessuale del lavoro: le donne occupano la cucina e il vivaio, vendono piantine alla fiera del sabato che fornisce risorse all’organizzazione, oltre a preparare marmellate che vendono in tutti gli spazi possibili.
Sebbene Piuke sia nata come organizzazione ambientalista, negli anni ha aggiunto altre quattro definizioni: territorio, autogestione, autonomia e fraternità. “Siamo nati con le assemblee No all’industria mineraria”, dice Alejandro, riferendosi al movimento nato a Esquel che nel 2003 ottenne la paralisi del progetto della canadese Meridian Gold, essendo quello il primo caso nel paese che scatenò un ampio movimento che era coordinato nell’Unione delle Assemblee Comunitarie (UAC). Nel marzo dello stesso anno, l’81% degli abitanti di Esquel votò contro il progetto, nonostante il massiccio sostegno delle istituzioni alla compagnia mineraria.
Crea il mondo di nuovo
Una delle esperienze più notevoli è quella dei giovani mapuche che vengono a Piuké per insegnare il mapudungun alle ragazze e ai ragazzi del quartiere. C’è un movimento urbano mapuche che comincia a svilupparsi, non molto diverso da quello che si percepisce nelle città del Cile e che si è manifestato in tutta la sua potenza durante la rivolta del 2019, quando la bandiera mapuche (wenufoye) era quella più sventolata nei grandi viali.
Quanto accaduto con il club calcistico Racing de Frutillar è forse l’esperienza che meglio indica la profondità dei cambiamenti in atto. Sulla maglietta del club prima campeggiava il marchio Wall Mart, l’azienda che sponsorizzava la squadra di calcio, un ruolo che poco dopo ha assunto Hipertehuelche, una catena della Patagonia di materiali da costruzione.
I membri del Piuke hanno parlato con i giocatori e questi hanno accettato un cambiamento radicale: hanno lasciato da parte la multinazionale e sulle magliette hanno stampato “No a la Mina” e sulla schiena hanno messo il motto “Patagonia Rebelde”.
“Abbiamo chiesto ai nostri amici di fare qualcosa come una sponsorizzazione solidale, comprando loro una maglia e donandone un’altra al club”, sottolinea Alejandro, un vero tifoso del “maltrattamento” del pallone.
Ma il Racing ha vinto il successivo campionato di quartiere a Bariloche, nell’estate del 2022, permettendo così al rifiuto dell’estrazione mineraria di diventare popolare quanto la squadra. “Ora i giocatori partecipano con entusiasmo alle marce anti-minerarie”, spiega Alejandro con innegabile orgoglio calcistico.
Dopo l’intervento “sportivo” del compagno, Marta sposta l’attenzione sull’importanza di lavorare con gli adulti del quartiere affinché recuperino la memoria della loro infanzia. “Stiamo lavorando per recuperare la memoria dell’infanzia di ciascuno, ma collettivamente in questo quartiere, attraverso il teatro per poter ridere, cosa di cui abbiamo tanto bisogno, e che contribuisce a tener alta l’umiltà personale”.
Passeggiando nei dintorni della sede del Piuke, ci mostrano il vivaio e la piazzetta dove ogni giorno arrivano gli scolari, uno dei pochi spazi del quartiere destinati ai più piccoli. La sensazione che stiamo raccigliendo è che anche in un quartiere dove la povertà è evidente, la fraternità tra las e los de abajo sta creando modi diversi di vivere la vita, di difenderla e di riprodurla.
Questa fraternità trascende le storie personali e familiari e sfida lo scontro tra un mondo mapuche e un mondo bianco o creolo, che le classi dominanti coltivano con tanta cura. La solidarietà tra culture, popoli e colori della pelle è una delle speranze più grandi che abbiamo per continuare a tessere mondi nuovi e altri.
Versione originale in spagnolo in Desinformémonos
Traduzione per Comune-info: marco calabria
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