Dietro quell’acronimo freddo e i dati che spesso lo accompagnano ci sono prima di tutto volti, storie, sogni che andrebbero recuperati e protetti. Intanto, un’analisi dell’ultimo report sui “Minori stranieri non accompagnati” (Msna) dice che il numero di ragazzi e ragazze, bambine e bambini migranti non accompagnati è in crescita, anche per la guerra in Ucraina; che si riduce l’età di arrivo, uno su tre tra gli arrivi 2022 ha quindici anni; che si tratta di adolescenti molto vulnerabili. Ma anche che il sistema di prima accoglienza teoricamente previsto fa acqua da molte parti
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L’ultimo report semestrale sui “Minori stranieri non accompagnati” (Msna) del ministero del Lavoro e delle politiche sociali fa riferimento ai dati censiti dalla Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione aggiornati al 31 dicembre 2022. A questa data risultano presenti in Italia 20.089 tra ragazzi e ragazze, bambine e bambini stranieri non accompagnati di cui l’85% di genere maschile, in forte aumento rispetto allo stesso periodo di rilevazione del 2021 (+64%) e del 2020 (+184%) a causa del conflitto bellico in Ucraina e della crisi umanitaria che ne è scaturita, a partire da fine febbraio 2022.
L’andamento degli arrivi nel 2022 ha seguito quello delle varie fasi della guerra, con picchi a marzo. Rispetto allo stesso periodo di rilevazione dell’anno precedente, l’incidenza percentuale dei diciassettenni è in Italia in forte discesa (44,4%), a fronte dell’aumento della quota di minori di età pari o inferiore ai quindici anni (31,5%). Quindi l’aumento numerico degli arrivi è contrassegnato dall’abbassamento dell’età media degli adolescenti che raggiungono i confini dell’Italia da soli. Anche tale distribuzione per fasce d’età è imputabile principalmente alla presenza di Msna di cittadinanza ucraina, che rappresenta più del 59% dei Msna sul nostro territorio con età inferiore a quindici anni. È importante sottolineare che i minori provenienti dall’Ucraina hanno, dal punto di vista demografico, caratteristiche differenti rispetto a quelli provenienti da altri paesi: i ragazzi ucraini spesso sono stati accompagnati da adulti e questo ha facilitato l’ingresso anche dei più piccoli.
Bambine e ragazze
Altro dato rilevante, è l’incremento delle presenza di ragazze straniere non accompagnate: al 31 dicembre 2021 era inferiore al 3% e di poco superiore al 3% al 31 dicembre 2020; al 31 dicembre 2022, il dato schizza al 14,9%, il 48% delle quali ha un’età compresa fra i sette e i quattordici anni, il 16% ha diciassette anni, il 15% ha sedici anni, il 12% ha quindici anni e ben il 9% ha meno di sei anni. Pertanto, le minori con età inferiore a quattordici anni rappresentano più dei tre quinti del totale (69%) e circa il 90% sono cittadine ucraine. Oltre a quella ucraina, la cittadinanza che ha registrato gli aumenti più consistenti in termini assoluti rispetto allo stesso periodo del 2021 è quella egiziana (queste due cittadinanze rappresentano circa la metà dei MSNA in Italia). Le ulteriori cittadinanze maggiormente rappresentate sono l’afghana (866), l’ivoriana (706), la gambiana (667), la guineana (610) e la bangladese (571).
La Sicilia si attesta, ancora una volta, come la Regione che ne accoglie il maggior numero (3.923 minori, pari al 19,5% del totale), seguita dalla Lombardia (2.880, pari al 14,3%), dalla Calabria (2.068, pari al 10,3%), dall’Emilia-Romagna (1.814, pari al 9%). Considerate congiuntamente, queste quattro Regioni accolgono oltre la metà dei MSNA presenti in Italia.
Cosa accade quando un ragazzi arriva in Italia?
Subito dopo il soccorso in mare o l’attraversamento della frontiera terrestre a seguito di viaggi estenuanti come quelli lungo la rotta Balcanica, il/la Msna è importante che trovi un’accoglienza attenta, capace di venire incontro alle sue prime, spesso urgenti, esigenze di cura, sostegno e accompagnamento e di essere orientato nell’avvio dei necessari iter legali: nomina di un tutore, richiesta del permesso di soggiorno, iscrizione al Sistema sanitario nazionale, eventuale domanda di protezione internazionale. Si tratta, nella gran parte dei casi, di giovani e giovanissimi molto vulnerabili a causa di traumi vissuti nei luoghi di origine, per via della situazione del paese o di quella familiare, di persecuzioni, povertà estrema o violenze; oppure causate da viaggi lunghi e pericolosi, intrapresi non di rado al limitare dell’infanzia. “Quello che potremmo definire un imprinting, che il sistema di prima accoglienza dà al percorso di protezione e inclusione del/la minore in Italia, ne influenza profondamente il benessere e lo sviluppo, non solo nell’immediato, ma anche riguardo alle sue potenzialità di crescita e realizzazione futura, negli anni – in genere non molti – che lo separano dalla maggiore età. Una prima accoglienza che sia meno che adeguata, troppo prolungata, confusa, non potrà che avere un impatto negativo su quanto seguirà”, si legge nella relazione curata da diverse Ong e raccolta nel rapporto.
L’impianto della normativa dedicata ai minori non accompagnati, la ormai nota L.47/2017, riserva ai Msna e alla loro accoglienza importanti disposizioni: l’istituzione di centri governativi di prima accoglienza, in cui il/la minore possa essere ospitato/a per un periodo non superiore a trenta giorni e secondo standard tali da assicurare l’adeguatezza dell’accoglienza alla sua età e il rispetto dei suoi diritti in quanto minorenne. Si dispone inoltre la presenza di mediatori culturali e di uno psicologo dell’età evolutiva per realizzare il primo colloquio in cui approfondire la sua situazione e “le sue aspettative future”.
Il decreto che non c’è
Questo sistema di prima accoglienza resta però sostanzialmente irrealizzato. Il decreto del ministero dell’Interno che dovrebbe regolare le strutture governative di prima accoglienza per minori non accompagnati non è stato sinora emanato e la realtà del collocamento dei minori non si basa nei fatti su un unico sistema, bensì su un insieme di tipologie diverse di luoghi di accoglienza scollegati tra loro, con evidenti difficoltà gestionali. In mancanza dei centri governativi di prima accoglienza, questa fase risulta infatti coperta da diversi tipi di strutture: i centri finanziati a valere sul Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI) e gestiti a livello centrale dal ministero dell’Interno; i centri di accoglienza straordinari istituiti dai Prefetti (cosiddetti CAS minori) e gestiti dalle Prefetture; case famiglia e comunità socioeducative gestite dai singoli Comuni; strutture SAI (Sistema Accoglienza e Integrazione, strutture di seconda accoglienza) che, svolgono anche una funzione di prima accoglienza. In conclusione, “Relativamente alla qualità dell’accoglienza, accanto a centri di prima accoglienza efficienti, a fruttuose collaborazioni tra istituzioni ed enti non profit che mettono i ragazzi e le ragazze al centro, si trovano situazioni che vedono minori collocati in modo del tutto inadeguato anche a causa dell’inosservanza degli standard qualitativi previsti per legge. Tra queste – spiega il rapporto – vi sono strutture prive di tali standard in cui permangono anche adulti (ad esempio hotspot o alberghi), con un forte impatto sul benessere dei minorenni, sulla loro progettualità futura e sui loro diritti. In altre situazioni i minori, a causa della mancanza di posti in strutture d’accoglienza, vengono messi in lista d’attesa e restano del tutto privi di accoglienza o in sistemazioni precarie presso parenti o connazionali. Al forte aumento del numero di minori non accompagnati che arrivano in Italia non è infatti corrisposto un adeguato incremento del numero di posti disponibili in strutture per minori, registrandosi all’opposto una riduzione dei posti nei centri FAMI”.
Già nel 2019, nelle proprie Osservazioni conclusive indirizzate al governo italiano nel 2019 in merito all’attuazione della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il competente Comitato Onu aveva detto che “un sistema di ‘prima accoglienza’ de facto così organizzato, in cui sono poco chiari gli standard di gestione della tutela sanitaria e dei bisogni relativi alla minore età, risulta (…) carente rispetto alla capacità di garantire un approccio individualizzato ai singoli minorenni e dunque incapace di identificare e gestire casi particolarmente vulnerabili. Ne conseguono effetti gravi sulla salute psico-sociale dell’individuo in giovane età, un forte distaccamento e adesione alle regole sia nell’attualità che nella proiezione futura, l’aumento dei rischi di allontanamento e quindi il rischio alto di invisibilità, a causa della fuoriuscita dai sistemi formali e tutelanti di accoglienza”.
Riguardo ai rischi di allontanamento, è importante considerare che nel solo primo semestre del 2022 i minorenni che si sono allontanati volontariamente dalle strutture di accoglienza sono stati 2.4162.
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