La città di Trento si preoccupa, ragiona ed è molto attiva sulle forme e la qualità del nutrirsi dei suoi cittadini. Ciò che mancava era però un coordinamento capace di evitare frammentarietà e di creare collegamenti diretti nella filiera della produzione, distribuzione e consumo del cibo. Da qualche tempo c’è un progetto che mira a favorire la partecipazione e a promuovere un consumo più consapevole, a sensibilizzare a una produzione più sostenibile e a ripensare la logistica del cibo, con l’obiettivo di accorciare le distanze tra chi produce e chi mangia e tra città e campagna
Negli ultimi anni il cibo è tornato a essere un tema centrale nel dibattito politico e pubblico. Alcuni scandali alimentari hanno aumentato l’attenzione dei cittadini rispetto alla salubrità di ciò che arriva nei nostri piatti e negli anni si è sviluppata anche una maggiore attenzione e consapevolezza rispetto alle tante criticità legate alla filiera agroalimentare.
Il modo con cui si producono, distribuiscono e consumano gli alimenti ha infatti notevoli conseguenze in termini ambientali: sulla fertilità del suolo, sulla qualità delle acque e dell’aria, sullo stato del clima, in termini di perdita di biodiversità, nonché di impoverimento sul piano della cultura alimentare e del paesaggio.
A questo riguardo sono stati spesso evidenziati tre grandi paradossi che attraversano il consumo, la distribuzione e la produzione del cibo. Si stima infatti che 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile, equivalente a un terzo della produzione globale di alimenti, vengano sprecati ogni anno.
Il secondo paradosso evidenzia come, malgrado l’enorme diffusione della fame e della malnutrizione, una grande percentuale dei raccolti venga utilizzata per la produzione di mangimi e di biocarburanti.
Il terzo paradosso sottolinea come per ogni persona affetta da denutrizione, ve ne sono due obese o sovrappeso.
L’idea del progetto Nutrire Trento nasce nell’ambito di questa discussione con l’obiettivo di facilitare l’individuazione di proposte e possibili soluzioni a questi problemi volte a migliorare la qualità del cibo con cui si nutre la città, un cibo sano e salutare che permetta un’adeguata remunerazione per tutti gli attori della filiera alimentare.
Si tratta di valorizzare e recuperare un’economia locale basata su nuove relazioni fra città e campagna e tra agricoltori e consumatori.
Il progetto ha preso formalmente avvio della collaborazione tra Comune e Università di Trento nell’ambito del protocollo Unicittà nel giugno 2017 ed è stato preceduto da una serie di iniziative di approfondimento che inizialmente hanno coinvolto alcuni soggetti già attivi su questi temi, quali produttori, gruppi e associazioni di cittadini (tra cui i Gas – Gruppi di Acquisto Solidale, Slow Food, il locale biodistretto ecc.), ricercatori e amministratori.
Il primo obiettivo che si è posto il progetto è stata la costituzione di un Tavolo di lavoro nell’ambito del quale affrontare le sfide legate alla sostenibilità dell’agricoltura, nella convinzione che possibili soluzioni possano essere trovate solo con il coinvolgimento e la partecipazione di tutti gli attori del sistema alimentare (produttori, consumatori, commercianti, esperti, associazioni, ecc.).
Il Tavolo di lavoro, ispirato a esperienze che si sono sviluppate negli ultimi anni in molte città sia del nord che del sud del mondo, ha il compito di condividere iniziative e identificare via via gli obiettivi assieme i vari attori del sistema alimentare.
Sin dall’inizio, Nutrire Trento si è posto l’obiettivo di lavorare contemporaneamente su tre livelli d’azione:
- promuovere un consumo più consapevole;
- sensibilizzare a una produzione più sostenibile;
- ripensare la logistica del cibo, con l’obiettivo di accorciare le distanze tra produttore e consumatore, tra città e campagna.
Sebbene siano molte le realtà che si muovono già in queste direzioni, dai gruppi Gas ai mercati a filiera corta, alle cooperative impegnati nella redistribuzione delle eccedenze alimentari.
Come spesso accade, tuttavia, tutte queste iniziative tendevano ad agire singolarmente, con grosse difficoltà, spesso per la semplice mancanza di tempo, di vedersi assieme in uno sforzo comune.
Per facilitare il coordinamento e nello stesso tempo dare visibilità alle tante iniziative già in atto, il Tavolo di lavoro ha proposto una mappa digitale che anzitutto ha avuto l’obiettivo di visualizzare gli attori e i luoghi della filiera corta di Trento: produttori, mercati, negozi, gruppi d’acquisto e orti urbani e sociali.
La città di Trento rappresenta un contesto molto attivo e propositivo: attorno al cibo si svolgono numerose iniziative, ciò che mancava era però un coordinamento capace di evitare frammentarietà e di creare collegamenti.
Si è dunque proposta una “piattaforma comune” a cui si aderisce tramite auto-segnalazione. Unico criterio da rispettare è quello della relazione “diretta” tra consumatori e produttori.
Nel senso che per aderire a Nutrire Trento, ad esempio, un produttore del territorio deve avere un rapporto con i propri acquirenti di tipo diretto, attraverso un Gas, un mercato oppure (più recentemente, a seguito dei cambiamenti avvenuti con l’emergenza COVID) la consegna a domicilio.
Oltre che al sito, negli anni il Tavolo di lavoro si è impegnato nella predisposizione di materiali informativi volti a far conoscere il progetto. Sebbene esista una “facilitazione” da parte di Comune e Università, nulla è stato mai “calato dall’alto”.
Il logo del progetto ad esempio è il risultato di un concorso che ha coinvolto gli studenti. Un importante tappa del progetto è stato anche il convegno “Cibo,territorio e sostenibilità. Nuove strategie alimentari e politiche locali per nutrire le città” che si è svolto il 15 e 16 novembre 2019 che è riuscito a coinvolgere più di duecento persone, attraverso i due giorni di confronto e l’anticipazione del convegno avvenuta qualche giorno prima, l’11 novembre, in un Teatro, dove un noto cuoco trentino ha intrattenuto i cittadini con esercizi culinari volti ad utilizzare, rendendoli gustosi, ciò che spesso viene considerato in cucina uno “scarto”.
Il convegno è stato il risultato di quasi sei mesi di lavoro durante i quali i soggetti del tavolo hanno discusso il formato del convegno e individuato assieme i relatori. Non è stato tralasciato nulla, anche il buffet è stato partecipato, con una cooperativa di catering che ha messo a disposizione piatti, bicchieri e posate che hanno evitato l’utilizzo di plastica e prodotti monouso.
Un ristoratore ha inoltre trasformato ciò che i produttori del tavolo hanno donato in gustosissime pietanze. I dipendenti del comune si sono messi a disposizione per allestire la sala e servire i partecipanti. Fuori dal Comune era inoltre stato spostato il mercato settimanale del contadino. Per segnalare anche spazialmente, l’unità di intenti che anima tutti i soggetti coinvolti in questo percorso.
La pandemia, sebbene ci abbia confinato ognuno nelle proprie case non ha minimamente toccato la volontà di andare avanti in questo percorso. Nel momento in cui, come in tutta Italia, si sono chiusi i mercati locali, il Tavolo ha coordinato diverse iniziative, dal recupero dei prodotti per le mense scolastiche improvvisamente non più fruibili, al coordinamento della vendita e dell’acquisto di prodotti locali attraverso il progetto Nutrire Trento #fase2.
Oggi, peraltro, da quell’esperienza è nata la CSA Naturalmente dal Tentino. Un laboratorio di pratica che si è sviluppato proprio grazie dalla conoscenza diretta tra alcuni produttori e consumatori avvenuta durante il lockdown. Oggi la CSA si sta lentamente ampliando, coinvolgendo un numero crescente di persone (produttori e mangiatori).
Ma perché è importante “scalare” attraverso le istituzioni locali le pratiche del cibo nate spontaneamente nella società?
Dopo tanti anni di studio e di ricerca condotte prima in Lombardia e ora in Trentino, ma con uno sguardo critico che mantengo come studiosa (impegnata), mi sono resa conto che spesso involontariamente i gruppi che propongono un diverso modo di consumare e anche di produrre rischiano di generare mercati “di nicchia”.
La ricerca che come Osservatorio CORES abbiamo condotto in Lombardia nel 2013, per esempio, ci ha fatto molto riflettere sul fatto che i gruppi GAS, per esempio, coinvolgono per la maggior parte cittadini “privilegiati” (dotati di capitale culturale, economico e di temo): di fatto escludendo chi non ha già determinate sensibilità e risorse.
Università e Comune sono due soggetti importanti che potenzialmente hanno la possibilità di rivolgersi a tutti. Un loro impegno nella diffusione di queste pratiche e delle aspirazioni che le muovono è fondamentale.
L’Università ha per esempio la possibilità di proporre ricerche volte a studiare potenzialità e limiti dei sistemi di approvvigionamento alternativi per individuare possibili soluzioni. Il trasferimento di conoscenza sul territorio di esperienze che come ricercatori apprendiamo leggendo articoli scientifici e libri può aiutare le amministrazioni locali nella creazione di politiche locali del cibo.
Oggi esiste peraltro un gruppo di studiosi che da anni dialogano assieme nell’ambito della Rete Italiana Politiche Locali del Cibo, un ambito di confronto peraltro aperto anche a attivisti e amministratori interessati a trovare soluzioni ai paradossi del cibo.
I Comuni, da parte loro, hanno molte possibilità di promuovere azioni concrete per rendere il cibo “buono, pulito e giusto” più alla portata di tutti per esempio valorizzando i piccoli negozi indipendenti, proteggendo e tutelando il suolo agricolo.
Possono inoltre usare adeguati strumenti finanziari che su scala comunale o metropolitana stabiliscano incentivi (ad esempio per ridurre la piaga dell’eccedenza di cibo da esercizi commerciali).
Possono sostenere la produzione e distribuzione locale attraverso la creazione di farmers’ market, comunità di supporto all’agricoltura, food hubs locali fisici e virtuali. Possono al loro interno e all’interno dei servizi che gestiscono (come le mense scolastiche) sostenere gli acquisti “verdi”, di cibo e di altri beni.
È evidente che quando il territorio tutto si mette in rete per perseguire obiettivi comuni, le possibilità di promuovere uno sviluppo realmente sostenibile diventino innumerevoli.
Non c’è nessuna diavoleria tecnologica che da sola può aiutarci davvero a creare un mondo più sostenibile. La vera soluzione va trovata al nostro interno, investendo sulle “tecnologie sociali”, ovvero valorizzando e sostenendo la capacità che gli individui e i gruppi hanno saputo dimostrare nell’individuare soluzioni locali a problemi globali.
Il cibo, essenziale per la vita delle persone e dell’ambiente, può peraltro essere il tema (se non altro per l’interesse che sta generando) che può far fare il primo passo nel ri-immaginare diverse forme di convivenza possibili che migliorino la qualità della vita di ciascuno di noi.
Nessuno vive bene in un ambiente sociale e ambientale deteriorato e impoverito di relazioni tra le persone e tra le persone e il proprio ambiente. Riflettere sul modo con cui ci procuriamo e produciamo il nostro cibo può rappresentare una lente pedagogica fondamentale nell’educazione alla cittadinanza ecologica e ambientale.
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* È professoressa associata presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale (Università di Trento). È autrice di articoli e volumi sui temi della partecipazione dei cittadini e gli stili di vita sostenibili e ha condotto ricerche sul consumo critico e collaborativo. I suoi lavori più recenti riguardano le reti di approvvigionamento alternative e il rapporto tra governance alimentare e territoriale e il coinvolgimento dei cittadini. Su questi temi ha coordinato e diretto un’ampia ricerca sui Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) che ha coinvolto più di 1600 famiglie appartenenti a 204 gruppi attivi in Lombardia ed è ora responsabile del progetto europeo PLATEFORMS sulle pratiche alimentari e la loro relazione con le diverse modalità di approvvigionamento, progetto finalizzato all’individuazione di quei meccanismi che facilitano l’adozione di diete “sostenibili”, ovvero diete a basso impatto ambientale che contribuiscono alla sicurezza alimentare e nutrizionale, ma anche a una vita sana per le generazioni presenti e future.
A Trento è inoltre la responsabile scientifico di Nutrire Trento, progetto promosso dal Comune e Università di Trento per rendere consumo e produzione di cibo più sostenibile, accorciando la filiera e riducendo gli sprechi www.nutriretrento.it
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