Mai più naufragi avevano detto diverse voci istituzionali dopo il 3 ottobre 2013, quando annegarono a largo di Lampedusa 368 migranti. I naufragi non sono mai terminati. Intanto in Italia nasce il ministero del Mare: quello che dovrà amministrare è da decidere, ma è evidente che al centro ci sarà la questione dei porti e dunque l’arrivo dei migranti. Per cercare speranza abbiamo bisogno di guardare in basso: per cambiare l’ordine delle cose e fornire sostegno, supporto legale e psicosociale ai familiari dei dispersi è nata “Mem.Med”, Memoria Mediterranea, il frutto della collaborazione tra diverse realtà sociali e reti antirazziste. Le testimonianze, le lotte e le proposte di chi migra e dei loro familiari diventano uno spazio di libertà e di memoria collettiva. “Non possiamo smettere di lottare”, gridano Jalila e Hajer, madri tunisine di ragazzi dispersi in mare
Il 3 ottobre 2013 una barca in viaggio verso Lampedusa affondò a poche centinaia di metri dall’Isola dei Conigli. Almeno 368 persone annegarono. Solo otto giorni dopo, un’altra barca si rovesciò e il colpevole ritardo nel salvataggio costò la vita a 268 persone, fra cui oltre tra bambini e ragazzi. Da allora si celebra la tragica ricorrenza del 3 ottobre affinché non si ripetano più naufragi di Stato.
La storia e l’amara realtà smentiscono questi buoni propositi e i naufragi continuano a ripetersi: la traversata del Mediterraneo è diventata una roulette russa. I governi europei sembrano essere insensibili e sostengono le criminose azioni della Guardia Costiera Libica e dei trafficanti di persone organizzate in bande e fazioni contrapposte. Il 7 ottobre, nella disattenzione totale dei grandi media, l’Ansa ha battuto la notizia di un barcone dell’emigrazione clandestina preso di mira da razzi Rpg, provocando la morte di oltre quindici migranti, alcuni dei quali morti bruciati. Secondo alcune indiscrezioni, le vittime sono migranti coinvolti in una disputa tra due gruppi rivali di trafficanti di esseri umani. Altri sostengono invece che si è trattato di un attacco compiuto da trafficanti contro migranti che tentano di operare indipendentemente da loro. Di certo, un fatto gravissimo che delinea diversi scenari, tutti inquietanti: scontri tra mafie locali di trafficanti di persone, scontri tra trafficanti di organi, lancio di razzi senza controllo per impedire alle persone di mettersi in viaggio in modo autonomo. Il silenzio su questa notizia è calato immediatamente: restano i morti senza nome, senza storia, inghiottiti dal mare e dispersi per sempre.
Per contrastare l’indifferenza e fornire sostegno, supporto legale e psicosociale ai familiari dei dispersi è nata Mem.Med, Memoria Mediterranea, grazie alla collaborazione tra Borderline Sicilia, Carovane Migranti, CLEDU, LasciateCIEntrare, Rete Antirazzista Catanese, Watch the Med – Alarm Phone. Il progetto mira a costruire, attraverso le testimonianze, le pratiche e le richieste delle persone migranti e dei loro familiari, una memoria collettiva del Mediterraneo che si opponga all’oblio, contribuendo a costruire un’alternativa alla Fortezza Europa.
In occasione delle manifestazioni promosse per la ricorrenza del 3 ottobre, alcune donne tunisine, madri di ragazzi dispersi in mare, sono giunte a Palermo e sono state intervistate da Silvia di Meo.
[Roberta Ferruti, Recosol / Benvenuti Ovunque]
LEGGI L’INTERVISTA DI SILVIA DI MEO ALLE MADRI TUNISINE:
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