A dieci anni dalla strage del Rana Plaza – quella in cui in un batter d’occhio fu stroncata la vita di 1.138 persone (altre 2mila rimasero ferite) ammassate nelle fabbriche tessili bengalesi che rifornivano i principali marchi della moda – Deborah Lucchetti fa il punto su una situazione ancora molto drammatica. Malgrado i significativi risultati ottenuti da campagne come quella di Clean Clothes Campaign e dei suoi alleati, il monitoraggio indipendente e trasparente di più di 1.600 fabbriche con circa 2 milioni di lavoratori – conquistato grazie all’Accordo internazionale per la salute e la sicurezza nell’industria tessile e dell’abbigliamento esteso anche al Pakistan – mostra ancora un enorme lavoro da fare, anche per consolidare quanto ottenuto dopo la più grande tragedia provocata dal crollo di un edifico nella storia moderna, quella di Savar. Nell’ottobre del 2023, in particolare, scade l’accordo di cui si diceva qui sopra. C’è da convincere a rinnovarlo i 192 marchi che lo hanno sottoscritto e, soprattutto, da convincere a firmarlo quelli che non lo hanno fatto mostrando al mondo intero quanto stia loro a cuore la salute e la dignità di chi ogni giorno si ammazza di fatica per assicurare loro profitti miliardari. Tra questi campioni mondiali della reticenza, qui si segnala una “sporca dozzina” di marchi tra cui spiccano: Amazon, Ikea, Levi’s, Walmart, Decathlon, Wrangler, Lee. In fondo all’articolo, trovate il link per provare a convincere a firmare chi rifiuta di farlo
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Dieci anni fa crollava il Rana Plaza, la fabbrica verticale di otto piani dove erano stipate 5 fabbriche tessili che rifornivano i principali marchi internazionali della moda, in particolare della cosiddetta fast fashion. Il 24 aprile del 2013 persero la vita 1.138 persone e più di 2mila rimasero ferite, per sempre inabili al lavoro.
I lavoratori e le lavoratrici presenti nell’edificio sapevano che la struttura non era sicura, visto che erano stati evacuati il giorno prima. Ma sotto la minaccia di perdere un mese di salario e senza avere un sindacato che li rappresentasse, sono stati costretti a entrare. Molte questioni che hanno contribuito a questo disastro evitabile, come la povertà dei salari e la repressione del diritto di organizzarsi, rimangono irrisolte. Solo nel campo della sicurezza nelle fabbriche, dove sindacati e marchi si sono uniti in un programma di ispezione indipendente e riqualificazione, i progressi sono stati notevoli e duraturi.
Vediamo in sintesi cosa è successo in Bangladesh dal 2013
La sicurezza nelle fabbriche tessili in Bangladesh è migliorata notevolmente, grazie all’Accordo internazionale per la salute e la sicurezza nell’industria tessile e dell’abbigliamento, più volte rinnovato e nel 2022 esteso anche al Pakistan.
L’Accordo ha posto sotto monitoraggio indipendente e trasparente più di 1.600 fabbriche coprendo circa 2 milioni di lavoratori. Contrariamenti ai sistemi commerciali di audit sociale, ha avuto successo perché è legalmente vincolante, dà potere ai sindacati e ha al centro ispezioni indipendenti, formazione dei lavoratori e un meccanismo di reclamo che consente alle operaie di segnalare i problemi in maniera protetta.
Dal crollo del Rana Plaza, il salario minimo nel settore tessile in Bangladesh viene rivisto ogni cinque anni. Cinque anni fa il salario era stato fissato a 8.000 BDT (circa 75 USD), pari solo alla metà della richiesta unitaria dei lavoratori. Questo salario, che nel 2018 equivaleva a un salario di povertà, è ancora in vigore, nonostante l’inflazione e le diffuse proteste dei lavoratori, che continuano ad essere poveri. La povertà lavorativa è peggiorata con la pandemia e con la poli-crisi successiva.
Nonostante un picco iniziale della nascita di nuovi sindacati nei primi anni dopo il crollo, la libertà di associazione è stata nuovamente sottoposta a forti pressioni, culminate in due massicce repressioni delle proteste salariali nel 2016-2017 e nel 2018-2019. Anche ora la libertà di associazione rimane a rischio, a testimonianza che gli elementi strutturali alla base della vulnerabilità che affligge i lavoratori non sono superati.
I sopravvissuti e le famiglie colpite dal disastro del Rana Plaza sono stati risarciti per la perdita di reddito e le spese mediche, secondo gli standard dell’ILO. I fondi sono stati forniti dai marchi solo dopo due anni di intense campagne e non tutti i marchi che si rifornivano dalle fabbriche del Rana Plaza hanno contribuito. Gli importi ricevuti dai lavoratori sono stati relativamente bassi, perché il risarcimento per la perdita di reddito si basava sui bassi livelli salariali del Bangladesh e non sono stati inclusi i risarcimenti per il dolore e la sofferenza.
Le sfide aperte, 10 anni dopo.
In merito alla sicurezza, l’Accordo internazionale scadrà a ottobre 2023, è fondamentale che sia rinnovato, con garanzie altrettanto forti. Sarà necessaria l’adesione di tutti i 192 marchi che lo hanno firmato e di quelli ancora reticenti, come Levi’s e IKEA.
Sul fronte salariale, con l’imminente revisione del salario minimo in Bangladesh, i sindacati chiedono che il processo includa la rappresentanza sindacale dei lavoratori tessili. Inoltre, i sindacati chiedono di triplicare l’attuale salario minimo, cosa che i marchi internazionali che si riforniscono dalle fabbriche del Bangladesh potrebbero facilmente assorbire, aumentando i prezzi che pagano ai fornitori, in modo che riflettano anche i costi della sicurezza e per l’assicurazione contro gli infortuni.
I prezzi troppo bassi pagati dai marchi committenti nonostante gli alti profitti, ricordiamolo, sono la principale causa della compressione del costo del lavoro e, di conseguenza, della povertà lavorativa e dell’insicurezza dei lavoratori tessili.
Accanto ad una decisa revisione delle pratiche commerciali che regolano le catene di fornitura, il governo del Bangladesh dovrebbe rivedere il diritto del lavoro per eliminare gli ostacoli alla registrazione dei sindacati e così favorire, insieme alle imprese, un ambiente favorevole all’attività sindacale e alla contrattazione collettiva, che attualmente non esiste.
Inoltre la legislazione nazionale e internazionale dovrebbe garantire che i sopravvissuti e le famiglie colpite da infortuni sul lavoro possano accedere ad un giusto e rapido risarcimento, incluso quello per il dolore e la sofferenza piscologica.
L’attuale schema pilota per gli infortuni sul lavoro avviato in Bangladesh solo nel 2022 dovrebbe diventare legge, essere debitamente finanziato e coprire anche i lavoratori coinvolti in incidenti sul lavoro dal 2013.
Cosa possiamo fare?
Il ruolo degli attivistə e delle campagne della società civile internazionale, come quello giocato dalla Clean Clothes Campaign e dai suoi alleati a fianco dei sindacati, si è rivelato indispensabile per ottenere i risultati raggiunti.
Ma occorre mobilitarsi ancora, per rispondere alle pressanti sfide tuttora aperte e per proteggere i progressi sulla sicurezza raggiunti in questi anni. Sappiamo che la promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è un processo su cui occorre vigilare costantemente attraverso ispezioni qualificate e indipendenti.
Sappiamo che questo processo è efficace se le imprese sono obbligate a rispettare gli standard da norme e da accordi vincolanti internazionali stipulati con le parti sociali. Sappiamo che la loro efficacia dipende da una dialettica forte e paritaria tra imprese e sindacati.
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Per questi motivi è ancora ora di mobilitarsi e chiedere i brand reticenti di firmare l’Accordo Internazionale sulla sicurezza, adesso estendibile ad altri paesi. Per il decennale del Rana Plaza, ne abbiamo individuati alcuni, la “sporca dozzina”, che antepone i propri profitti alla vita dei lavoratori in Bangladesh e Pakistan, non firmando l’Accordo: Amazon.com, Asda, Columbia Sportswear, Decathlon Italia, IKEA, JCPenney, Kontoor Brands ( Wrangler , Lee Jeans Europe e ROCK & REPUBLIC), Levi’s, Target, TOM TAILOR, URBN ( Urban Outfitters , Anthropologie, Free People) e Walmart.
QUI LA PETIZIONE http://www.eko.org/Rana-Plaza
#SignTheAccord #RanaPlazaNeverAgain
Farò il possibile per boicottare questa sporca dozzina e farla boicottare! avidità oltre ogni limite!!