Le piazze di tanti paesi sono sempre più deserte, per tutti c’è la rete con la sua virtualità svuota relazioni. Le scampagnate di una volta vengono invece sostituite dallo stare seduti al tavolino di un locale. Paesi con una tradizione contadina si ritrovano abbracciati da campi abbandonati, nessun che pensa almeno a concederli in uso gratuito. Di fronte a questo disastro, l’unica “soluzione” dall’alto è la promozione di un turismo di massa, in stile Airbnb, per cercare borghi da visitare…

Da un po’ di tempo i piccoli borghi sono diventati l’attrattiva su cui scommettere. Gli amministratori locali si riempiono la bocca dell’inflazionato concetto di valorizzazione. Solo in rarissimi casi ciò coincide con i buoni propositi. Nella stragrande maggioranza è la tipica visione di chi ha uno scopo economico: la messa a valore appunto; come trarre profitto dalle potenzialità del luogo. Posti aventi una loro peculiarità – geografica, architettonica, di tradizioni, costumi e saperi – hanno visto, in pochissimo tempo, messe a repentaglio quelle caratteristiche patrimonio comune. La brama predatoria del capitalismo arriva dappertutto, con conseguente presa di possesso di territori e risorse, ma soprattutto imponendo un immaginario tendente all’omologazione.
Negli anni Sessanta Pier Paolo Pasolini ci ammoniva sul pericoloso disegno uniformante della società consumistica. Tuttavia, almeno fino agli anni Novanta, pur nell’intrecciarsi di istanze diverse, il locale resisteva, coabitando forzatamente con quel tipo di società, e con esso antichi mestieri, piccole attività, rapporti di prossimità. Successivamente la globalizzazione liberista ha sconvolto settori e comparti produttivi, impattando sulle piccole economie, le tipologie di lavoro e gli stili di vita.
Fra le tante caratteristiche dei piccoli comuni vi erano quelle legate alle produzioni locali, le botteghe, l’artigianato, conoscenze che si tramandavano tra le generazioni. Il settore primario, l’agricoltura e l’allevamento, sono sinonimo di qualità li dove ancora vengono svolte rispettando la natura. Anche se diventa sempre più difficile viverci, sottoposti come sono alla sleale concorrenza delle produzioni industriali, degli interessi della grande distribuzione e poi dell’immissione sul mercato di organismi brevettati e legalizzati da normative internazionali favorevoli alle multinazionali ma dannosi per la salute umana. Le recenti manifestazioni di protesta in Europa hanno scoperchiato il vaso di Pandora di un sistema basato su Trattati e legislazioni contraddittorie.
Uno dei paradossi è costituito dal fatto che, paesi aventi una tradizione agricola, vedono campi abbandonati, che magari le istituzioni locali potrebbero concedere in uso gratuito, agevolando la cooperazione e la vendita al dettaglio, cercando di utilizzare anche fondi comunitari. Cosi, tra fenomeni climatici impattanti, la scelta della monocoltura o la decisione di affidarli a qualche impresa per l’impianto di pale eoliche selvagge, ecco che rimane davvero poco di quella vocazione originaria.
La mancanza di lavoro, il taglio di servizi essenziali – la chiusura di stazioni ferroviarie, una viabilità e un trasporto pubblico insufficiente, la cessazione di uffici postali e sportelli bancari, l’accorpamento delle scuole – uniti alla cronica mancanza di spazi dediti alla socialità – l’associazionismo, gli eventi culturali, lo svago – sono tra i fattori di un ritorno al passato.
Sono iniziate le migrazioni forzate dalle zone interne e dal Sud verso il Nord e l’estero, per un altrove diversamente mercificato, ma economicamente più sicuro per i fortunati che hanno trovato un lavoro stabile.
Lo spopolamento delle relative aree, la desertificazione sociale dei territori, in termini di opportunità e relazioni, sono diventati il tratto più evidente.
Come risposta tanto la politica nazionale quanto quella locale non sono andati oltre i soliti slogan adatti ai vacanzieri. L’accento è stato posto sul turismo, un settore che se può far guadagnare le strutture ricettive e il mondo della ristorazione, dimentica che spesso quegli stessi territori abbisognano di infrastrutture e servizi. Semmai la villeggiatura mordi e fuggi, in perfetto stile Airbnb, è un modo come un altro per depredarli. La ricerca di nuovi borghi da visitare, le iniziative (le innumerevoli e discutibili sagre, i ponti sospesi, le luminarie…) hanno dato vita alla tendenza del turismo di massa modaiolo. E se i visitatori cercano di conoscere la cultura del posto a volte hanno a che fare con operatori brandizzati.
Gli stessi autoctoni, da tempo hanno preferito abbandonare il lavori tradizionali, per dedicarsi al lavoro salariato (ora scarso anche quello). Inseguire modelli comportamentali tipici di chi vive in città gli illude di essere al passo (e non subirli?) con i tempi (l’aperitivo, mangiare esotico etc.), di fatto allontanandoli dai sapori locali.
Nella desolazione delle aree marginali, soprattutto le zone interne e di montagna, dove bambini e giovani scarseggiano, imitare i forestieri o prendere ad esempio i personaggi dello star system (i tatuaggi, il ricorso alla chirurgia plastica come idealtipi) diventa consolatorio. I siti vicini non vengono frequentati, le piazze sono deserte e le scampagnate di una volta vengono sostituite dallo stare seduti al tavolino di un locale e magari fare selfies. E poi ci sono sempre i centri commerciali come meta di pellegrinaggio. L’altro aspetto della gentrificazione.
Cosa resta di caratteristico di questi luoghi? La tecnologia ha praticamente reso simili le abitudini di chi vive in posti lontanissimi. Tutti attaccati alla rete immersi in una virtualità come surrogato del reale che si viva in una metropoli qualsiasi o nel più sperduto dei paesi. Il comune, inteso come ente di prossimità è diventato un’astrazione, posto privo di comunità, dove i residenti, salvo rare e consapevoli eccezioni, sono automi che si incontrano e discutono di vicende accadute altrove.
I non luoghi di un presente sempre più distopico, che dopo aver sottratto piazze e parchi, cementificato il verde ha abbruttito il vissuto.
Ora rimane da colonizzare il residuo delle menti già particolarmente scosse da condizionamenti e mancanza di alternative.
Questo articolo è dedicato a Marco Calabria
Concordo, e il sempre maggior disinteresse per la cura delle aree verdi cittadine, spazi di ritrovo e di gioco per i bimbi, lo dimostra. I luoghi di aggregazione e di svago , cittadini o extracittadini, stanno sparendo
È proprio così , e il sempre maggior disinteresse per la cura delle aree verdi cittadine, spazi di ritrovo e di gioco per i bimbi, lo dimostra. I luoghi di aggregazione e di svago , cittadini o extracittadini, stanno sparendo
Sarebbe bello invece che giovani famiglie tornassero a questi luoghi x ritrovare il vero senso della vita: relazioni profonde, lavoro in comune, cibo genuino autoprodotto, scuole parentali. Le loro vite non sarebbero nemmeno così lontane dal mondo perché la tecnologia, usata bene, li terrebbe informati. I giovani che decidessero questo viaggio a ritroso, sono sicura che sarebbero anche ricchi di cultura e spiritualità. La loro sarebbe una scelta, è questo che li distinguerebbe da chi subiva il destino d essere nati li.
Veramente bello