Mentre tutto il mondo fronteggia la pandemia del COVID-19, in Messico si è registrato il mese di marzo più insanguinato della storia del Paese: ben 2.585 omicidi. In questo clima di violenza, giornalisti e attivisti ambientali sono spesso al centro delle cronache. Come nel caso del Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra y el Agua Morelos, Puebla, Tlaxcala (FPDTA-MPT), da anni represso a causa delle proteste contro il Proyecto Integral Morelos
Mentre tutto il mondo fronteggia la pandemia del COVID-19, in Messico si è registrato il mese di marzo più insanguinato della storia del Paese: ben 2.585 omicidi.
In questo clima di violenza giornalisti e attivisti ambientali sono spesso al centro delle cronache. Lo scorso 23 marzo, è stato trovato ucciso l’ambientalista Isaac Medardo Herrara Avilés, storico rappresentante legale di alcune comunità dello stato di Morelos, a sud di Città del Messico. Avilés è stato assassinato nella piazza principale di, Jiutepec, suo villaggio di origine. Questo tragico fatto arriva a un anno e due mesi dall’omicidio di un altro leader della lotta contro le devastazioni ambientali, Samir Sanchez Flores, appartenente al Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra y el Agua Morelos, Puebla, Tlaxcala (FPDTA-MPT), rete che combatte da anni contro il PIM (Progetto Integrale Morelos), progetto che coinvolge anche un’azienda italiana, la Bonatti.
Per l’anniversario dell’omicidio di Samir, quattro attivisti del “Frente de Pueblos en Defensa de la Tierra y el Agua Morelos, Puebla, Tlaxcala” sarebbero dovuti venire in Italia per conoscere altri comitati e movimenti, ma purtroppo a causa del Coronavirus sono stati costretti a rientrare anzitempo in Messico dopo alcuni giorni in Europa.
Ne abbiamo approfittato per raccogliere le loro testimonianze sul PIM. “Dal 2012 ci stiamo opponendo alla mega opera che consiste in un gasdotto di centosessanta chilometri, in concessione alle società spagnole Enagas ed Elecnor, due centrali termoelettriche, la prima delle quali è già stata costruita dalla società spagnola Abengoa, e un acquedotto di dodici chilometri, che intende prelevare 580 litri d’acqua al secondo per il funzionamento di queste due centrali termoelettriche”, ci spiega Juan Carlos Flores.
La caratteristica costante dell’estrattivismo purtroppo, come spesso avviene, è il ruolo dello Stato. Il gasdotto – aggiunge Flores – è stato costruito usando la repressione dell’Esercito e delle Forze dell’ordine. Si è proceduto con arresti, con la chiusura delle radio comunitarie, con le minacce e con veri e propri saccheggi da parte di alcune imprese private coinvolte nel progetto, spiega Flores.
Innumerevoli gli episodi registratisi. “Lo scorso 30 ottobre la polizia di Stato e la Guardia Nazionale hanno attaccato la città di Santa María Zacatepéc, che si oppone a un progetto di drenaggio delle acque industriali nel suo fiume, il Metlapanapa . […]. Un episodio simile si era registrato nel 2016, quando più di 200 poliziotti, con elicotteri e gas lacrimogeni, hanno attaccato ii campesinos di Ayala Morelos […]”.
Ma nonostante questo clima di estrema repressione, negli anni il “Frente” ha continuato a fare sentire la sua voce in tutto lo stato e in ogni comunità. “Il Frente de Pueblos è composto da comunità dei tre stati – gli altri sono Puebla e Tlaxcala, ndr – da dove passa il progetto. È la prima forza e il primo sostegno che abbiamo noi stessi, come comunità interessate.
C’è anche l’Assemblea Permanente dei Popoli di Morelos, ci sono i contadini che difendono la loro acqua affinché non venga portata via, ci sono diversi collettivi che sostengono questa lotta. Abbiamo il sostegno del Consiglio Indigeno di Governo e il sostegno morale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale e del Congresso Nazionale Indigeno” conclude Flores, con la speranza che la lotta in Messico sia anche supportata dai movimenti dei paesi europei dove hanno sede la imprese impegnate nel PIM, compresa l’Italia.
Articolo pubblicato grazie alla collaborazione con Re:Common
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