Le cinque più grandi ditte di petrolio del mondo – ExxonMobil, Chevron, BP, Shell, e Total – hanno registrato ben 200 miliardi di dollari di profitti nel 2022. È l’equivalente di tutto il Prodotto interno lordo della Nuova Zelanda o della Grecia. Ovviamente questo è quello che sappiamo perché sono dati pubblici, ma quanti soldi abbiano intascato, per esempio, i governi del Qatar o dell’Arabia Saudita che non rendono pubblici i loro petrol-incassi solo le divinità possono saperlo, ma di sicuro sono tanti soldi, tanti.
Come è successo tutto questo? In una parola: speculazione.
Già sappiamo della speculazione sui nostri polmoni, sulla nostra acqua, sulle nostre democrazie. Adesso arriva la speculazione sulla guerra.
Con la scusa del conflitto fra russi e ucraini, e l’interruzione delle forniture, siamo arrivati a prezzi elevatissimi della benzina e del gas, in aggiunta a enormi fluttuazioni legati agli avvenimenti geopolitici di cui mercati e petrolieri hanno saputo ben approfittare. Biden e l’Unione Europea hanno cercato di tirare le orecchie ai cinque bruti di cui sopra, l’uno con le parole, e l’altra con i tribunali, ma finora con poco successo.
Delle cinque petrol-ingorde, la fetta più grande della torta è andata alla Exxon con $56 miliardi di profitti, a seguire la Shell con $40 miliardi e la Chevron con $37 miliardi. Per la Shell è il doppio (!) rispetto al 2021 e il record assoluto nella sua storia di 115 anni.
Che ci faranno con tutti quei soldi? Magari investiranno sulle rinnovabili? Cercheranno di creare un futuro oil-free visto che promettono questo da anni? La Shell non ci pensa neanche e dice che non investirà neanche un centesimo in più per le rinnovabili rispetto al 2021. E perché dovrebbero? Il loro business è il petrolio non il vento.
Uno deve pensarci bene: questi signori del petrolio hanno trivelle, conoscenze di trivelle, contatti di trivelle, sparsi per tutto mondo. Hanno una infrastruttura tecnica, politica e geografica che si è sviluppata nel corso di cent’anni. Una vera transizione verso le rinnovabili significa investire in tecnologie tutto sommato ancora nuove, che abbisognano di sperimentazione per la diffusione a larga scala e per l’integrazione nel nostro mondo. Una vera transizione verso le rinnovabili ha bisogno di picconate a un mondo che ha dato loro soldi e potere per cent’anni. Perché fare tutto questo quando i profitti petroliferi sono alle stelle?
La Shell e compari parlano di rinnovabili per fare finta, per imbambolare pubblico e politici, ma sono tutte balle. Anche se cercano di essere lupi vestiti di verde, sempre lupi sono. Ovviamente intendo questo in modo figurativo, e con tutto l’amore possibile per i lupi.
Il nuovo CEO della Shell, Wael Sawan, dice che vogliono dirigersi verso le rinnovabili ma che devono pure salvaguardare gli interessi degli investitori.
“Our philosophy has been a real pivot toward energy transition investments. But we will make sure that those investments go into the areas where we can see line of sight toward attractive returns to be able to reward our shareholders.”
È tutto qui, nelle parole attractive returns. Come dire, il doppio nel 2022 rispetto al 2021 non gli è bastato.
Nel 2021 la Shell ha investito 3,5 miliardi di dollari in tecnologie green. Ha invece investito 21,5 miliardi di dollari in tecnologie petrolifere. I dollari green non cambieranno. Quelli petroliferi quasi sicuramente si perché vogliono investire di più sul gas naturale che è stato il motore dei loro profitti record per il 2021.
Sawan aggiunge che non è colpa sua, se le rinnovabili vanno ancora troppo a rilento. Dice che è colpa dei politici.
“Is the pace of renewables investment fast enough? I don’t think we are moving as a world fast enough. But that requires significant change from government policies. It requires the right customer uptake and of course it requires companies like ours to continue to invest.”
Il Don Abbondio delle trivelle.
Resta la domanda: che ci faranno con tutti questi soldi? Investiranno per altra esplorazione e tecnologia, ingrasseranno investitori e si ricompreranno le loro azioni. La Exxon investirà $50 miliardi per ricomprarsi le azioni, la Chevron $75 miliardi, la Shell “solo” 4 miliardi.
E noi? Noi restiamo a guardare, troppo presi dai nostri ombelichi, dalle nostre vite, mentre i pochi si arricchiscono, il mondo crolla, e lasciamo povertà di bellezza e di natura alle generazioni future.
António Guterres, segretario generale dell’Onu ha detto:
“È immorale per le compagnie petrolifere e del gas realizzare profitti record dall’attuale crisi energetica sulle spalle dei più poveri, a un costo enorme per il clima. Questa grottesca avidità punisce le persone più povere e vulnerabili e distrugge l’unica casa che abbiamo”.
Ma Mike Wirth, CEO della Chevron, è stato molto chiaro:
“La realtà è che le fonti fossili sono ciò che fa funzionare il mondo oggi. Sono ciò che farà funzionare il mondo domani e tra cinque anni, tra dieci anni, tra vent’anni…”.
Maria Rita D’Orsogna è docente all’Università statale della California presso il dipartimento di matematica e fisica, cura diversi blog (come questo). Da sempre accanto alle lotte locali per la difesa dell’ambiente naturale e contro i giganti del petrolio, ha autorizzato con piacere Comune a pubblicare i suoi articoli
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