Quanto accade in America latina indica una strada anche per altri angoli del mondo. Ampi settori dei popoli originari, neri, contadini e alcune periferie urbane non solo resistono alla guerra dall’alto ma vanno costruendo i loro mondi, dall’autonomia alimentare all’educazione propria. Si tratta di quei collettivi che si tengono fuori dalle convocazioni elettorali e hanno tracciato delle agende proprie, ovvero autonome, fuggendo i tempi del sistema politico tradizionale, scrive Raúl Zibechi. Dalla straordinaria iniziativa delle comunità zapatiste che hanno convocato sei incontri Internazionali di “Ribellioni e Resistenze 2024-2025” alla Rete dei popoli del Brasile che promuovono in questi mesi nuove alleanze tra campagne e città contro la povertà e l’agricoltura industriale, dalla festa indigena del sesto incontro di giochi ancestrali in Colombia alla resistenza contro saccheggi e violenza dei governi territoriali autonomi nell’Amazzonia settentrionale del Perù, fino alla ribellione dei comuneros mapuche nel carcere di Temuco (Cile): quei movimenti hanno chiaro che l’offensiva dall’alto durerà a lungo ma sono pronti a continuare a camminare
Nonostante la tremenda tempesta che il sistema ha lanciato sull’umanità e in particolare contro i settori popolari, nei quali confluiscono le più diverse guerre con il caos climatico, numerosi movimenti dei popoli continuano a costruire i loro mondi in resistenza, per quello che sappiamo in America Latina.
Le organizzazioni e i movimenti che lavorano in maniera autonoma si stanno mobilitando con maggior vigore per affrontare la situazione di violenza e sfollamento che si vive nei territori in basso. Non è un caso, perché si tratta di quei collettivi che si tengono fuori dalle convocazioni elettorali e hanno tracciato delle agende proprie, ovvero autonome, fuggendo i tempi del sistema e dell’élite politica.
Il comunicato dell’EZLN del 10 ottobre, “Convocazione agli Incontri Internazionali di Ribellioni e Resistenze 2024-2025”, anticipa sei date di attività tra dicembre di quest’anno e novembre prossimo, ora in sospeso per la violenza statale. Un anno completo di incontri d’arte e scienze, seminari, camminata e “discorsi zapatisti sulla diagnosi della tormenta e la genealogia del comune per affrontare il giorno dopo”.
Con tutta probabilità, è l’iniziativa più rilevante per i prossimi mesi di qualsiasi movimento che si conosca, ciò che insegna la potenza e la vitalità dello zapatismo, nonostante la brutale violenza che si vive in Chiapas. La diffusione anticipata di questo calendario permetterà a coloro che arrivano da geografie lontane di organizzarsi per partecipare agli eventi, che sicuramente avranno una grande partecipazione.
La Teia dos Povos (Rete dei Popoli), del Brasile, ha lanciato il 6 settembre l’ottava Giornata di Agroecologia da realizzare a Salvador, stato di Bahia, con lo slogan “Alleanza della campagna e della città per combattere la fame e la povertà”. Le giornate si svolgono ogni due anni, questa volta dal 30 gennaio al 3 febbraio, e riuniscono comunità indigene e nere, contadini e popoli tradizionali. Ritengono che solo l’alleanza nera, popolare e indiana possa costruire le autonomie. Nell’invito si sottolinea che le giornate saranno dedicate a: “una valutazione collettiva su come i territori rurali e urbani possono convergere per superare i mali prodotti dal capitalismo e dalla cultura coloniale e schiavista, che ancora oggi struttura le relazioni sociali ed economiche in Brasile” (teiadospovos.org). Ritengono che l’autonomia alimentare sia un passo indispensabile per difendere i territori dall’agrobusiness e dall’espansione dell’estrattivismo.
Nel Cauca colombiano, nonostante la continua violenza dei gruppi armati contro le comunità nasa, le autorità ancestrali hanno organizzato il sesto incontro di giochi ancestrali nell’ambito del proprio sistema educativo. Hanno evidenziato le arti in trottola di forza, arco e freccia, equilibrio e calcio misto. Inoltre, hanno praticato corse di velocità e di fondo su sentieri ancestrali, lancio di lance, trampoli e cerchio con forchette, tra le altre attività.
I governi territoriali autonomi nell’Amazzonia settentrionale del Perù continuano a mobilitarsi contro il saccheggio e la violenza. L’Associazione interetnica per lo sviluppo della foresta pluviale peruviana (Aidesep), che raggruppa quasi 2.500 comunità, e il governo awajún si stanno confrontando con il governo che, attraverso il servizio di aree protette, intende imporre loro una “riserva comunale”, che per loro è una “statizzazione camuffata” che cerca di “frammentare il territorio ancestrale awajún e titolarlo a nome dello Stato” per rompere la sua autonomia (aidesep.org.pe).
Il popolo garífuna dell’Honduras è vicino a terminare la costruzione del Centro di Conoscenze del Popolo Garífuna, nella comunità Vallecito, nonostante la violenza contro le organizzazioni indigene e nere, COPINH (Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigeni dell’Honduras) e OFRANEH (Organizzazione Fraterna Nera dell’Honduras), i cui membri continuano ad essere perseguitati e uccisi, come è successo a Juan López, difensore dei beni comuni caduto il 14 settembre.
C’è molto di più. Come la permanente resistenza dei Guarani e dei Kaiowá nei loro territori recuperati (ripresi) nel Mato Grosso do Sul (Brasile), dove affrontano i latifondisti armati e la polizia militare, di fronte alla passività del governo di Lula, che preferisce non delimitare le terre indigene e sceglie di indennizzare i proprietari terrieri.
Il comunero mapuche Héctor Llaitul, condannato a ventitré anni di carcere, ha fatto uno sciopero della fame di 87 giorni in segno di protesta dopo aver chiesto il suo trasferimento al modulo dei comuneros mapuche nel carcere di Temuco.
JAKELIN CURAQUEO, MAPUCHE, A FIRENZE:
La verità è che ampi settori dei popoli originari, neri, contadini e talvolta periferie urbane, sono ancora in piedi, resistono alla guerra dall’alto e vanno costruendo i loro mondi, dall’autonomia alimentare all’educazione propria. Non vogliono arrendersi in mezzo alle violenze che il sistema ha lanciato contro i popoli. Hanno chiaro che l’offensiva dall’alto durerà molto a lungo, e sono pronti a continuare a camminare.
Pubblicata su La Jornada (traduzione di Comune). Zibechi è stato tra i primi ad aderirei alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
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