Stralci di un articolo pubblicato da la repubblica il 30 giugno 2012.
Qualsiasi dibattito sulla rinascita culturale dell’Italia, e in particolare del Sud, deve partire dalle biblioteche e dalla lettura (…) La scuola dovrebbe portare alla maturità quasi tutti i ragazzi e permettere a una quota rilevante di loro di accedere all’università. Cosa accade, invece? Nella classe d’età fra 20 e 24 anni solo il 6 per cento dei giovani è laureato, il 64 è diplomato. Il che significa che il 30 per cento, quasi un giovane italiano su tre, non arriva nemmeno alla maturità, con percentuali molto più alte al Sud. Nessuno ha ancora avanzato proposte concrete per riparare al disastro della scuola italiana, un comparto che nei fatti il governo Monti non sembra intenzionato a trattare diversamente da com’era stato trattato dal governo Berlusconi. Che ruolo possono avere le biblioteche in tutto questo?
Le biblioteche possono essere un’ancora di salvezza, non perché abbiano virtù taumaturgiche ma perché esse sono uno spazio comune, dove anche chi è stato emarginato dalla scuola può scoprire un libro, un giornale, un sito web che ridia speranza o almeno susciti interesse. Le biblioteche sono luoghi di scoperta, di possibilità, a condizione che siano ben concepite e ben gestite, in modo innovativo. Anche in Italia ce ne sono, quasi sempre nel centro nord: grandi biblioteche come Sala Borsa a Bologna (foto) o la San Giorgio a Pistoia, o la Delfini a Modena, biblioteche di quartiere a Torino, Milano, Roma, biblioteche di piccoli comuni come Maiolati Spontini (An), la Memo a Fano, le nuovissime di Meda e Mortara in Lombardia, Pieris in Friuli o il centro culturale di Cinisello Balsamo, di imminente apertura. Negli ultimi anni sono veramente molte la biblioteche che hanno fatto grandi sforzi per rinnovarsi. (…)
La biblioteca deve mostrare la sua indispensabilità come risorsa a disposizione della comunità: per farlo deve essere risorsa “aperta”, non autoreferenziale o gestita nel modo gerarchico e burocratico tipico del settore pubblico italiano, deve essere invece uno spazio flessibile e neutrale, un luogo accogliente, dove domanda e offerta di cultura possano incontrarsi, dove le domande sociali possono trovare le competenze necessarie per realizzarsi. Non esistono altre istituzioni che possano accogliere tutti i ceti sociali, tutte le età, tutte le nazionalità. In questo sta la superiorità della biblioteca civica rispetto ai musei, alle librerie, ai festival, alle scuole: essa è un luogo dove si incontrano italiani e immigrati, studenti e professori, casalinghe e pensionati. Ha una vocazione a ricevere tutti su basi di uguaglianza e a rendersi utile a tutti: è un servizio universale che potrebbe reinventarsi fondendosi con altre istituzioni culturali in fondazioni che siano fuori dalle pastoie del pubblico impiego. Una biblioteca-teatro-cinema- museo-scuola per adulti è ciò di cui abbiamo bisogno, una sorta di “pronto soccorso” culturale. (…)
La biblioteca è un luogo dove affluiscono persone con risorse culturali molto diverse: fare in modo che queste risorse vengano almeno parzialmente condivise stimolando la partecipazione dei cittadini può diventare una forma di welfare di nuovo tipo, un tentativo di auto-organizzazione della società sempre più necessario. Questo Nuovo Welfare si deve porre due obiettivi: uno è l’emergenza, l’aiuto ai cittadini in difficoltà attraverso la messa in comune di risorse culturali e organizzative, l’altro è l’obiettivo di lungo periodo di costruire una cittadinanza informata e competente. Gli amministratori che oggi pensano di tagliare i bilanci delle biblioteche non si rendono conto di stare segando il ramo su cui sono seduti: non ci possono essere consumi culturali per il museo del cinema, per i teatri o i concerti se non c’è un’educazione paziente al godimento di questi prodotti. (…) I consumi culturali hanno bisogno di un ecosistema favorevole, continuamente alimentato da iniziative diverse, da un’offerta ricca e attraente. Possiamo creare dei nuovi fruitori solo se offriamo ai giovani la possibilità di entrare in contatto con un’offerta culturale diversa da quella veicolata dalla televisione o dalle multinazionali della musica. (…)
(L’autrice ha diretto diverse biblioteche e ha scritto alcuni saggi su questo tema. Tra gli altri, «Le piazze del sapere» uscito per Laterza)
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