La rubrica di Gustavo Esteva sulla Jornada ospita le voci della gente zapoteca di Álvaro Obregón, un piccolo centro dello stato messicano di Oaxaca, che resiste all’avanzata di un devastante megaprogetto eolico. La propaganda dei sostenitori dell’«economia verde» mira a dividere la popolazione locale con le solite fanfare del mito dello sviluppo e intanto minaccia di morte i pescatori della laguna e partecipanti all’assemblea dei popoli indigeni dell’Istmo in difesa della terra. Il consorzio transnazionale delle imprese dell’energia «pulita», la Banca interamericana dello sviluppo, le autorità politiche e la polizia statale devono proteggere l’accumulazione dei capitali, vogliono la terra e il mare. Per averli, non hanno esitato a mandare provocatori armati di bastoni e machete contro una carovana di solidarietà (foto) che portava viveri alla gente che lotta per difendere la terra e la vita
di Gustavo Esteva
«Qui non entreranno. Nemmeno se il governo ci uccide, riusciranno a entrare. Li combatteremo per i nostri figli.Non vogliamo terreni per l’eolico. Non vogliamo partiti, né il Pan, né il Prd, né il Pri…Se uccideranno uno o due di noi, si solleveranno altri, perché non siamo soli. Loro dividono la gente e creano odio, ma adesso non abbiamo più paura di loro. Sono loro stessi a insegnarci a non aver paura». Ha detto questo la generala ad Álvaro Obregón, nell’istmo de Tehuantepec, quando è arrivata la carovana di solidarietà (foto a lato).
Mareña Renovables non è solo la facciata per capitali transnazionali. È il simbolo dello schema sempre più esteso dell’accumulazione per esproprio. La lotta di quei comuneros è anche la nostra lotta.
«Il progetto è contro i contadini, contro i pescatori, i moto-tassisti, gli allevatori di iguana, di capre, di animali da fattoria… Li stanno fottendo tutti… Il governo dice che il terreno non serve, che è una landa coperta di arbusti. Però quando c’è vento lì si buttano le foglie e si mangia la carne. Nel monte ci sono iguana, conigli, cracidi (uccelli simili ai tacchini, ndt). Nella laguna ci sono i gamberi e ogni altro tipo di pesce. Noi siamo contadini, abbiamo le nostre semine».
«L’isola e il mare sono di tutti. Lì abbiamo la vita come fonte di lavoro, lì peschiamo col giacchio, con la sciabica, il pesce… La Cocei (Organizzazione politica socialista di Juchitan, Oaxaca) non aveva calpestato… Sono arrivati perfino senatori, come Héctor Sánchez che doveva diventare governatore ma per un’azione illegale ha perso. Adesso ci siamo svegliati e i vecchi hanno deciso».
«Quando hanno cominciato a distribuire un po’ di denaro, ci siamo resi conto di che tipo di gente era quella che ci stava ingannando, di che tipo di gente si tratta. Lì è cominciata la lotta».
«Ci hanno attaccato con la polizia di Stato anche se noi non siamo delinquenti né narcotrafficanti. Siamo gente umile e non abbiamo soldi per comprare armi. Abbiamo i machete, fionde e pietre ma non siamo assassini. Li abbiamo fatti correre, li abbiamo colpiti senza ferirli perché loro non hanno colpa, sono compagni. La colpa è di quelli che comandano».
«Non ci inganneranno. Gli abbiamo detto: se vi volete prendere la barra di Santa Teresa, è meglio che ci ammazziate subito. Perché dobbiamo finire come in Africa, con i bambini a morire di fame? I politici arrivano e promettono cose. Adesso promettono che Álvaro Obregón faranno brillare il pavimento. Però entra Mareña e a che ci serve? Non mangeremo pezzi di pavimento. Adesso i partiti ci danno rinzaffo e tinta per le case. Mangeremo il pavimento solido? Nel mare non manca mai. Ma se il mare se ne va, di cosa vivremo? Per questo non lasceremo che Mareña entri, prima di aver ammazzato noi, gli indigeni».
«Noi siamo già anziani, stiamo già aspettando che Dio ci chiami ma ci sono bambini e bambine che vengono dietro. Come li possiamo lasciare… Qui siamo uomini, donne, bambini, bambine, di tutti, siamo uguali, fino a tre anni, cinque… Per questo non abbiamo paura. Moriremo qui per i nostri figli, per i nostri nipoti, perché quando ce ne andremo essi possano rimanere con il mare, possano mantenere il mare».
«Siamo contenti della carovana, perché altri ci stanno appoggiando, non siamo più solo noi. Che il governo sappia che non siamo soli qui ad Álvaro Obregón. Noi faremo ritirare da qui la Mareña. Così è la vita. La vita è lotta».
Non sono soli davvero. Dozzine di organizzazioni della società civile hanno appena firmato un testo in cui denunciano «contratti viziati da invalidità, leonini, ottenuti attraverso inganni, senza il consenso dei proprietari dei territori e delle risorse naturali». Le organizzazioni hanno segnalato inoltre che «fino a che persisteranno le gravi violenze che hanno dato origine alla tenace resistenza dei popoli indigeni e non si soddisfi la ricostruzione del tessuto sociale nelle comunità colpite», continueranno ad approfondirsi le differenze tra i popoli e ogni consultazione mancherà di validità.
Nelle campagne del governo e nel tumulto delle imprese si insiste nel difendere questo progetto perché è «verde»: solo dei barbari ignoranti possono essere contro la produzione di energia pulita, che porterà loro flussi economici importanti. La verità è che solo l’incompetenza criminale e corrotta può autorizzare licenze di impatto ambientale in questo caso. Il danno che si causerebbe alle lagune costiere, agli uccelli migratori e a tutto l’ecosistema sarebbe immenso. E il «flusso» di corruzione rappresenta un pagamento mensile di 12 pesos per ettaro…che non contribuirà affatto a migliorare le condizioni di vita della gente, che verrà invece espropriata di una forma di vita. Come dice La generala, il pavimento non si mangia…
Questa lotta è davvero la nostra lotta.
Video (1) Le testimonianze sull’assalto della polizia contro la gente zapoteca
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=JtAxCo4ADjE[/youtube]
Video (2). I picchiatori del partito di governo messicano, incappucciati e armati di machete bastoni e benzina, impediscono alla carovana di solidarietà di raggiungere la gente di San Dionisio del mar.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=p3cd8b4c2Dg[/youtube]
Leggi anche:
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– La resistenza e il mondo nuovo dei territori [Raúl Zibechi]
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Sabato 13 aprile Gustavo Esteva sarà ospite di Comune-info per un incontro pubblico alla Biblioteca Fabrizio Giovenale di Roma (nei prossimi giorni pubblicheremo tutte le informazioni sull’iniziativa)
*Gustavo Esteva ama dichiararsi un intellettuale deprofessionalizzato ed è il fondatore dell’Universidad de la Tierra, a Oaxaca, Messico. La sua vita è fatta di molte rotture: nei primi anni ’60 è giovane dirigente della Ibm e poi della Banca pubblica del commercio, mentre comincia il suo impegno in gruppi di ispirazione marxista che poi abbandona per le loro posizioni sulle lotte contadine. Dal 1970 al 1976 è un funzionario del governo del presidente Echeverría. Economia e alienazione è il titolo del suo primo libro, scritto per mettere in discussione lo sviluppo statalista. Poco dopo comincia il suo lavoro per organizzazioni non profit e diventa amico e collaboratore di Ivan Illich, ma anche consulente per l’Esercito zapatista di liberazione nazionale in Chiapas ai negoziati con il governo.
«Ho il sospetto che la rottura più importante della mia vita – ha raccontato – si è verificata quando ho cominciato a ricordare le esperienze con mia nonna da bambino. Non poteva venire a casa nostra a Città del Messico perché era indigena. Mia madre non le permetteva di parlare con noi in zapoteco o raccontarci storie della sua comunità. Ma io adoravo mia nonna e durante le vacanze riuscivo a stare con lei molto tempo…». Dalla fine degli anni ’80, Esteva vive nello stato di Oaxaca e ha dedicato il suo lavoro di ricerca alla critica profonda dell’idea di modernità occidentale, partendo dal punto di vista e dall’idea di cambiamento di alcune comunità indigene.
Esteva è autore di numerosi saggi per riviste e di diversi libri, tra quelli tradotti in italiano, Elogio dello zapatismo per Karma edizioni e La comune di Oaxaca per Carta. L’ultimo è Antistasis. L’insurrezione in corso, edito da Asterios.
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