Mentre la crisi precipita su migliaia di persone che non possono permettersi una vacanza, c’è una notizia che non trova molto spazio sui grandi media e quando lo trova non è previsto alcun approfondimento su cause, conseguenze e possibili alternative. La notizia? Sono gli incredibili utili registrati da Unicredit, tra tassi rialzati dalla Bce, utili da dividere e tanta pelosa retorica sui mutui
Qualche giorno fa su SkyTg24 è andato in onda un servizio tra la notizia e il gioco delle tre carte. Si è parlato infatti con giusta enfasi, ma cattiva sintesi e assenti conclusioni, dei risultati straordinari – sopra le stesse aspettative del management – registrati dal colosso bancario Unicredit che ha appena presentato i dati di questo primo semestre. “Unicredit da record, miglior primo semestre di sempre” è stato il lancio: sono risultati senza precedenti, con l’utile in crescita del 92% rispetto all’anno scorso a quota 4,4 miliardi di euro, di cui più della metà in questo solo secondo trimestre. Il servizio tv prosegue con l’immagine luminosa e stagliante dell’imponente Palazzo Unicredit di Piazza Gae Aulenti e in filigrana si può nitidamente leggere: qui è ancora, più che mai, “la Milano da bere”. La notizia ricorda anche che per la banca è una corsa che non si arresta, del resto è il decimo trimestre di crescita.
Una delle ragioni di questo successo, dice la voce fuori campo, è il rialzo dei tassi di interesse della BCE (la prima carta). Le stime dei risultati per l’anno in corso dicono che il 2023 si chiuderà con profitti netti per oltre 7 miliardi. Erano 5,2 quelli dello scorso anno. Per il Wall Street Journal è una “macchina da profitti”.
Gli azionisti si vedranno pagare un dividendo più succulento delle attese: il totale si sa già ora essere pari o superiore a 6 miliardi e mezzo, anziché i 5,75 miliardi stimati in precedenza (la seconda carta).
L’ulteriore informazione in chiusura del servizio di Skytg24 riguarda le dichiarazioni dell’AD Andrea Orcel, giunto al timone del Colosso bancario nel gennaio 2021 dopo esperienze ventennali tra Merrill Lynch e Ubs, uomo da uno stipendio ritoccato a 10 milioni dai 7,5 dell’anno precedente.
L’AD dice che “la squadra si sta comportando in modo eccellente”. La notizia si chiude con queste parole dell’AD: “Le banche devono fare la loro parte per aiutare le famiglie in difficoltà. Noi già dall’estate dell’anno scorso abbiamo iniziato a proporre delle soluzioni, prima a un target selezionato di clienti, poi in modo più generalizzato: dallo slittamento delle rate nel tempo alla ristrutturazione dei mutui. Ormai fa parte del nostro modus operandi quotidiano” (la terza carta).
Sipario.
Dal servizio sono rimaste fuori le conclusioni di tutte queste dichiarazioni e di questi numeri, alimentando, implicitamente o meno, il gioco delle tre carte.
La prima carta è l’aumento dei tassi della BCE. Il 27 luglio c’è stato l’ennesimo, il 9°, rialzo, così siamo al 4,25%, raggiungendo i massimi del 2008. Rialzi fatti per contenere la crescita dell’inflazione arrivata anche a doppia cifra, e a giugno attestata al 6,7% in Italia e 5,5 in Eurozona. I dati diffusi e altrettanto esplosi delle grandi aziende, come quelli degli utili di Unicredit, ci portano a registrare che non sono né i consumi né gli stipendi dei lavoratori che han generato inflazione, perché l’economia reale e delle famiglie non gira per niente. E abbiamo visto che è grazie anche all’aumento dei tassi che Unicredit e altre grandi banche hanno visto gonfiarsi utili e vantaggi.
La seconda carta è quella che si volta se ci si pone la domanda: questi aumenti cosa comportano e chi li paga realmente? E non di meno dove si potrebbero andar a prendere risorse a livello nazionale e internazionale? Tutto questo il servizio di SkyTg24 non l’ha detto. Quando si parla, come fa la Bce, di utilizzare i tassi per frenare le aziende che fanno utili e sono avide, allora ci si chiede perché si colpiscono con la ghigliottina dei tassi, in primis, famiglie e piccole imprese che sono esposte con le banche, e che non han macinato utili e non possono nemmeno distribuirli? Perché è lapalissiano che chi ha fatto utili elevati ha meno bisogno di chiedere soldi in prestito per andare avanti. Usa i suoi. Magari proprio quelli da dividendi e speculazione fatta grazie agli aumenti dei tassi. L’aumento dei tassi su spese permanenti e ricorrenti, come mutui, prestiti, fidi, aggiunti alle indifferibili spese di cibo, scuola, trasporti, tasse, energia, sono tutte voci che erodono serenità per il proprio futuro e ti ammazzano prima di sistemare l’inflazione che gli aumenti vorrebbero contenere. Va però ricordato che gli aumenti sui prodotti, sugli alimenti per fare un esempio che ci sono stati finora non è che si cancellano e si tolgono anche se l’inflazione va a zero. Quelli restano e si continuano a pagare.
Un dato della BCE conferma che nel secondo trimestre 2023 la domanda di prestiti delle imprese è calata al livello più basso dal 2003: gli investimenti e il lavoro, evidentemente languono, non c’è inflazione con espansione ma è piena crisi diffusa.
Nascono alcune domande.
Perché non mettere, a livello nazionale e non solo, una tassa sugli extraprofitti a chi i profitti li fa, non ultimi quelli del digitale e delle banche? Perché la tassa sulle transazioni finanziarie internazionali è da un decennio che si promette ma è chiusa a chiave? Perché la tassazione è più sul lavoro che che sulla finanza? Perché non vedere, senza uscire dall’Italia, che solo le prime cinque banche han registrato un utile netto aggregato di circa tre volte (!) superiore rispetto al primo trimestre dello scorso anno? Perché la riforma fiscale, non golose flat-tax per ricchi ma la detrazione di tutte le spese e una vera lotta all’evasione non fanno parte di un programma di governo? Perché la patrimoniale su redditi e patrimoni sopra i 5 milioni è vista come satana da troppi? Perché la riduzione drastica delle spese militari – oggi di 28 miliardi, 70 milioni euro al giorno – non è una rivendicazione dei partiti? Perché l’idea di una sanità pubblica, efficiente e gratuita spaventa le persone sbagliate? Perché una politica sulla casa popolare e sociale, locale e nazionale è l’ultima delle rivendicazioni e delle opzioni di tutti i governi?
La terza carta è proprio sulla retorica dei mutui citata. L’allungamento della durata dei mutui, la rinegoziazione/ristrutturazione della rata del mutuo che significa ridurla allungando il tempo di rimborso e aumentando di fatto l’indebitamento delle famiglie per importi e durata, sono di fatto un Robin Hood a rovescio. Quella quantità di utili che da anni e anni e ancora anni infiniti stanno facendo le banche e le grandi aziende, il capitale e la speculazione finanziaria, deve essere presa e utilizzata, per condivisione o a forza di legge e di esproprio, per abbattere subito la povertà, per investimenti pubblici a favore dei nuclei familiari, per contenere i rischi di fallimento delle piccole e medie imprese, delle famiglie con i mutui per la prima casa e pochissimo risparmio, altro che allungare il debito. Tanto più che i governi hanno pure regalato e garantito a caso, anche ai più furbi e ricchi, risorse pubbliche, crediti d’imposta, garanzie, bonus Covid, ripartenze a fondo perduto.
Quella storiella del plusvalore resta vera. È lavoro non pagato. Non è una cosa complicata capire e affrontare il problema, basta guardare proprio i numeri delle banche. E quando la presidente della Bce Christine Lagarde o gli Orcel della finanza ci dicono in parole diverse ma uguali “vogliamo portare a termine il lavoro”, ecco forse è bene stare in guardia e augurarci un altro 14 luglio, non 2013, ma 1789.
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