In attesa di nuove categorie da condannare all’ostracismo, no vax, filoputiniani e pro Hamas sono i demoni dei nostri ultimi anni cui dare la caccia. E sono sempre pronte nuove emergenze, reali e percepite, che diventano l’occasione per imporre misure drastiche al fine di disciplinare, controllare e sorvegliare chi protesta. Che fine ha fatto la democrazia come libera espressione del pensiero e normale esercizio del dissenso? Tutte le istituzioni liberali fanno un passo indietro, arroccando pericolosamente verso inedite forme autoritarie. Accade in Francia come in Sudamerica, nel nord dell’Europa come in Germania. Ed è accaduto perfino nella politica interna di Israele, dove oggi si dice che il genocidio dei Palestinesi è “la guerra del mondo libero”. In Italia il caso delle discussioni sulle riforme concernenti l’elezione diretta del capo del governo, il cui intento è quello di stravolgere la sia pur imperfetta, ma consolidata forma democratica fondata sulla rigida separazione dei poteri, ci si allinea prontamente. Se però c’è un aspetto in cui tutti i governi del mondo si comportano in maniera simile, segnala Giuseppe Giannini, quello è l’ utilizzo, in chiave di sorveglianza, della tecnologia

Tra i diversi eventi globalmente impattanti verificatesi negli ultimi decenni,ve ne sono alcuni recenti – la pandemia da covid, il conflitto in Ucraina e quello nei territori occupati palestinesi – che in particolare stanno ridisegnando gli equilibri e la storia dei singoli Paesi. C’è chi tira in ballo il nuovo ordine mondiale o chissà quale oscura trama da parte di chi ha in mano le sorti mondiali, fatto sta che questi accadimenti, provocati o conseguenti a scelte geopolitiche, stanno facendo emergere delle novità da non sottovalutare.
Le democrazie occidentali da diversi secoli si presentano come le depositarie del diritto. Esse impongono le regole della convivenza, attraverso norme aventi efficacia generale, e si contraddistinguono nel mettere al centro l’individualismo, la competizione senza se e senza ma, esportando con la forza tale modello per mezzo delle politiche imperialistiche, a loro modo continuazione sotto altre vesti delle colonizzazioni precedenti. Questo modo di agire, oltre a provocare diseguaglianze crescenti, le cui conseguenze economiche e sociali sono evidenti, ha fatto emergere dei fenomeni nuovi, ad esempio il terrorismo islamico. Quest’ultimo, salvo rare eccezioni, era prima circoscritto a determinate aree, mentre si è poi globalizzato come conseguenza di una radicalizzazione di uno scontro di civiltà, che fanatici del potere e della supremazia, tanto occidentale quanto religiosa, hanno creato ad uso e consumo della narrazione. Quindi oggi Hamas è l’epifenomeno di quell’intensificazione di una lotta, che usando come pretesto la barbarie (ma può mai uno Stato porsi sullo stesso piano di un’organizzazione terroristica?) vuole imprimere un’accelerata pericolosa alla separazione tra mondi e culture diverse, generalizzando senza distinguo (i palestinesi come gli arabi accomunati al fondamentalismo) tra noi e loro.
Sembra di essere tornati indietro a l’11 settembre del 2001, momento cruciale nella ridefinizione degli eventi storici a seguire. Infatti, sentiamo gli stessi discorsi di allora sull’islam, sottacendo il fatto che il maggior numero dei decessi causati dal terrorismo di questi fanatici sono proprio gli arabi, le popolazioni civili, che in Iraq, Afghanistan, Asia ed Africa rimangono vittime del terrore. Solo che queste vittime non interessano all’Occidente, almeno fino a quando non decidono di inventarsi una guerra umanitaria, il cui scopo non è mai la liberazione degli oppressi, ma il tentativo non sempre riuscito (vedi la ventennale guerra afghana) di sostituirsi ai poteri locali, oltre all’immancabile accaparramento delle risorse. Ritornando a quella famosa data, che ha oscurato l’altro e più doloroso 11 settembre del 1973 in Cile, è proprio da allora che in nome della guerra al terrore sono state ampliate le norme securitarie. Con nuovi poteri attribuiti a governi e forze di polizia, andando alla caccia di pseudo terroristi, abbiamo assistito alla violazione dei confini nazionali e alla tortura legittimata dagli Stati Uniti. Abu Graib e Guantanamo ne sono la testimonianza più evidente. Durante tutti questi anni, se qualcuno si è permesso di denunciare gli abusi e le vittime collaterali della guerra al terrore oggi ne sta pagando le conseguenze. Uno su tutti Julian Assange.
Il racconto occidentale vuole categorizzare senza distinguo. Cosi chi vuol far valere le ragioni palestinesi è amico dei terroristi. D’altronde questa strategia l’abbiamo conosciuta già con il covid e il conflitto ucraino. Infatti, quale è stato il trattamento riservato a coloro, che al di fuori dell’onnipresente ed uniformante bombardamento mediatico osavano sollevare criticità sulla gestione pandemica? Stato di emergenza, discriminazioni, green pass, e restrizioni infondate sono stati gli strumenti per mezzo dei quali i governi calcando la mano hanno messo a punto nuove forme di controllo sociale. E quelli che reclamavano la pace, evidenziando al contempo gli errori della Nato e le “ambiguità” del governo ucraino? In carcere non ci stanno solo gli oppositori di Putin, basta vedere il trattamento riservato ai disertori o ai partiti della minoranza ucraini. Siccome qui c’è in gioco qualcosa di grosso tutti i media, anche coloro che prima criticavano pesantemente l’attore prestato alla politica, hanno deciso di cambiare idea e schierarsi apertamente col giullare.
In attesa di nuove categorie da ostracizzare, no vax, filoputiniani e pro Hamas sono i demoni cui dare la caccia.
Che fine ha fatto la democrazia come libera espressione del pensiero e normale esercizio del dissenso?
Ecco allora come le nuove emergenze, reali e percepite, diventano l’occasione per imporre misure drastiche al fine di disciplinare, controllare e sorvegliare chi protesta.
Tutte le istituzioni liberali fanno un passo indietro, arroccando pericolosamente verso inedite forme autoritarie. È il caso delle discussioni sulle riforme concernenti l’elezione diretta, il cui intento è quello di stravolgere la sia pur imperfetta, ma consolidata forma democratica fondata sulla rigida separazione dei poteri. Un’altra manifestazione di un potere che non ascolta è quello che riguarda le misure antisociali e impopolari come in Francia, che nemmeno mesi di proteste e milioni di manifestanti riescono a bloccare. E tutto ciò avviene nel cd. Occidente democratico.
Un malcontento che si è largamente diffuso anche in Israele, almeno fino a settembre.
Qui un governo di estrema destra, corrotto ed autoritario, ha cercato non solo di inasprire le misure persecutorie verso i colonizzati e sottomessi palestinesi, agevolando gli insediamenti e continuando con le misure razziste, le detenzioni arbitrarie e le uccisioni. In questa follia mondiale di approfittare delle contingenze per mettere mano ai poteri, anche quello israeliano non è venuto meno. Netanyahu vuole cercare di imbavagliare i media, mettendoli sotto controllo dell’esecutivo, e riformare la giustizia aumentando il numero dei rappresentanti eletti a scapito dei giudici, diminuendo le prerogative della Corte Suprema che non avrebbe più il potere di controllare la legalità dei provvedimenti. Milioni di persone, tra cui tanti membri dell’esercito sono scesi in piazza paventando il pericolo di una dittatura. La risposta è stato un attacco frontale agli oppositori, e la sospensione della riforma, ma il rischio è che le attuali vicende possano rinvigorire l’orgoglio nazionale e dare carte bianca al regime.
Ma se c’è un aspetto in cui tutti i governi del Mondo si comportano in maniera simile ed è dato dall’ utilizzo, in chiave di sorveglianza, della tecnologia.
Malgrado l’enfasi suscitata da media e scienziati, tendente a magnificare i prodigi dell’intelligenza artificiale, le cui applicazioni avranno sicuramente degli effetti positivi in diversi settori, ciò che preoccupa è il suo impatto quasi normalizzato nella vita delle persone. Macchine che svolgono attività prima riservate agli umani – da quelle semplici manuali fino alle creative, come la scrittura di libri per il tramite di ChatGpt – e che rendono difficile distinguire la paternità dell’opera.E che produrrano la scomparsa di milioni di posti di lavoro. Già da un pò di tempo le nostre esistenze sono state rimodellate secondo i dettami della tecnica. Esistenze virtuali per il mezzo dei dispositivi hanno sostituito le relazioni di una volta. E con esse le abitudini, i riti. Gli ambienti che ci circondano non ci interessano se non per l’utilizzo che ne facciamo al pari dei nostri interlocutori: istantanee per la pubblicità del nostro avatar. E allora il rischio è non solo quello di un’offerta costante di opportunità (irreali) in grado di sostituire il vissuto, ma anche quello di un processo che se portato all’esasperazione, possa divenire fattore di tracciamento costante e quindi, in definitva, sorveglianza.
I governi ci controllano, le aziende ci monitorano e la nostre esperienze sono sugli schermi visibili a tutti gratis.
Questa tracciabilità mina la privacy, e con essa mette a repentaglio la libera circolazione delle idee. Le nostre opinioni sono cancellate da fact-checkers quando mettono in discussione la propaganda.
È quindi assodato che la tecnologia non è neutrale. L’utilizzo che ne viene fatto rappresenta uno sviluppo ulteriore di quell’accrescimento di ricchezza economica in grado di dar luogo a diversi poteri totalitari, rappresentati dalle cd. Big tech (Google, Amazon, Meta ecc.), che invece di facilitarci la vita, la stanno distruggendo. Recentemente il tentativo di porre vincoli ha visto partorire vari strumenti legislativi. Uno di questi è il Digital Service Act, con il fine di regolamentare eccessi ed abusi. Vedremo.
madonna quante coglionate in articolo solo
Il dr. Giannini, con rara lucidità, specie di questi tempi, pone quesiti che inducono alla riflessione sulle nefandezze che questa società tecnologica “liquida”
offre quotidianamente ai beoti senza cultura, né valori etici e morali.Poveri noi! Amen.
E leggiti anche quante verità in un articolo solo che nessuno ha il coraggio di dire tutte insieme.
https://proletaricomunisti.blogspot.com/2023/11/pc-12-novembre-no-al-premierato-della.html