Lo sanno tutti, quelli che ce l’hanno sempre o quasi, che il cibo è un dono di Dio. Molto meno noto, forse, è che James Joice pensava che a fare i cuochi, invece, è stato il Diavolo. Per Daniele Di Michele, alias Don Pasta, molto più di un vecchio amico per Comune, la definizione di “cuoco” starebbe stretta come una t-shirt taglia M a Fats Domino. Eppure – da economista, disc jockey, scrittore, giornalista, regista, filosofo giramondo, studioso delle tradizioni popolari e un lungo, lunghissimo eccetera – è quasi sempre dalla parmigiana strummeriana o dal tortello hendrixiano che parte il suo racconto di vita. Che poi è un po’ come dire che le camicie di forza delle definizioni stanno all’inventiva (se ne accorse perfino il New York Times) di Don Pasta come l’inno degli Stati Uniti alla sua versione indiavolata suonata a Woodstock propro da Hendrix. Come avrà reagito tanta incomprimibile, debordante – ma assai radicata nella terra – miscela di creatività al virus del terrore e al tempo del confinamento? Lo scoprirete leggendo qui sotto la recensione a “Naviganti”, di Monica Di Sisto e, a partire da domani, dieci marzo, guardandolo su RaiPlay. Quel film racconta e insegna molto, per esempio a pensare l’impensabile nella vita di ogni giorno, come trarre forza dalla propria propria debolezza, infatti – dice Daniele – si scriveva mentre le cose accadevano al mondo e alla gente. E poi, garantisce Comune, guarisce ogni male del fegato e dell’anima: basta aggiungere olio
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“Naviganti”, il secondo documentario di Daniele De Michele alias don Pasta, ci propone l’utopia di Fitzcarraldo per riuscire a salvare la nostra anima e la nostra identità. Seguire i protagonisti, lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e della cultura, in un anno e mezzo di pandemia, ci restituisce quel di più d’anima che non dobbiamo perdere. Per ritrovarci, finalmente.
“Se hai un problema, aggiungi olio”. È la filosofia di vita cui chi si è imbattuto in Daniele De Michele, aka don Pasta, economista, performer, scrittore, in uno dei suoi cooking show o iniziativa di qualunque genere, si è sentito immediatamente di aderire. Un modo per tagliare le ali alle complessità inutili del post moderno, puntando i piedi nelle radici delle tradizioni quotidiane del nostro Paese, che sono insieme gusto e resistenza, cucina e narrazione.
Ma non sarebbe bastato nemmeno tutto l’oro del Tavoliere per riuscire, a cavallo della pandemia, a cuocere tutto lo sconcerto, la difficoltà concreta e psichica, i dubbi che, chiusi nelle nostre case, abbiamo coltivato, assediati da una comunicazione soverchiante e poco comunicativa, alle prese con lo stop di molti dei nostri lavori, o almeno con le modalità diverse che hanno stravolto la nostra vita quotidiana. E allora c’è bisogno di ritrovarsi e ripartire, in un’impresa colossale, raccontarsi per riconoscersi nelle nuove condizioni e spingere la vita oltre.
L’impresa si chiama “I naviganti”, finalmente pubblico dopo un prestigioso anticipo nelle Giornate degli Autori, nella cornice della Mostra internazionale d’Arte del Cinema di Venezia. Daniele De Michele costruisce la scena intorno a Gina Binaldi, scenografa costumista e illustratrice, creatrice durante il lockdown delle Storie di Gina a fumetti, un’operaia che decide di cambiare la propria vita.
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Si alternano il maestro e compositore Daniele Sepe e Modesto Silvestri, contadino e poeta e allevatore a Baselice, in Val Fortore, già fra i protagonisti del precedente documentario di don Pasta, “I Villani” lo trovate qui su Raiplay. Il viaggio ricomincia online, in una delle giornate distopiche che ci vedevano collegati e confortati tra una lezione zoom e un nuovo lavoro. La cornice teorica la disegna Marco Revelli, sociologo del lavoro, intervistato da Giustina Terenzi, di Controradio di Firenze.
L’impresa collettiva – spoiler alert – don Pasta la prende in prestito dal classico di Werner Herzog, “Fitzcarraldo“: un bislacco eroe sognatore che sogna di costruire un teatro dell’Opera nel cuore dell’Amazzonia per portare a esibirsi il suo idolo, il tenore Caruso. Il teatro non vedrà mai il suo sipario, nella vita di Fitzcarraldo, ma la nave che, scalando letteralmente le montagne, l’avrebbe dovuto portare a raggiungere il suo obiettivo, diventerà palco per una delle esibizioni che segnerà l’immaginario del vecchio e del nuovo secolo.
Prodotto da Apulia Film Commission e Fondazione Con il Sud, nell’ambito del progetto Social Film Production con il Sud, “Naviganti”, con la voce narrante di Fabrizio Gifuni e l’amichevole collaborazione di Agostino Ferrente, prova a raccontare quello che è accaduto agli artisti durante la pandemia, dentro e fuori il lockdown, e poi a riportarli fuori, per scalare la propria montagna.
Una montagna amara, perché don Pasta non fa mistero del fatto che cultura, arte e musica, cui l’umanità ha sempre fatto appello per superare le fasi difficili della storia, sono state marginalizzate e dimenticate nel nostro Paese nella fase pandemica, come se non avessimo bisogno di un di più di anima e umanità per superarla. Gli esiti, sui lavoratori e lavoratrici di quei settori, come sulla nostra consistenza interiore, possiamo apprezzarli quotidianamente senza necessità di perderci parole. Ma se la vittima si percepisce eroe, riesce a scalare la sua montagna, e ad aprire una strada in cui tutti noi possiamo ritrovarci.
Daniele De Michele è un caro amico di Comune-info: lo conosciamo da ben prima de “I Villani” (2018), il suo documentario d’esordio sulla cucina italiana, e la serie web-tv “Le nonne d’Italia in cucina”. Abbiamo amato i suoi libri, cinque, dedicati al cibo, e lo abbiamo seguito tra le sue performance di musica e sopravvivenza, per sentirci ripetere e convincerci dell’imprescindibilità della sua filosofia: “Non soffrite, soffriggete!”.
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“Ho seguito i protagonisti per un anno e mezzo, per capire come sarebbe cambiato il mondo e come, di conseguenza, le loro vite. Quando chiusero tutto la prima volta avevo la netta percezione che per gli artisti e i lavoratori dello spettacolo nulla sarebbe stato più lo stesso”, racconta don Pasta. E così attraversa la propria e le loro vite, e, insieme a spettatori e spettatrici, ci spinge verso la nostra nuova normalità che più imprevedibile non si può: quella di naviganti.
“Questo film ha una debolezza che è la sua forza – spiega ancora nelle note di produzione -. Non era possibile scriverlo in anticipo. Si scriveva mentre le cose accadevano al mondo e alla gente”.
La fase presente ci riconsegna a noi stessi in uno status di naufraghi e, col senno di poi, l’impresa di don Pasta di seguire i protagonisti nel loro perdersi e ritrovare una strada, incredibile sulla carta, ma percorribile nella realtà, sembra ancor più indispensabile di quanto non fosse dopo l’ultimo ciack.
Carissima Monica, ancora una grande donna che ho potuto più volte osservare e sentire nei collegamenti per la costruenda Società della Cura.
Grazie delle preziose informazioni. Voglio un gran bene a tutti voi che avete stimolato un convergere di diversi ma fiduciosi x un possibile nuovo mondo.
Quel mondo nuovo credo tu l’abbia in te nella tua mente e corpo. Me lo ha fatto capire uno scienziato quantistico e visionario. Il suo nome è David Bohm (se ricordo bene ancora a letto per un covid artefatto e finanziato da molti enti militari interessati alle future guerre batteriologiche.
Ma vincerà solo la vita sulla terra e sulle galassie anche senza un’umanità capace di autodistruggersi. Lo raccontano le piante secolari che “hanno già inventato il nostro futuro” (parole ricordate su stimolo di Stefano Mancuso, oddio non vorrei confondere nomi che vivo come amici)
Buon prossimo giorno perché spenda ancora energie positive per anziani visionari ed offra un caro saluto a Raffaella e Marco e Paolo e i tanti che vi stanno apprezzando.