di Daniela Degan
Rosa Luxemburg è stata una vera “anticipatrice in riferimento a diversi aspetti della vita politica, ecologica, sociale ed economica.” [1] Una donna rivoluzionaria a mio avviso che sapeva dare lustro alle sue parole infuocate: Solo estirpando alla radice la consuetudine all’obbedienza e al servilismo, la classe lavoratrice acquisterà la comprensione di una nuova forma di disciplina, l’autodisciplina, originata dal libero consenso. Rosa Luxemburg, una pensatrice illustre per la quale lo spazio comunitario era fonte del potere politico e fondamento di una democrazia autentica, capace di inventare, sperimentare e aprire spazi di libertà.[2]
Dan: Hanno detto di te che non avevi una prospettiva di genere, non ti sei identificata con il femminismo, ma il tuo pensiero è stato una fonte di grande ispirazione per tutte noi, donne femministe. Hai sostenuto la pratica diretta della politica e non hai mai amato le formule preconfezionate, poiché richiedevano una mera esecuzione, non l’azione da mettere sempre energeticamente in pratica. Quale è stato il motivo per il quale hai voluto scrivere il tuo libro Accumulazione del capitale?
Rosa: Lo spunto al presente lavoro mi è stato dato da un’introduzione in forma popolare all’economia politica che andavo da tempo preparando […], ma che gli impegni della scuola di partito o l’agitazione mi avevano di volta in volta impedito di portare a termine. Rimessami al lavoro […] col proposito di concludere almeno nelle grandi linee quella volgarizzazione della dottrina economica marxista, mi trovai di fronte a una difficoltà inaspettata: non riuscivo a presentare con sufficiente chiarezza il processo d’insieme della produzione capitalistica nei suoi rapporti concreti e nei suoi limiti storici obiettivi. A un esame più attento, dovetti convincermi che non si trattava di una semplice questione di esposizione, ma di un problema connesso, sul piano teoretico, al contenuto del II libro del Capitale e, nello stesso tempo alla prassi dell’attuale politica imperialistica nelle sue radici economiche. [3]
Dan: E dunque Rosa con queste parole metti in evidenza che secondo il tuo punto di vista c’è qualcosa che non va, che non ti risuona, nelle ipotesi di Carl Marx presenti nel libro de Il capitale? Mi azzardo a sintetizzare il tuo pensiero, dicendo che manca nella tesi di Marx una condizione (terza) “un allargamento della domanda solvibile di merci”? c’è per te qualcosa di più profondo da comprendere nelle radici economiche della politica imperialistica?[4]
ROSA: La produzione capitalistica si basa fin dalle sue origini, nelle sue forme e leggi di sviluppo, sull’intero orbe terracqueo come serbatoio delle forze produttive. Nella sua spinta all’appropriazione delle forze produttive a fini di sfruttamento, il capitale fruga tutto il mondo, si procura mezzi di produzione da tutti gli angoli della terra, li conquista o li acquista in tutti i gradi di civiltà, in tutte le forme sociali. […]
Fra ciascun periodo di produzione, in cui viene prodotto del plusvalore, e l’accumulazione susseguente, in cui esso viene capitalizzato, s’inseriscono due diverse transazioni – la trasformazione del plusvalore nella sua forma pura di valore (realizzazione) e la trasformazione di questa pura forma di valore in capitale produttivo – che si svolgono fra la produzione capitalistica e il mondo non capitalistico che la circonda. Da entrambi i punti di vista […] il commercio mondiale è una condizione storica di esistenza del capitalismo, commercio mondiale che, nei rapporti concreti dati, è essenzialmente scambio tra forme di produzione capitalistiche e non capitalistiche.
Dan: Risulta evidente l’attualità del tuo pensiero, visto che Lenin sosteneva che la guerra (le guerre espansionistiche) sono una “nuova fase” – magari “suprema”, cioè ultima – del capitalismo. Per te invece le guerre sono fondanti del sistema capitalistico, poiché presenti fin dall’origine, e, lungi dall’esaurirsi nel periodo della genesi del capitalismo, e dunque per te questi processi si ripropongono continuamente come necessità strutturale del sistema.
Noi oggi sappiamo che avevi ragione cara Rosa, poiché senza uno spazio/risorse da predare il sistema capitalistico non riesce ad espandersi e a sopravvivere: ha bisogno sempre di continue “chiudende” come vengono chiamate in Sardegna, ma che in Gran Bretagna sono le “enclosures”. Oggi questi meccanismi si chiamano appropriazioni dei beni comuni. Lo descrivi bene nel tuo saggio sull’economia.
Rosa: Si credo tu ti riferisca per esempio a questo passaggio che riguarda la differenza tra accumulazioni capitalistica originaria e quella che altre compagne, seguendo il mio insegnamento hanno chiamato “accumulazione capitalistica continuata”.
Così ho scritto:
Marx esamina bensì attentamente il processo dell’appropriazione di mezzi di produzione non capitalistici e di trasformazione del contadiname in proletariato capitalistico. L’intero capitolo XXIV del I libro del Capitale è dedicato alla descrizione della genesi del proletariato inglese, della genesi dei fittavoli capitalisti e del capitale industriale. In quest’ultimo processo ha – nella descrizione di Marx – un ruolo predominante la spoliazione dei paesi coloniali ad opera del capitale europeo. Tutto ciò è visto sotto l’angolo visuale della cosiddetta “accumulazione primitiva”, i processi indicati da Marx illustrano solo la genesi, il primo nascere del capitalismo […]. Ma, nel dare l’analisi teorica del processo di produzione e circolazione del capitale, Marx torna continuamente al suo presupposto di un predominio generale ed esclusivo della produzione capitalistica. Senonché, anche nella maturità piena, il capitalismo è legato in ogni suo rapporto all’esistenza di strati e società non capitalistici.
Dan: ti sei lasciata alle spalle un approccio eurocentrico, e sei riuscita a trovare una dimensione mondiale del sistema capitalistico, connesso alla logica dell’imperialismo, termine desueto, che oggi viene chiamata globalizzazione. Nel capitolo (30^) dal titolo “I prestiti internazionali” riscontro tutta l’attualità che ancora sorprende, sa di inatteso come fossero antiche visioni da Sibilla. Hai definito con parole lungimiranti la penetrazione finanziaria del capitale europeo in Sudamerica, negli Stati Uniti usciti dalla guerra di secessione, in Australia, in Turchia e in Egitto.
Rosa: dunque nella fase imperialista dell’accumulazione del capitale: I metodi specifici di lotta in questa fase sono: prestiti esteri, costruzioni di ferrovie, rivoluzioni e guerre.
(…) nel processo di emancipazione capitalistica dei paesi arretrati, la rivoluzione è necessaria per far saltare le forme statali ereditate dai tempi dell’economia naturale e della produzione mercantile semplice (e perciò antistoriche) e creare un apparato statale modellato sulle esigenze della produzione capitalistica.[5]
(….) quanto alla guerra, essa è abitualmente l’arma caratteristica di un giovane stato capitalistico per infrangere la tutela dei vecchi, la prova e il battesimo del fuoco della raggiunta maturità capitalistica di uno stato moderno; la riforma dell’ordinamento militare e finanziario appare dunque la premessa dell’autonomia economica.[6]
Lo sviluppo della rete ferroviaria rispecchia quasi perfettamente la penetrazione del capitale nel mondo. Esso è stato soprattutto rapido nel quinto decennio dell’Ottocento in Europa, nel sesto in America, nel settimo in Asia, nell’ottavo e nel nono in Australia, nell’ultimo in Africa.
I prestiti esteri collegati alla costruzione delle ferrovie e agli armamenti accompagnano a loro volta tutti gli stadi dell’accumulazione del capitale: introduzione dell’economia mercantile, industrializzazione del paese e rivoluzionamento dell’economia contadina, (…) trasformazione in capitale del denaro di strati non-capitalistici (risparmi), del denaro come equivalente di merci o del denaro come fondo di consumo, trasformazione di capitale-denaro in capitale produttivo mediante costruzioni ferroviarie ad opera dello stato e forniture militari.
Dan: cara Rosa sto tenendo un ciclo di sei incontri sull’Economia secondo una lente femminile/femminista e decrescente. In uno degli incontri abbiamo trattato anche il tema del debito, sia quello interno ad un paese, che quello internazionale. Tu hai trattato la materia con la tua solita perfetta lucidità. Hai messo in evidenza con chiare parole, la modalità con la quale la finanza europea si impossessa dello Stato egiziano secondo la più canonica prassi usuraia e, una volta che l’indebitamento è diventato insostenibile, lo priva della sovranità in materia economica imponendo le proprie “ricette”. Quelle ricette che tu avevi a suo tempo contemplato ora vengono servite sul piatto dei Paesi cosiddetti in via di sviluppo, con il nome di “piani di aggiustamento strutturale”, dal Fondo Monetario Internazionale.
Rosa: Non cambia mai nulla nel metodo. Il capitale promuove sempre la stessa ricetta. Ciò che avevo verificato era questo: per il capitale europeo si decidono nuovi balzelli e i contadini sono spremuti e fustigati, finché gli interessi, il cui servizio era stato sospeso nel 1876, ricominciano ad essere corrisposti. La vicenda egiziana si concludeva con la sottomissione politica dell’Egitto. Così lo descrivo nel mio libro:
Una rivolta dell’esercito egiziano, ridotto alla fame dal controllo finanziario europeo mentre i funzionari europei incassano favolosi stipendi, e una rivolta provocata ad arte delle masse stremate di Alessandria offrono il tanto atteso pretesto a un colpo decisivo. Nel 1882 truppe inglesi sbarcano in Egitto, per non lasciarlo più e suggellare con la sottomissione del paese la serie di grandiose imprese capitalistiche degli ultimi vent’anni e la liquidazione dell’economia contadina ad opera del capitale europeo.
A una grande quantità di domande di merci modeste, frammentate e non coincidenti nel tempo […] subentra la domanda dello Stato, una domanda accentrata in una grande, unitaria, compatta potenza […]. Sotto forma di commesse militari dello Stato, il potere d’acquisto delle masse consumatrici, così concentrato in una grandezza poderosa, viene sottratto all’arbitrio, alle fluttuazioni soggettive del consumo personale, per assumere una regolarità quasi automatica, un ritmo di sviluppo costante. D’altra parte, grazie all’apparato parlamentare legislativo e alla manipolazione della cosiddetta opinione pubblica mediante la stampa, le leve del moto ritmico e automatico della produzione bellica si trovano nelle mani dello stesso capitale. Questo campo specifico dell’accumulazione del capitale sembrerebbe godere di possibilità di espansione illimitate […]. Le necessità storiche dell’acuita concorrenza mondiale del capitale intorno alle premesse della sua accumulazione si trasformano così in un campo di accumulazione di prim’ordine per il capitale medesimo. Quanto più energicamente il capitalismo si serve del militarismo per assimilarsi i mezzi produttivi e le forze-lavoro di paesi e società non capitalistici attraverso la politica coloniale e mondiale, tanto più il militarismo lavora, nel cuore degli stessi paesi capitalistici, per sottrarre agli strati non capitalistici della sua terra d’origine, così come alla classe operaia, una percentuale sempre maggiore di potere d’acquisto.
Dan: cara Rosa, tu concludi il tuo libro con parole che ancora adesso risuonano. Il rullo dei tamburi della guerra permanente è sempre pronto a suonare. Anche oggi con le parole di un bieco capitalista da strapazzo, con il ciuffo biondo, che fa impazzire il mondo.
Rosa: Queste le mie parole scritte e forse alate per una aquila rossa come me.
Con quanta maggior potenza il capitale, grazie al militarismo, fa piazza pulita, in patria e all’estero, degli strati non capitalistici e deprime il livello di vita di tutti i ceti che lavorano, tanto più la storia quotidiana dell’accumulazione del capitale sulla scena del mondo si tramuta in una catena continua di catastrofi e convulsioni politiche e sociali, che, insieme con le periodiche catastrofi economiche rappresentate dalle crisi, rendono impossibile la continuazione dell’accumulazione e necessaria la rivolta della classe operaia internazionale al dominio del capitale, prima ancora che, sul terreno economico, esso sia andato ad urtare contro le barriere naturali elevate dal suo stesso sviluppo.
[1] LIDIA MENAPACE in “Donne Disarmanti – storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi” – a cura di Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo – Edizioni INTRA MOENIA – NAPOLI 2003 pag. 119 e succ.
[2] D’Alessandro 2011
[3] “L’accumulazione del capitale” – Rosa Luxemburg – Enaudi Editore 1972 – introduzione. Il pensiero di Rosa Luxemburg risulta in parte differente dal pensiero di Carl Marx riguardo l’approccio storico e la logica attraverso i quali si assiste alla penetrazione del capitalismo. Tale visione ci riguarda perché è di fatto una visione “femminile” dello scorrere della storia o per lo meno io l’ho individuata in questo modo. Rosa condivide con Marx , la concezione della storia non teleologica, non lineare, complessa e aperta alla contingenza, ma lei introduce un approccio significativamente nuovo.
[4] Si legga il lavoro di Turchetto dal quale ho preso spunto per questa intervista anche per la sequenza delle domande che pongo a Rosa Luxemburg. (…) Sicuramente Rosa Luxemburg non condivide con il marxismo dell’epoca l’idea semplicistica della successione di modi di produzione “tipici”, nella forma di tappe obbligate, “stadi di sviluppo” necessari del progresso umano. I sistemi economici non capitalistici (e non a caso la Luxemburg predilige questa espressione al termine precapitalistici) non sono facilmente riducibili a schemi: sono eterogenei, diversamente complessi e di conseguenza – come dice Marx vanno “studiati separatamente uno per uno […]; non ci si arriverà mai col passepartout di una filosofia della storia”. (…) per Rosa Luxemburg, la trasformazione di una società in senso capitalistico non è un processo spontaneo, oggettivamente e inesorabilmente determinato dallo sviluppo delle forze produttive o dalla progressiva estensione degli scambi mercantili, ma il risultato di interventi violenti, condotti sul piano economico, politico e militare. Per Rosa Luxemburg il capitalismo non si limita a produrre plusvalore e a farlo circolare nella forma dello scambio di equivalenti: continua a espropriare, a rapinare, a dominare e a imporre ai dominati “scambi ineguali”. La violenza non è semplicemente la levatrice del capitalismo, il lato oscuro – e nascosto dalle “favole idilliche” degli economisti – della sua origine; è un meccanismo sempre all’opera, sempre presente come logica intrinseca di questo modo di produzione, necessaria all’accumulazione.
È proprio qui che l’approccio di Rosa Luxemburg cambia rispetto a quello di Marx. Se non si tratta più soltanto di ricostruire l’origine del capitalismo ma di coglierne la logica immanente, diventa metodologicamente legittimo individuare alcune continuità o generalità accanto alle specificità dei diversi processi di penetrazione del capitalismo nelle società non capitalistiche. Siamo ai sei capitoli conclusivi de L’accumulazione del capitale, trattazione com’è noto ricca di esempi storici: le storie della colonizzazione inglese dell’India, della guerra dell’oppio, della penetrazione francese in Algeria, della trasformazione dell’agricoltura negli Stati Uniti, dei complessi rapporti finanziari che all’epoca legavano l’Inghilterra all’Egitto e la Germania alla Turchia. Sono storie narrate con grande efficacia e senza semplificazioni e al tempo stesso illuminate dalla capacità teorica di individuare alcuni meccanismi cruciali che presentano sorprendenti analogie in contesti molto diversi. Rosa Luxemburg li designa come “fasi”, elencando la lotta del capitale contro l’economia naturale; la lotta contro l’economia mercantile semplice; la lotta di concorrenza fra i capitali su scala mondiale per l’accaparramento delle residue possibilità di accumulazione. (Rivista DEP n. 28/2015 – Numero monografico Rosa Luxemburg nel centenario dell’Accumulazione del capitale a cura di Bruna Bianchi e Maria Turchetto p.10 – 11
[5] P. 418
[6] P. 419
Maria Gabriella dice
Grazie! È un invito ad approfondire, esplorare, comprendere i’economia alla luce dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, una economia circolare nel rispetto del bene comune e del Pianeta.
DANIELA DEGAN dice
Un suggerimento che mi sento di darvi è quello di leggere i documenti scritti direttamente dall’autrice e dall’autore che volete studiare.
Questo è utile per entrare meglio nel pensiero che si vuole indagare. Spesso si scopre quanto ancora attuali siano le parole e i pensieri di alcune persone, in questo caso, Rosa L. è un esempio veramente calzante. Nel leggere tuttavia sarà sempre importante mantenere un punto: in quale cornice si trovava Rosa e in quale ci troviamo noi ora.
Inoltre riflettete e valutate le parole nel loro insieme e non in modo puntale, visto che alcune delle espressioni possono sembrare anacronistiche!
Eppure come ci risuonano dentro …..
qui sotto una breve bibliografia che ho usato per la scrittura dell’intervista che completa quanto evidenziato in nota:
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
Rosa Luxemburg – Scritti scelti, a cura di Luciano Amodio, Milano 1963 – edizioni Avanti!
Rosa Luxemburg – Lettere 1893 -1919, con introduzione di Lello Basso, Roma 1979- Editori Riuniti
Rosa Luxemburg e la spontaneità rivoluzionaria, Daniel Guèrin, Milano 1974 – MURZIA
BERLINO 1919
Rosa Luxemburg e la rivoluzione, Problematica completamente inattuale?, Francesco Bocchino, Milano 2016, Edizioni Punto Rosso
Rosa Luxemburg – Il programma di Spartaco, introduzione di Rina Cagliardi, I Grandi Discorsi, Roma 1995, Manifesto Libri
L’Accumulazione del capitale, Rosa Luxemburg, Introduzione di Paul M. Sweezy. Traduzione di Bruno Maffi, Torino 1960 – Einaudi Editore
DEPORTATE ESULI PROFUGHE – Numero 28 – Luglio 2015 Numero monografico Rosa Luxemburg – Nel centenario di L’accumulazione del capitale a cura di Bruna Bianchi e Maria Turchetto
DANIELA DEGAN dice
QUANDO UCCISERO LA ROSA ROSSA CENTO ANNI FA
ROMA 1 MARZO 2019 DALLE 16,30 ALLE 19
PRESSO LA BIBLIOTECA VACCHERIA NARDI
SEMINARIO ESPERENZIALECON DANIELA DEGAN
Rosa Luxemburg è stata una vera anticipatrice in riferimento a diversi aspetti della vita politica, ecologica, sociale ed economica. Una donna rivoluzionaria dalle parole infuocate:
“Solo estirpando alla radice la consuetudine all’obbedienza e al servilismo, la classe lavoratrice acquisterà la comprensione di una nuova forma di disciplina, l’autodisciplina, originata dal libero consenso.”
Nel laboratorio rifletteremo insieme sui messaggi più importanti ed attuali del pensiero di una personalità così interessante ed attraente, come donna e militante, che ancora oggi dopo 100 anni dal suo assassinio ci perviene intatto e ricco di significati e di stimoli per la nostra travagliata era.
Siete invitat@ a partecipare, comunicando la vostra presenza a: