I cambiamenti apportati nel mondo da quel tremendo 11 settembre di mezzo secolo fa, in un Paese tanto geograficamente lontano dai centri nevralgici del potere politico planetario, sono stati esposti e analizzati con rigore e per decenni. Basti pensare all’impatto decisivo sul Partito Comunista e il compromesso storico in Italia del tradimento di Pinochet, generale ritenuto fedele allo Stato e alla patria da Salvador Allende fino a poche ore prima del golpe, oppure al ruolo giocato dalla Democrazia Cristiana cilena nell’opposizione al governo di Unidad Popular. La portata di quei cambiamenti è in effetti tale, tuttavia, che risulta sempre di grande utilità rivederne la lettura alla luce del presente in cui si vive. Quella “macelleria” cilena ha spiegato e insegnato molte cose atroci quanto essenziali, a cominciare dall’utilizzo dell’Estadio Nacional de Chile come campo di concentramento per praticare l’orrore su 40mila prigionieri, per arrivare al celebrato primo laboratorio mondiale del neoliberismo esaltato prima da tecnocrati ed economisti cui veniva dato il nome di Chicago Boys e poi dal mondo intero. Raúl Zibechi, seppur in modo molto sintetico, con la consueta maestrìa aggiorna la sua lettura elencando, tra gli altri, diversi elementi interessanti: dal rimodellamento degli Stati-nazione al calo imponente dei salari che, una volta annichilita la capacità di lotta degli operai, via via precipiterà fino a portare il valore reale del salario minimo degli Usa nel 2023 al livello più basso degli ultimi 66 anni. Non mancano, come sempre negli scritti di Raúl, la prospettiva delle trasformazioni nell’azione collettiva dei movimenti e la critica al ruolo delle forze politiche e al peso delle campagne elettorali in una esistenza politica scandita esclusivamente da un voto all’altro

Il colpo di Stato dell’11 settembre 1973 contro il governo di Salvador Allende ha segnato una svolta profonda nella storia recente. Gli Stati-nazione sono stati totalmente rimodellati dalle classi dominanti, è stato installato il neoliberismo, ponendo fine al processo industriale di sostituzione delle importazioni, e i movimenti dal basso non hanno potuto continuare ad agire nello stesso modo. Sono cambiamenti che è necessario analizzare.
Con il regime militare di Augusto Pinochet, le forze armate hanno schiacciato l’organizzazione operaia, imponendo il terrorismo di Stato contro qualsiasi dissidente e soprattutto contro i lavoratori. Sono riusciti a rifondare il capitalismo cileno, eliminando la vecchia industria e intensificando l’accumulazione per espropriazione. I rapporti di lavoro sono stati completamente riconfigurati a favore dei padroni, poiché non c’è stata un’opposizione operaia organizzata.
Sulla violenza contro i settori popolari è prosperato il neoliberismo, che, con l’aiuto di tecnocrati ed economisti a cui veniva dato il nome di Chicago Boys, ha trasformato il Cile in un grande laboratorio dove mettere in atto privatizzazioni a profusione (tranne che nell’ambito dell’estrazione del rame, i cui profitti sono andati alle forze armate), un nuovo sistema pensionistico privato e iniziative che hanno condannato la classe operaia alla disoccupazione e alla fame.
I salari sono calati notevolmente in tutto il mondo.
Due ricercatori del “Programma su razza, appartenenza etnica ed economia” dell’Economic Policy Institute degli Stati Uniti hanno studiato 85 anni di storia del salario minimo. La loro conclusione è lapidaria: senza nessun meccanismo in atto per adeguarlo automaticamente all’aumento dei prezzi, il valore reale del salario minimo federale è gradualmente diminuito, raggiungendo nel 2023 il livello più basso degli ultimi 66 anni (https://goo.su/7ke8mG).
Quest’anno il salario minimo vale il 42% in meno rispetto al 1968, che è stato l’anno in cui ha raggiunto il valore più alto, e il 30% in meno rispetto a quando è stato aumentato per l’ultima volta 14 anni fa, nel 2009. I due ricercatori concludono che questa significativa perdita di potere d’acquisto significa che l’attuale salario minimo federale non si avvicina assolutamente a un salario di sussistenza.
La terza questione sono le trasformazioni nell’azione collettiva. Il centro del movimento sociale cileno si è spostato dalle fabbriche alle poblaciones,[i] che dal 1983 sono state protagoniste della resistenza alla dittatura in memorabili giornate di protesta. In quel contesto si sono diffuse alcune pratiche collettive per la sopravvivenza, come le cucine comunitarie, che in seguito sarebbero state teorizzate come economia solidale. Il movimento dei pobladores è passato dalla resistenza all’insurrezione.
La prima protesta risale all’11 maggio 1983, indetta dai lavoratori del rame e guidata da quartieri come La Victoria, dove sono state erette barricate e ci sono stati scontri con carabinieri e militari, con un bilancio di diversi morti. Per rappresaglia, venne fatta irruzione in 5.000 case e furono arrestati tutti coloro che avevano più di 14 anni.

I resoconti dell’epoca sottolineano l’importanza delle poblaciones: le proteste si sono ripetute quasi ogni mese nei due anni successivi. La repressione si è fatta sempre più intensa. Durante la quarta protesta dell’11 e 12 agosto 1983, 18.000 uomini armati occuparono le strade della città, agendo con un piano assai preciso che rispecchia una logica di guerra (https://goo.su/A8pnI). Il bilancio della repressione fu di 29 morti, 200 feriti e mille arrestati in soli due giorni.
Le proteste si estesero quasi ininterrottamente fino al mese di luglio del 1986, con manifestazioni, raduni, fogatas[ii] e omaggi ai caduti. Il resoconto di cui sopra sottolinea che, a poco a poco, le organizzazioni giovanili e di quartiere delle poblaciones sono andate assumendo la leadership del movimento. Ma, nello stesso tempo, il movimento acquisiva una chiara sfumatura insurrezionale, e in diverse poblaciones i giovani circolavano armati in pieno giorno, protetti dagli abitanti del quartiere.
Le mobilitazioni delle poblaciones hanno modificato il modo comune di esprimere la della protesta, al punto che il ricercatore Patricio Quiroga sottolinea: “Si manifestava anche senza nessuna convocazione” (https://goo.su/foz0). La repressione ha messo dei limiti alla resistenza, ma la dittatura si è indebolita. Entrambe le cose vennero utilizzate dai partiti di centro-sinistra, che hanno trasformato le Giornate Nazionali di Protesta in manifestazioni elettorali di massa.

È emerso un modello di azione che si ripete ancora oggi, come è accaduto con la rivolta del 2019,[iii] a cui la regione partecipa.
Oggi quelli che stanno in basso vanno al di là della convocazione da parte delle organizzazioni sindacali e sociali. Passano dalla resistenza a forme più attive, arrivando a un confronto quasi insurrezionale attraverso forme di autodifesa (organizzazioni armate negli anni 1980 e prime linee nel 2019). Poi arrivano i partiti e i caudillos, che navigano sul sangue e sul dolore popolare per imporre soluzioni che lasciano tutto come prima.
Recuperiamo la memoria, per non continuare a inciampare negli stessi comportamenti opportunistici.
NOTE
i] N.d.t. – Poblaciones: Quarteri creati a Santiago del Cile alla fine degli anni 1960 dal movimento dei pobladores, senzatetto che occupavano spazi urbani per costruirvi le proprie abitazioni, organizzando consigli di quartiere, centri per le madri e altro.
[ii] N.d.t. – Fuochi all’aperto per cucinare collettivamente.
[iii] N.d.t. – Sulla rivolta del 2019, si veda ad esempio “Protestas en Chile: la histórica marcha de más de un millón de personas que tomó las calles de Santiago” (BBC News)
Fonte: “Medio siglo del golpe en Chile”, in La Jornada, 08/09/2023.
Traduzione a cura di Camminardomandando
purtroppo, il mondo civile(!) ha sopportato ,quando non supportato,Usa, Pinochet e la barbarie dell’esercito. Una vergogna .
Noto con sorpresa che nell’articolo non è citato il ruolo nel colpe di quelle carogne degli USA
Version française
Un demi-siècle après le coup d’État : le Chili, un laboratoire pour ceux d’en haut comme pour ceux d’en bas
https://tlaxcala-int.blogspot.com/2023/09/raul-zibechi-un-demi-siecle-apres-le.html