Iuventa, e le altre ONG del soccorso civile in mare, dopo sette anni di persecuzione giudiziaria, sono state dunque scagionate da accuse false, costruite ad arte, dagli apparati dello stato e con imputazioni che prevedevano pene altissime. Quella persecuzione, scrive Luca Casarini, è parte del cosiddetto illegalismo di stato, cioè la trama di comportamenti e azioni che aggirano la legge, senza abolirla, ma instaurando di fatto un’altra legge. A cosa serve? A poter uccidere senza essere accusati di omicidio, a poter torturare senza finire alla sbarra per tortura, a poter fare morire senza pagare per l’omissione di soccorso
Iuventa, e le altre ONG del soccorso civile in mare, dopo sette anni di persecuzione giudiziaria, sono state dunque scagionate da accuse false, costruite ad arte, dagli apparati dello stato, da funzionari pubblici e da un pezzo di magistratura. Sette anni di guai, senza aver rotto alcuno specchio, ma per aver voluto insistere nel salvare le vite di fratelli e sorelle che sono invece condannati a morire in mezzo al mare, nei lager o nei deserti, da politiche criminali.
Quando ci siamo messi in mare con Mediterranea, sei anni fa, insistevamo sulla “politicità” della pratica del soccorso, laddove “l’umanitario” era stato trasformato dal potere costituito, di qualsiasi parte, sinistra destra o vaffaday a 5 stelle, in un terreno di conflitto con la società civile che lo avesse praticato. Questo non è solo un fenomeno italiano, ma globale. Dove si dispongono frontiere, ovunque si respingano diritti oltre che persone, si concretizza anche uno “stato di eccezione”, proprio della guerra, che “sospende” le garanzie costituzionali e con esse le leggi valide in tempo “di pace”. Questo stato di eccezione però, deve essere di fatto e non dichiarato, come nelle guerre definite “a bassa intensità”, che mietono ormai vittime tanto quanto le altre. Come si esercita dunque, uno “stato di eccezione” senza dichiararlo formalmente? Attraverso quello che potremmo definire “illegalismo di Stato”. Esso è caratterizzato ad esempio, dalla produzione di norme, di una sequela di disposizioni burocratico – amministrative, di procedure e di modus operandi, che soffocano la legge non funzionale, senza per questo abolirla. Il soccorso in mare è stato in questi anni l’esempio più lampante. Ma come sarebbe possibile altrimenti, avere finanziato con oltre un miliardo di euro dal 2017 ad oggi, lager in Libia e milizie che catturano e deportano esseri umani al ritmo di decine di migliaia ogni anno? Come sarebbe stato possibile che i parlamenti, senza nemmeno il pudore che toccherebbe avere dinnanzi a decisioni che causano la sofferenza di migliaia di innocenti, avessero potuto procedere, senza che una Norimberga li inchiodasse alle loro tremende responsabilità?
L’illegalismo, cioè la trama di comportamenti e azioni che aggirano la legge, senza abolirla, ma instaurando di fatto un’altra legge opposta ad essa, serve a questo: a poter uccidere senza essere accusati di omicidio, a poter torturare senza finire alla sbarra per tortura, a poter fare morire senza pagare per l’omissione di soccorso.
Un altro aspetto dell’illegalismo, che viene organizzato dal governo di turno utilizzando ogni apparato dello Stato, è quello della persecuzione giudiziaria per chi insiste nel non voler obbedire allo stato d’eccezione. Per i disertori insomma. Come nel caso Iuventa, che parte da Minniti non da Meloni, si “costruiscono” le ipotesi di reato a partire da pubblici ufficiali che sono anche agenti dei servizi interni ed esteri del nostro paese. Sono alcuni di loro che lavorano per fermare chi non si adegua. Attraverso la loro funzione pubblica, raccolgono dossier e girano le procure in cerca di magistrati disposti a imbastire un’indagine per “favoreggiamento del l’immigrazione clandestina” o “associazione per delinquere”. Per ora queste sono le due tipologie principali sulle quali montare le accuse. Il magistrato disponibile lo trovano.
I “teoremi” dunque, sono un aspetto fondamentale dell’illegalismo di Stato, perché bloccano chi continua a non obbedire allo stato di eccezione, in questo caso alla guerra fatta ad esseri umani che in quanto migranti, devono subire il peggio, come il nemico in guerra. Poi le montature giudiziarie possono anche finire come questa, ma intanto per anni, bloccano, diffamano, isolano, e soprattutto eliminano testimoni dal mare. Tutto questo è per decisione politica di chi comanda. È il “livello politico” che “impartisce” ordini, e i funzionari eseguono. L’illegalismo di Stato è una trama di relazioni, oltre che una infrastruttura burocratico amministrativa. È produzione di immaginario contro un altro immaginario, quello ad esempio del soccorrere e salvare vite. Per questo i “piani Mattei”, la “lotta agli scafisti”, le conferenze, e tutte queste creative menzogne. Ma come si resiste all’illegalismo dello Stato? Una sola bussola: la realtà. Chi salva le vite non è un criminale. Chi produce morte invece lo è. Anche se lo chiamano onorevole o ministro o presidente del consiglio.
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