Dopo Gaza, il mondo è diverso. La contraddizione destra-sinistra sta evaporando per essere sostituta da quella che oppone il Nord e il Sud globali, un conflitto nato anni fa. Prevale la politica del male minore che si concentra sul breve termine, senza misurare le conseguenze a lungo termine, a cominciare dalla perdita della volontà di cambiamento. Scrive Raúl Zibechi: “In tempi difficili ed estremi come quelli in cui viviamo dobbiamo mettere in discussione le strutture mentali che abbiamo coltivato per decenni; essere in grado di pensare contro le nostre tradizioni di persone di sinistra, mettere in discussione tutto e non solo quello che fanno e dicono quelli dall’altra parte… In breve, ciò che separa la destra e la sinistra sono fondamentalmente i discorsi. Sappiamo che entrambe le correnti tendono a sviluppare politiche diverse in alcuni aspetti: adeguamenti percentuali dei salari e delle pensioni, più o meno rigore con i migranti, più o meno machismo – ma senza mettere in discussione il patriarcato, che implicherebbe lo scioglimento degli eserciti, come sostiene María Galindo – e altre cose non secondarie. Né il più grande aumento salariale immaginabile, né una legislazione più severa contro stupratori e molestatori, né la legalizzazione di tutti i migranti sono in grado di toccare il nocciolo del sistema. Oggi quel nocciolo è la guerra e non capirlo significa entrare in una possibilità che è quella che sta permettendo il massacro e lo sterminio dei palestinesi e degli yemeniti, nonché delle popolazioni indigene dell’America Latina”
Mentre la situazione internazionale si fa più tesa e si avvicinano momenti di rischio nucleare, le mezze misure e la politica del “male minore” mostrano seri limiti e, quel che è peggio, possono portare alla perdita di orizzonti trasformativi proprio quando sono più necessari che mai.
Le sinistre europea e statunitense sono cadute in quella trappola che le porta a scegliere Joe Biden (ora Kamala Harris) per impedire la vittoria di Donald Trump. La sinistra francese ha fatto qualcosa di simile in passato, sostenendo Emmanuel Macron per bloccare la strada a Marine Le Pen. Gran parte della sua politica ruota attorno al blocco dell’estrema destra, ma per farlo si stringono alleanze che accelerano la deriva della sinistra verso il centro, cioè verso il nulla.
Il Nuovo Fronte Popolare francese è stato tessuto attraverso un’alleanza con socialisti e verdi, le cui politiche sono profondamente neoliberiste, si piegano agli Stati Uniti e si schierano dalla parte della guerra in Ucraina. Nello scenario post-elettorale, i principali beneficiari sono stati Macron e i socialisti, mentre a perdere è la Francia non sottomessa, rimasta intrappolata nell’alleanza di fatto tra i due “centri”, che sono cresciuti con la narrazione contro l’estrema destra.
I media che più intensamente promuovono politiche contro l’estrema destra sono The New York Times, The Guardian e El País, tra molti altri, ma allo stesso tempo sostengono l’escalation contro il popolo palestinese e chiedono di intensificare le guerre in corso.
L’estrema destra si è rivelata uno spaventapasseri nelle mani della destra neoliberista (nella quale includo i cosiddetti socialisti) per legittimare il modello neoliberista estrattivista. Vogliono convincerci che esiste un’enorme differenza, ad esempio, tra Biden/Harris e Trump, o tra democratici e repubblicani. Con questo non intendo insinuare la minima indulgenza verso quei politici estremisti e quelle politiche apertamente razziste e xenofobe. Tuttavia, in realtà ci sono pochissime differenze tra la destra e l’estrema destra, ma ci sono anche molte somiglianze con le socialdemocrazie. Nelle questioni centrali, diciamo negli affari di stato, prevalgono i punti comuni: sono ferocemente anti-indipendentisti nello Stato spagnolo, bellicosi a livello internazionale e difendono con le unghie e con i denti il modello di accumulazione per esproprio che sta ampliando il caos climatico in tutto il pianeta.
Dopo Gaza il mondo è un posto diverso. Uno dei cambiamenti principali è che la vecchia contraddizione destra-sinistra sta evaporando e su scala planetaria sta emergendo un nuovo confronto che tende a diventare il principale: quello che oppone il Nord e il Sud del mondo. Questo conflitto non è nuovo, è iniziato almeno durante il processo di decolonizzazione negli anni Cinquanta e Sessanta, si è rafforzato con il Movimento dei Non Allineati e la Conferenza di Bandung nel 1955. Le guerre in Ucraina, a Gaza e nel Medio Oriente stanno cambiando il panorama mondiale. Il fatto che la maggioranza del Sud del mondo non abbia sostenuto le sanzioni contro la Russia promosse dagli Stati Uniti e sostenga la Palestina è un sintomo importante di questo profondo cambiamento.
Nella misura in cui il governo democratico degli Stati Uniti si rifiuta di negoziare la pace in Ucraina e dà carta bianca a Netanyahu per continuare a fare la guerra a Gaza, in Cisgiordania e ora anche nello Yemen, non è possibile continuare a pensare che ci siano differenze di fondo tra sinistra e destra, tranne che nelle dichiarazioni.
Sono consapevole che molte persone rifiutano questo punto di vista e potrebbero anche arrabbiarsi. Ma in tempi difficili ed estremi come quelli in cui viviamo (insisto sul fatto che l’opzione nucleare è molto vicina), dobbiamo mettere in discussione le strutture mentali che abbiamo coltivato per decenni; essere in grado di pensare contro la nostra tradizione di persone di sinistra, mettere in discussione tutto e non solo quello che fa e dice l’altra parte. Prendiamo il dibattito sul cambiamento climatico. La destra lo nega e non è disposta a fare nulla per fermarlo, anzi sostiene il consumo massiccio di idrocarburi. I progressisti parlano molto di clima, promuovono eventi come le annuali Conferenze sui cambiamenti climatici (COP), ma in realtà non cambia nulla perché rifiutano di trasformare il sistema di produzione e consumo, lasciando eventuali cambiamenti nelle mani del mercato. In breve, ciò che separa la destra dalla sinistra sono fondamentalmente i discorsi. Sappiamo che entrambe le correnti tendono a sviluppare politiche diverse per alcuni aspetti: adeguamenti percentuali dei salari e delle pensioni, più o meno rigore con i migranti, più o meno machismo (ma senza mettere in discussione il patriarcato, che implicherebbe lo scioglimento degli eserciti, come sostiene María Galindo) e altre cose non secondarie. Né il più grande aumento salariale immaginabile, né una legislazione più severa contro stupratori e molestatori, né la legalizzazione di tutti i migranti sarebbe in grado di toccare il nocciolo del sistema. Oggi quel nocciolo è la guerra e non capirlo significa entrare in una possibilità che è quella che sta permettendo il massacro e lo sterminio dei palestinesi e degli yemeniti, nonché delle popolazioni indigene dell’America Latina.
La politica del “male minore” si concentra sul breve termine, senza misurare le conseguenze a lungo termine. La conseguenza principale è la perdita degli orizzonti strategici, della volontà di cambiamento, che implica necessariamente l’acquisizione di una resilienza sufficiente a sfidare lo stato delle cose nuotando controcorrente. Lo “stato di eccezione” non era forse la regola per gli oppressi, come diceva Walter Benjamin? Col passare del tempo, ha prevalso la convenienza: “Niente ha corrotto la classe operaia tedesca più dell’idea di seguire la corrente”. In quel nuoto confortevole, «la classe disimparava sia l’odio che la capacità di sacrificio», affermava nella XII tesi sulla storia.
È evidente che non siamo all’altezza del compito.
Pubblicato anche su naiz. Traduzione per Comune di Leonora Marzullo.
Raúl Zibechi ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
Anna Maria Riviello dice
Sono d accordo che anche la sinistra debba fare un esame più serio e coerente. Per esempio il tema della guerra deve essere al centro non tanto e non solo per schierarsi contro i massacri a Gaza o contro Putin in Ucraina. Prendere sul serio la ricerca della pace significa mettersi contro la follia che ha preso la mano ai capi di queste nazioni. Nulla si risolverà con la guerra aumenterà l ‘odio che acceca e prepara il suicidio dell umanità
Pasquale Faraco dice
Mi chiedevo infatti come fosse possibile che da nessun partito o movimento di sx arrivasse invito a manifestare e/o scioperare per la pace… questo articolo me lo chiarisce: inconsciamente tutte e tutti stiamo difendendo il nostro presunto benessere di “uccidentali”. Senza contare il feticcio della delega. Ma: cosa si può fare concretamente? Quali azioni si possono mettere in campo? Azioni di disobbedienza civile?