Con la visita ufficiale in Niger della ministra Trenta, si rafforza l’impegno italiano in un paese decisivo affinché i migranti africani restino ben lontani dalle coste italiane. Non a caso proprio il Niger vanta il record mondiale per gli aiuti pro-capite dell’Unione Europea. L’attenzione strategica italiana era stata inaugurata con il viaggio del ministro Gentiloni al tempo del governo Renzi, che pose le basi anche per la missione dei soldati italiani. Ora la ministra Trenta, nel consegnare l’ottavo pacco-dono in tempi molto ravvicinati, ribadisce gli obiettivi congiunti: la lotta al terrorismo e, soprattutto, la guerra all’immigrazione clandestina, cioè ai migranti che attraversano il deserto prima di finire nei noti campi di detenzione libici. Mauro Armanino, missionario a Niamey, legge questo nuovo passaggio di politica neocoloniale attraverso due fotografie mostrate con evidenza dalla stampa filo-governativa del paese in cui vive diversi anni: quella con Trenta in divisa militare, mentre offre il pacco-dono di materiale sanitario per i suoi soldati al collega nigerino, e quella di rappresentanza, in abiti civili. Sono entrambe truccate, perché celano il ruolo di gendarme “incentivato” nella guerra ai migranti che al Niger viene affidato e le persone comuni che pagheranno il prezzo delle armi che servono alle guerre che i governi europei hanno deciso di combattere lontano dalle nostre coste ma, soprattutto, ogni imbarazzante riflettore
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di Mauro Armanino
Adesso va di moda. Anche in Francia il ministero della difesa è al femminile. L’Italia non è da meno e dopo Roberta Pinotti è il turno di Elisabetta Trenta. Spiace davvero che quel “femminismo” si sia tradotto in termini di pari opportunità militari. Magari, per la salvaguardia della differenza di genere, introdurranno una fascia rosa ai militari e alle armi che dovrebbero aumentare di numero e in qualità con buona pace dell’Italia costituzionale. L’approccio, lui, è in piena continuità coi governi precedenti, da Paolo Gentiloni in poi la musica nel Sahel non cambia. Sfacciatamente militaristi all’estero come in patria, in entrambi i casi, si afferma, per legittima difesa. Così infatti, per stravolgimento colpevole della realtà, colei che presiede alle scelte militari della penisola, ha legittimato l’impegno crescente dell’Italia in Niger. I due Paesi, secondo la Trenta, si confrontano con sfide comuni: il terrorismo e la migrazione clandestina. Appare dunque del tutto giustificato, per la ministra, che l’Italia si coinvolga al fianco di un alleato strategico come il Niger, primo paese al mondo per gli aiuti ricevuti. Tutto questo e altro appaiono evidenti nella foto di famiglia pubblicata dal quotidiano governativo ‘Il Sahel’. Nella foto la ministra si trova, in abito civile, tra il Presidente Mahamadou Issoufou, il direttore delle cerimonie e, naturalmente, l’ambasciatore italiano.
Nello stesso giornale, il giorno prima, la ministra Trenta appare nella foto in tenuta militare, mentre porge un pacco-dono al ministro della difesa del Niger, Kalla Moutari. Si tratta dell’ultimo, per ora, della serie che, come ha ricordato la signora Trenta, ha visto l’Italia offrire ben otto regali al governo del Niger in un tempo relativamente breve. Quest’ultimo, del valore di 167.167 euro, è costituito da materiale medico per le forze armate nigerine. Pacchi e regali in cambio della presenza accettata e financo gradita di militari italiani nel Paese. Due foto per due Italie, copie sbiadite eppure reali dell’attuale Paese, entrambe false. Falsa quella in tenuta militare tra i militari, inutile e oltraggiosa nel contesto di un Sahel che di tutto ha bisogno meno che di armi e militari. Uniformi ridicole e inutili come quelle indossate da uno dei vice primi-ministri della Repubblica italiana. Vigile del fuoco, guardia mascherata, vigile o arlecchino di una politica da strapazzo in un paese che galleggia sulle ceneri della democrazia, eppure portante, della sua Costituzione. Militari col pacco dono che suona come un offesa al buon costume delle tradizioni del Sahel. L’immagine rituale di un sistema che da un lato bastona e dall’altro carezza col mondo umanitario da tempo ostaggio delle politiche espansioniste del neoliberalismo selvaggio.
L’altra foto, come ricordato sopra, è quella di famiglia, con il completo che conviene al palazzo. E’ falsa anche quest’ultima. Non si tratta di una foto di famiglia, perchè Elisabetta Trenta non conosce la famiglia del popolo nigerino. Non sospetta che ciò che ci accumuna non è la lotta al terrorismo o alla migrazione clandestina. Ciò che ci unisce è quanto lei non ha notato perché poco le interessava impararlo. La sabbia è quanto abbiamo in comune noi e lei, arrivata giusto alla fine del mese più corto per non perdere tempo. Non ha visto il dolore che solo la sabbia sa custodire per chi viene con le mani vuote per ricevere e non per fingere di dare. Nella foto di famiglia mancavano i grandi protagonisti del Sahel: gli invisibili che nel silenzio annunciano il parto di un mondo differente. Nella foto non apparivano i bambini, le madri, i contadini e i migranti irregolari che lei è venuta per combattere. Questi e altri sono coloro che alla ministra della difesa non interessava incontrare. Avrebbero potuto scompaginare le cerimonie protocollari di una visita finalizzata a imbrogliare la vita dei poveri. La sua non era una foto di famiglia ma l’inutile ricordo di una visita che la sabbia ha provveduto a seppellire il giorno dopo, senza rimpianto.
Niamey, marzo 2019
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