di Donatella Donati*
Quando insegnavo lettere alle medie, dopo alcuni anni presi un’abitudine che poi mantenni, se ricordo bene, in tutti gli anni successivi. Il primo giorno di scuola proponevo alla classe di formare una piccola biblioteca per noi. Chiedevo che chi voleva (solo chi voleva) portasse alcuni suoi libri da casa, se ne aveva, purché gli/le piacessero e non li considerasse noiosi; qualcuno ne portavo anch’io. Ognuno doveva tenere nota dei libri che portava.
Due volontari facevano la lista per bene precisa e la mettevamo nell’armadietto coi libri. Stabilivamo anche alcune regole nel caso che un libro andasse perduto o venisse sciupato. Non c’era un limite di giorni al prestito, e mi pare che si potesse prendere anche più di un libro, se ce n’erano abbastanza per tutti e tutte.
Non chiedevo riassunti scritti, chiedevo soltanto che ognuno tenesse aggiornata la lista dei libri che leggeva: autore-autrice, titolo e casa editrice.
Ogni mattina, per prima cosa i due volontari (che cambiavano ogni settimana) andavano all’armadietto e chiedevano se qualcuno volesse restituire un libro oppure prenderne uno nuovo. Io osservavo e spesso domandavo se un libro fosse piaciuto, se fosse stato letto tutto, se fosse stato trovato difficile ecc., e anche i ragazzi e le ragazze potevano fare domande e consigliarsi tra loro.
Esigevo che il libro che stavano leggendo lo portassero a scuola ogni giorno, e più o meno ogni giorno dedicavamo del tempo alla lettura libera individuale; queste pause erano anche molto utili ad allentare la tensione derivante dallo sforzo di adeguarsi per più ore di seguito al ritmo collettivo richiesto da altre attività. Inoltre, se qualcuno finiva un lavoro scritto prima di altri, nell’attesa tirava fuori il suo libro spontaneamente e leggeva. Nella lettura ognuno trovava un piacevole spazio di autonomia e di riposo.
Leggevo anch’io. Insomma comunicavo alla classe che la lettura di un romanzo o di qualsiasi altro testo per cui si provi interesse non ha meno valore di altre attività nello studio dell’italiano.Nel piano di lavoro annuale e nel programma finale scrivevo tra le altre attività: lettura come piacere e come strumento per comunicare col mondo.
Questo metodo ha dato ottimi risultati, secondo me: alla fine dell’anno anche chi leggeva meno aveva pur letto sei o sette facili libri, e chi leggeva di più ne aveva letti anche trenta, più o meno impegnativi. Mi fidavo? Sì, mi fidavo.
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* Per molti anni insegnante di lettere in una scuola media pubblica, vive a Pisa dove ha studiato Lettere classiche
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