Nella sognata terra della libertà la vita di ogni giorno delle persone comuni, dei nessuno, e la loro morte sono importanti. Nella sognata terra della libertà non si smette neanche un giorno di lottare per un mondo migliore, per mettere in discussione qualsiasi forma di dominio e di repressione, per rompere la divisione tra nessuno e qualcuno. Nella sognata terra della libertà, che è prima di tutto libertà di movimento, la vita delle persone non finisce in un cimitero ma abita nelle persone incontrate. Feliciano, chiamato dai suoi compagni di viaggio Eto’o – come il noto giocatore camerunense – era una persona comune, un cercatore di mondi nuovi, che ha fatto della sua vita una migrazione. Della sua morte, non si occuperanno i grandi media, non ci saranno funerali con i potenti della terra. Che il vento del deserto del Niger, dove è morto a 37 anni, porti la sua speranza, e quella di tanti nessuno, ovunque

Era chiamato familiarmente Eto’o dai compagni viaggio, come il noto giocatore di calcio camerunese. Anche lui, Feliciano, era originario dello stesso Paese e, a suo modo, era noto nell’ambito delle migrazioni. Partito in fretta per l’Algeria poi dalla Tunisia che aveva raggiunto, si era recato a Doubai e, da lì tornò al suo Paese natale. Ripartito per Doubai una seconda volta aveva conosciuto espulsione col ritorno forzato al Camerun. Dopo qualche tempo, mosso da qualcosa di indefinibile, aveva raggiunto il Ghana e successivamente, con l’amico Giovanni, il Togo anch’esso adagiato sulle coste atlantiche. La voce che li chiamava si trasformava una volta di più in una irresistibile seduzione e, con l’amico hanno raggiunto la frontiera dell’Algeria. Vista la repressione delle autorità algerine nei confronti dei cercatori di utopie, hanno scelto di tornare indietro sullo stesso cammino dell’andata. Giunti a Niamey si sono sommariamente presentati agli altri residenti della diaspora camerunese e si sono in seguito eclissati in uno dei quartieri.
Eto’o ha cercato di curare i dolori atroci che sentiva al dente. In seguito all’assunzione forse esagerata di medicinali antidolorifici venduti in strada è stato costretto a usufruire delle cure di una clinica privata della zona. Nel frattempo le sue condizioni di salute peggioravano e, oltre ai dolori intestinali si era prodotto un blocco renale che rendeva la sua situazione disperata. Raggiunto il Servizio Migranti ormai moribondo è stato accompagnato all’ospedale universitario e operato d’urgenza. Era però troppo tardi e Feliciano è morto all’età di trentasette anni a Niamey qualche giorno fa.
Il feretro di legno compensato è già pronto. La tomba è stata scavata nel nuovo cimitero cristiano della capitale e solo si aspetta che qualche membro della famiglia lo raggiunga per seppellirlo nella capiente e umile sabbia del Niger. Una croce porterà scritto il nome, la data di nascita e quella del transito migrante più impegnativo. Lui, Eto’o, che ha fatto della sua vita una migrazione e della migrazione la sua vita si è fermato a Niamey.
Oppure no. La casa a forma di tomba scavata nella sabbia carezzata dal vento e seccata dal calore della stagione è l’ultima per chi pensa che la migrazione di Eto’o sia terminata. Molti che l’hanno conosciuto giurano che non è così. Proprio adesso che tutto sembra finito è invece iniziato per Feliciano il viaggio verso ciò che ha sempre sperato, creduto e cercato. Una dimora nella quale i Paesi, le frontiere e il colore del mare si mescolano con le lacrime di gioia di chi ha raggiunto, finalmente, ciò che molti non osano più immaginare. Nel silenzio che circonda il cimitero, il vento porta lontano la speranza che Eto’o ha camminato e che altri incauti avventurieri abiteranno nella sognata terra della libertà.
Mauro Armanino, Niamey, aprile 2024
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