Stralci da «Il valore delle cose e le illusioni del capitalismo» (Feltrinelli 2010).
I contromovimenti nascono dalla politica del momento, e da questa attività politica e queste associazioni si creano nuove istituzioni, come il New Deal negli Stati uniti o il Welfare State in Europa. Il cambiamento sociale secondo Polany, non comporta un passo avanti e uno indietro, come una sorta di charleston di massa nel quale, dopo tanto agitarsi, ci si ritrova al punto di partenza; è più simile a una sinfonia infinita, nella quale ogni movimento si sviluppa a partire dal precedente. I contromovimenti di oggi combattono per un mondo diverso e sostenibile ricorrendo a tweet e blog, alle idee e alle tecnologie più avanzate, ma anche alle forme più tradizionali di azione diretta.
Un cotromovimento esiste: anzi, ne esistono tanti, progressisti e reazionari, inclusivi ed esclusivi. Semplicemente non se ne parla molto perché – soprattutto nel caso degli esempi progressisti – questi movimenti sono capeggiati dai poveri (…) i quali stanno scoprendo in se stessi il cambiamento che stavano aspettando.
I lavoratori cinesi combattono una battaglia molto simile a quella dei braccianti di Immokalee (Stati uniti, vedi foto): una battaglia per il diritto di restare, il diritto di essere trattati con equità… né più né meno che il diritto alla politica negato ai baraccati del capitalismo sudafricano (il movimento Abahlali baseMjondolo). È una politica che impone innanzitutto di affrontare le disuguaglianze di potere, non soltanto tramite lo scontro diretto, ma anche attraverso un progetto costruttivo di autentica scienza sociale, nel quale la gente comune conduca esperimenti su come organizzare, immaginare e costruire relazioni sociali in modi nuovi.
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