La dignità, ci ha spiegato con grande lucidità John Holloway, è il rifiuto di accettare l’umiliazione, l’oppressione, la disumanizzazione, è l’unione del grido-contro, della protesta, con il poter fare (il tema della dignità è al centro di questa intervista a Holloway). Sullo stesso tema, a suo modo, ragiona Moni Ovadia nel suo nuovo libro, dal titolo Madre Dignità. «La micidiale deriva ideologica del sedicente liberismo ha fatto carne di porco della dignità della persona», ma in molti e molte oggi, a cominciare dagli zapatisti, gridano «basta!». Anche con il silenzio. Perché la dignità è la madre di giustizia e libertà.
Dignità è reciprocità e simmetria. E’ non piegare strumentalmente l’altro ai propri obiettivi. Nella sua Critica della ragion pratica, Kant segnala una formulazione sintetica dell’imperativo categorico che è il presupposto della dignità: «Considerare sempre l’essere umano, nella sua espressione individuale così come in quella collettiva, un fine e non un mezzo». La dignità fonda l’essenza dell’individuo, come esemplifica la lingua ebraica, nella quale l’attributo etico viene definito «kavod atzmì», cioè «onore verso se stessi». Il che significa anche self respect. Capire i limiti del rispetto di sé. Sia a livello personale che sociale, la dignità sgorga dall’interiorità consapevole dell’uomo, e ne resta una prerogativa non violabile.
Moni Ovadia, artista di teatro e scrittore battagliero, che conduce le sue lotte tramite spettacoli musicali in forma di cabaret, e che firma libri felicemente impavidi nel loro desiderio di parlare di ideali, affronta in una prospettiva fulminante Madre Dignità (è il titolo del suo pamphlet uscito per Einaudi Stile Libero). Stila pagine assolutiste e univoche. Corre veloce dentro il proprio centro. Dignità su tutti i fronti. E’ una condizione della vita che prescinde dall’origine, dalla condizione sociale, dal censo e dall’etnia.
C’è un’irrinunciabile dignità che impregna il nostro sguardo sulla Storia. Moni sa che i diseredati della Terra, gli estraniati dal mercato dei diritti, hanno quell’unico bene da difendere: «La micidiale deriva ideologica del sedicente liberismo ha fatto carne di porco della dignità della persona». Ma la dignità è una norma fortissima anche nel privato. Dignità nei sentimenti e nell’amore. Scambio, parità d’intenti, rispetto dell’anima e del corpo dell’altro. L’alterità antagonistica uomo-donna, sostiene Ovadia nel bel capitolo sulla dignità femminile, è nata da una lettura della narrazione biblica della creazione (la storia della costola di Adamo da cui sarebbe nata Eva) tanto distorta quanto decisa ad affidare al maschio lo scettro del potere. Una strategia che ha relegato la femmina nella sottomissione e nella difformità. Strano sentir raccontare questo con acume e lievità da un uomo. E’ uno snodo scivoloso, osserva l’autore, in cui si cela non solo la radice del machismo, ma anche dell’idea, politicamente ancor più vasta e perversa, che scorge nell’uniformità un valore positivo e nella differenza un disvalore: contrapposizione insita nel meanstream della cultura occidentale.
Esiste pure una dignità dell’aguzzino. Nelle legislazioni più democratiche persino il più efferato criminale, o il genocida mai pentito, ha diritto a un processo equo. La dignità non è negoziabile, non ha prezzo. Riconoscerla al peggiore tra i carnefici è la migliore risposta alla logica dell’odio e dello sterminio, e traccia un solco invalicabile tra la cultura della vita e il dominio della morte. La discussione sembra inesauribile, come lo è, per rilevanza esistenziale, la virtù tanto cara a Moni Ovadia. Si può affermare che la dignità, semplicemente, preceda tutti i diritti delle persone, inclusi giustizia e libertà. Per questo è «Madre».
Il libro
Madre Dignità di Moni Ovadia Einaudi Stile Libero pagg. 120 euro 12
Articolo di Leonetta Bentivoglio pubblicato su la repubblica il 27 dicembre.
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