Non c’è niente fare: ministri e governi passano, ma puntuale rispunta il determinismo presuntuoso che ci illude di governare potenza ed energia sul pianeta senza darci pena di come esse possano essere dissipate senza procurare guasti ai cicli naturali. Quanto più densa è la fonte energetica, tanto più lungo e duraturo sarà il suo tempo di smaltimento in atmosfera, negli oceani e nei suoli, fino ad effetti distruttivi in caso di incidente o di eccessivi accumuli. Natura e universo, invece, hanno una loro autonomia, regole che ricorrono alla dialettica e alla probabilità e non sono dominabili da un genere umano che si senta da essi disconnesso
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Cingolani Ministro durerà magari solo giorni: più sfortunatamente per noi anche per mesi, ma il nucleare, purtroppo, è per sempre, basta dire la verità. Purtroppo, l’educazione scolastica e l’informazione scientifica abitualmente non si responsabilizzano ad illustrare l’incompatibilità tra il vivente ed impieghi troppo densi di energia come nel caso dei fossili e del nucleare.
Per rappresentare in modo seppur grezzo e con qualche approssimazione l’ordine di grandezza con cui le tecnologie energetiche possono interferire con la riproduzione della vita, basti dire che, per ottenere pari energia, la fusione di un grammo tra isotopi di idrogeno equivarrebbe alla fissione di 8-10 grammi di uranio, ovvero a portare a combustione 5000 tonnellate di carbone o bruciare in centrale 6300 metri cubi di gas, o, ancora, con processi ben più controllabili e non distruttivi, a far cadere da un dislivello di 1000 metri 1/3 di tutta l’acqua del lago d’Iseo.
Un simile confronto rappresenta in modo “drammatico” l’impatto assai differente di fonti di energia che si sono formate in processi lontanissimi nel tempo e che vengono recuperate all’istante attuale con tecniche estreme (fusione, fissione, combustione), che sprigionano effetti con ordini di grandezza di parecchio multipli rispetto alle forze naturali con cui conviviamo sul pianeta, (acqua vento, luce e calore del sole). Quanto più densa è la fonte energetica, tanto più lungo e duraturo sarà il suo tempo di smaltimento in atmosfera, negli oceani e nei suoli, fino ad effetti distruttivi distruzione in caso di incidente o di eccessivi accumuli.
Ragionando di energia non in astratto, ma del suo rapporto con l’ambiente è più facile rendersi conto di come un determinismo presuntuoso possa illuderci di governare potenza ed energia sul pianeta senza darci pena di come esse possano essere dissipate senza procurare guasti ai cicli naturali. Lo studio delle scienze in Occidente è stato per secoli orientato entro una finalità di espansione a dismisura del mondo artificiale: un cumulo di protesi, di manufatti e di scarti in continua crescita, che ostacolava la cura del vivente e della natura, mentre il mercato non perdeva occasione per assegnare perfino a quest’ultimi – la natura organica e amica – un valore di scambio.
E’ la nuova scienza dal Novecento che si rende conto che la realtà non è quella che appare e che “dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande” Natura ed Universo hanno una loro autonomia, regole che ricorrono alla dialettica e alla probabilità e non sono dominabili da un genere umano che si senta da essi disconnesso.
Io ho avuto in sorte di intuire – dalle contraddizioni dell’esperienza sindacale, dall’incontro con i protagonisti della primavera ecologica degli anni ‘70 e dalla pacata e straziante determinazione degli allarmi della Laudato Si’ e dell’IPCC -quanto l’illusione di un’espansione illimitata della “potenza” umana sia incompatibile con la continuità della sua stessa storia sulla Terra.
Credo che siamo ad un punto nodale e che non sarà facile accettare consapevolmente una svolta in una politica economica globale e nazionale che non mantiene in simbiosi giustizia sociale e climatica.
Forse Cingolani non è passato attraverso sufficienti esperienze partecipative o di crisi del modo di produzione per valorizzare momenti di dialettica e confronto e, quindi, si permette di esibire una cultura manageriale che risulta sviante di fronte ad emergenze epocali che la popolazione tocca con mano, senza che le sia data voce.
Mentre Germania e Spagna su Next Generation procedono con linearità, il nostro Paese manifesta ritardi sui tempi, confusione sulle tecnologie energetiche da abbandonare, carenza di politiche industriali da avviare subito, anche solo per non dover usare le risorse eccezionali del PNRR per importare impianti solari eolici o di stoccaggio o componenti elettrici prodotti all’estero. C’è in atto una forte e vasta reazione alle notizie di inserimento nella tassonomia europea di gas e nucleare e la delusione che ne viene – ben rappresentata dalle denunce del blablabla – percepisce fin troppo come la speculazione finanziaria e errori clamorosi di politica industriale potrebbero accelerare sulla china più drammatica dal dopoguerra ad oggi.
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E’ questione che non riguarda solole classi dirigenti, perché il sentimento di rimozione del pericolo reale viene rimossa in vario grado da tutte le componenti politiche e sociali e delle professioni. Si può ben dire che il lavoro umano sul Pianeta ha raggiunto una capacità trasformativa delle risorse naturali rigenerabili, assolutamente insostenibile nel giro di un massimo di decine di anni, con orari individuali assurdi, precarietà illimitata e salario differito e welfare praticamente inconsistenti per più della metà degli occupati. L’impronta ecologica degli abitanti dei paesi industrializzati non travalica la metà di un anno solare.
L’orario di lavoro e lo spostamento dell’attività umana verso la cura e l’istruzione permanente è quindi indifferibile: un marchio necessario al progresso di civiltà rispetto cui le organizzazioni sindacali non possono rimanere in attesa.
Le politiche energetiche continuano a fissare le loro aspettative sui fossili che vanno lasciati sottoterra e la cui reiterazione è solo remunerata dalla speculazione finanziaria e dall’attività militare cui prestano un sostegno indispensabile in tempi di guerra. I bilanci territoriali di emissioni e scarti delle attività di produzione e consumo sono largamente debordanti e antieconomici, se non fossero sostenuti da sussidi impropri e dalla non applicazione delle tasse sulle emissioni di climalteranti. Eppure il “Governo dei migliori” non ha cambiato marcia e si affanna alla roulette dei posti da mantenere anche dopo il “cataclisma presidenziale”.
La riconversione ecologica integrale richiederebbe il ridisegno e la riprogettazione radicale di tutti i componenti oggi impiegati come protesi di amplificazione di potenza, velocità e approvvigionamento alimentare degli umani – non tutti. Il “lentius, profundius, suavius” di Langer – che nessuno ha mai confuso con il populismo – deve alfine cominciare da pratiche nei territori e, principalmente, organizzando occasioni interdisciplinari di educazione permanente, che contribuiscano ad aggiornare l’organizzazione degli studi in ogni ordine di scuola e raggiungano le comunità con corsi di formazione popolare.
Ma come potrebbe questa “svolta” necessaria, cosciente e partecipata viaggiare sulle improvvisazioni di un Ministro e sul reimpiego del gas fossile e del nucleare?
Avete visto che fine hanno fatto i poveri No-Vax in Italia ?
Il regime italiano li ha derubati-rapinati-arrestati-denunciati -pestati a sangue -multati -messi al confino -licenziati -Messi alla Gogna ed infine obbligati a vaccinarsi devono anche accettare di essere pure Multati dopo aver fatto la Vaccinazione .
Quei 100 euro di multa ad un EX – No-Vax disoccupato e di 400 euro ad un EX-No-Vax che lavora è una specie di punizione per non aver eseguito l”ordine di vaccinarsi nel 2021 .
Solamente gli italiani ex No-Vax raccomandati o furbi non la pagheranno.
Anche voi italiani No-Centrali Nucleari potreste fare la fine dei NO-Vax !
Occhio !