Sabato una bella assemblea con più di 200 persone provenienti da tutta Europa pronte a confrontarsi sulle lotte per la difesa dei territori, la giustizia ambientale e la democrazia. Domenica il blocco che ha costretto gli smisurati palazzi che si muovono in mare a rimanere ormeggiati alle banchine del porto per evitare il confronto diretto con la trentina di piccole imbarcazioni corsare decise a far sentire a chi partecipa alle oscene crociere dei villaggi turistici galleggianti la voce della Venezia che non li vuole. Una bella festa di liberazione dai mostri del mare che avvelenano l’aria e l’acqua della laguna

di Riccardo Bottazzo
Alla fine le hanno fermate. Le Grandi Navi se ne sono rimaste ormeggiate alle banchine del porto e hanno evitato di transitare lungo il canale della Giudecca, risparmiandosi così un altro “scontro navale”. Il comitato aveva schierato in acqua una flottiglia di circa una trentina di imbarcazioni tre remi e motore, pronto a dare battaglia corsara. Cosa forse ancora più importante, i dirigenti delle compagnie di crociera hanno preferito risparmiare ai turisti a bordo lo sberleffo del migliaio di cittadini sulle rive delle Zattere, pronti a “salutare” con sfottò vari e gesti poco educati la loro presenza non gradita.
Gli altoparlanti della Msc Musica – 92 mila 409 tonnellate di stazza lorda -, della Norwegian Star – 91 mila e 740 – e delle loro sorelle minori hanno avvisato i passeggeri che potevano ritirare le valige a causa del ritardo accumulato. Solo a sera inoltrata, quando il comitato ha dichiarato conclusa la manifestazione, le Grandi Navi sono potute uscire dal porto e prendere il mare. Per questa volta, i turisti a bordo non hanno potuto godere dello spettacolo della città dei Dogi vista dall’alto. Che poi è uno dei principali motivi per cui pagano il prezzo del biglietto.
“Ci siamo ripresi la città – ha spiegato Tommaso Cacciari -. Hanno avuto vergogna a far vedere cosa pensano i veneziani di questo turismo che mercifica e svilisce tutta Venezia”.
Finale di manifestazione con un attacco “pirata” alla marittima, con le imbarcazioni che si sono avvicinate al molo per gridare “fuori le navi dalla laguna”. Anche per informare i passeggeri del perché del ritardo (mica glielo spiegano gli altoparlanti delle navi che Venezia non li vuole…)
Sul palco, tanta musica con Cisco, i 99 Posse, il divertentissimo — e tutto veneziano! – Coro delle Lamentele e altri.
Tanta voglia di divertirsi e di fare festa, anzi, di fare la festa alle Grandi Navi, anche in fondamenta, dove la pioggia e la giornata da “climate change” (ma chi se lo ricorda un settembre così?) non ha fermato la voglia degli attivisti di lottare per un mondo dove la priorità sia la tutela dell’ambiente e non gli interessi delle finanziarie.
Un mondo tutto da costruire. Passo dopo passo, lotta dopo lotta. Con la consapevolezza, maturata anche in queste giornate di discussione con tanti comitati e associazioni da tutta Europa, che il nemico è uno solo, sia che si chiami Pfas, Muos, Tap, Tav o Stuttgart o qualche altra grande opera, costosa, inutile e devastante.
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Voci dal Sale. Democrazia e giustizia climatica per dare un futuro alle terra
Tante voci, tante narrazioni, tante vicende di lotta e resistenza, quelle che sono riecheggiate ieri pomeriggio negli antichi magazzini del Sale della Serenissima, nella prima delle due giornate dedicate alla Giustizia Climatica, organizzata dal comitato Contro le Grandi Navi di Venezia. Tante voci ma una sola storia comune. Quella di chi difende la democrazia dal capitale, l’ambiente dalla mercificazione, i diritti dal sopruso. In altre parole, di chi difende la vita dalla morte, di chi apre strade perché l’umanità abbia un futuro in questo pianeta e chi le chiude.
Già, perché i cambiamenti climatici sono una realtà che nessuno oramai si ostina a negare. Neppure quei pochi potenti che, niente affatto disinteressatamente, affermano di non crederci. La “benzina” degli uragani che hanno investito i Caraibi e il sud degli Stati Uniti non è altro che l’aumento di vapore acqueo nell’atmosfera dovuta alla presenza sempre più massiccia di sostanze climalteranti.
Quelle sostanze di cui, per il 3% almeno, sono responsabili le Grandi Navi. Una percentuale addirittura rimasta fuori dagli accordi di Parigi perché queste navi solcano mari internazionali. Mari di nessuno, mari da inquinare a piacimento, mari dove non vi sono leggi, secondo la logica del capitale. Mari che sono un patrimonio comune, secondo gli ambientalisti, da difendere e conservare perché le generazioni abbiamo un futuro.
Ed è qui che si gioca la partita che ha in palio il futuro dell’umanità, sotto attacco da una economia che dopo aver divorato in pochi decenni quasi tutte le energie fossili che si erano formate in ere geologiche, pretende di infilare nel tritacarne del consumismo ambiente, diritti e dignità. Proprio in questa ottica – vita contro la morte – gli amici napoletani che si battono contro le discariche nella loro terra, hanno coniato l’efficace termine di Stop Biocidio. Basta uccidere la vita. Perché, in Campania, di discarica si muore. Interi territori sono stati occupati e colonizzati dalle mafie dello smaltimento dei rifiuti tossici. Zone senza legge, dove lo Stato è assente. Dove malavita organizzata, capitalismo e politica corrotta hanno stretto un patto sulla pelle dei cittadini che ricorda per molti versi la situazione in cui sono precipitati tanti Paesi sudamericani. E capita che chi non ce la fa più, fugga all’estero. Proprio come quelle famiglie che, più per disperazione che per umorismo partenopeo, hanno chiesto asilo politico alla Svizzera. Anche l’Italia ha i suoi migranti climatici!
L’uso indiscriminato e senza legge del suolo per il deposito di sostanze tossiche nel napoletano, ha un equivalente nel Veneto. Quando prende voce in assemblea, tocca al collettivo resistenze ambientali raccontare dell’inquinamento da Pfas che ha avvelenato le falde acquifere di un bacino di utenti di circa 800 mila persone. Senza nessun controllo da parte di chi doveva controllare, nonostante le denunce degli ambientalisti e della gente che si ammalava e moriva, l’azienda Miteni di Trissino, specializzata nell’impermeabilizzazione di tessuti, ha avvelenato oltre 200 chilometri quadrati appartenenti a ben 4 province venete; Vicenza in particolare, ma anche Verona, Padova e Rovigo.
Ma sono anche racconti di resistenza, quelli che si sentono nel Sale. Resistenza da parte di politici onesti come i sindaci della Valsusa che raccontano lo scempio che la Tav sta facendo delle loro valli e della loro impotenza a porvi freno, pur essendo i rappresentanti, democraticamente eletti, dei loro concittadini. Resistenza e disobbedienza civile degli oltre 40 mila (quarantamila, avete letto bene!) bretoni che si sono messi di traverso per bloccare la realizzazione di un aeroporto inutile e devastante come quello di Notre Dame des Landes. Nonostante il Governo avesse deciso che non sarebbero stati realizzati più aeroporti in Francia, in quanto il territorio del paese era sufficientemente coperto dalla rete aerea, le multinazionali edili hanno fatto pressione sino a che quello stesso Governo dovette decidere che “prima però bisogna fare l’ultimo”. Prevedendo una reazione dei cittadini, la polizia ha organizzato una grande operazione antisommossa e l’ha chiamata “operazione Cesare”. Brutto nome nella terra di Asterix! Infatti, la contromobilitazione popolare, dedicata infatti, al noto gallo bevitore di pozione magica, ha portato in campo per ben tre volte 40 mila cittadini che hanno impedito la realizzazione dei cantieri. Anche senza bevanda magica!
Tante voci, dicevamo in apertura, ma una unica storia, se, invece del dito che indica, si guarda la luna. Per questo l’assemblea svoltasi ieri al sale è stata importante. Per avere un obiettivo comune, è indispensabile avere anche un linguaggio comune. “Ho sentito tanti racconti oggi – ha sintetizzato in chiusura dell’assemblea Tommaso Cacciari -. Racconti che parlavano delle lotte che si stanno portando avanti in Germania, e mi sembrava che stessero parlando di Venezia, delle battaglie nel Salento, e mi sembrava che stessero parlando di Venezia. E ancora Lisbona, Barcellona, Napoli, la Valsusa, le Marche… e mi sembrava che stessero parlando di Venezia. Perché la battaglia è solo una e racchiude in sé tutte le nostre battaglie per la difesa della democrazia dal basso, dei diritti dei migranti, della tutela della salute e del territorio: quella per la giustizia climatica, quella contro il neo liberismo, per una società più giusta e aperta. La battaglia per dare un futuro all’umanità”.
E alla fine… festa in fondamenta con un banchetto degno di quelli di Asterix! Proprio come si faceva una volta a Venezia, quando non c’erano le Grandi Navi e la laguna apparteneva ai veneziani e non alle Compagnie di Crociera!
Gli articoli di Riccardo Bottazzo escono anche su Eco Magazine e Global Project
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