La discussione su chi trarrà vantaggio dall’attacco a Trump nasconde le bugie volgari di chi sostiene che per la violenza non c’è posto negli Stati uniti, quando ogni giorno ci sono una o due sparatorie con almeno 4 morti o feriti e il paese scommette da anni sulla violenza delle guerre e dei genocidi. Ma soprattutto nasconde il fatto che gli Usa sono una nazione in rovina e per questo motivo molto pericolosa. Sono l’unico tra i paesi ricchi nel quale l’aspettativa di vita è andata diminuendo negli ultimi anni: il calo, ricorda Raúl Zibechi, colpisce in primis la popolazione tra i 45 e i 54 anni, ex operai dell’industria, affetti da alcolismo, suicidio e dipendenza da oppiacei – e la produzione industriale è in costante riduzione. In questo scenario, il mix di violenza, individualismo e armi non annuncia nulla di buono per i più poveri statunitensi e per il mondo
Il proiettile è passato ad appena un centimetro dal bersaglio, quindi trattandosi di un colpo a distanza dobbiamo escludere ogni possibilità che si sia trattato di un auto-attentato. Si deve anche considerare di poter “essere scettici”, come sottolinea Asia Times, dal momento che l’FBI si è occupata di eliminare il ventenne che ha sparato e sarà responsabile delle indagini. Tutto nelle mani del Deep State, lo Stato profondo che governa nell’ombra gli Stati Uniti.
Il tempo dirà se l’attacco contro Donald Trump è un balzo nel declino imperiale o solo un tragico aneddoto. “Non c’è posto per questo tipo di violenza negli Stati Uniti”, ha sbottato Joe Biden, mentre il New York Times si è permesso di commentare in un editoriale: “L’attacco a Donald Trump è antitetico agli Stati Uniti”. Bugie volgari: ogni anno si contano più di 500 sparatorie con almeno quattro morti o feriti, senza contare chi spara. Al 2 luglio di quest’anno sono già 261 (Axios, 02/07/2024). Nel 2014 ce ne sono state 272 e nel 2021 ci sono state 689 sparatorie di massa. Il numero di morti per violenza ha registrato un aumento simile.
Non è interessante speculare su chi trarrà vantaggio dall’attacco, cosa quasi impossibile con le informazioni disponibili, ma piuttosto vederlo come l’emergere di una nazione in rovina, caotica e, per questo motivo, molto più pericolosa. Il dato principale è la decomposizione della società. A maggio, durante una visita di quattro settimane negli Stati Uniti, ho potuto constatare questa crisi nelle strade di New York e Los Angeles, dove centinaia di migliaia di persone vivono per strada e i servizi pubblici, come la metropolitana, mostrano innegabili segni di deterioramento delle infrastrutture. Per non parlare del numero di persone, soprattutto nere, con disagi mentali, che vagano senza meta o urlano al vuoto.
I dati non mentono. Gli Stati Uniti sono l’unico “paese sviluppato” nel quale l’aspettativa di vita è andata diminuendo negli ultimi anni. Nel 2014 erano 78,8 anni. Nel 2020 è scesa a 77,3 e nel 2021 a 76,3 anni. Al contrario in Germania 80,9, nel Regno Unito 80,7, in Francia 82,3 e in Giappone 84,5 anni. Il calo colpisce soprattutto la popolazione tra i 45 ei 54 anni, ex operai dell’industria, colpiti da alcolismo, suicidio e dipendenza da oppiacei.
Secondo Emmanuel Todd la mortalità infantile è un dato cruciale perché presagisce il futuro immediato. Nel 2020 negli Usa era 5,4 ogni mille nati vivi, in Russia 4,4, nel Regno Unito 3,6, in Francia 3,5, in Germania 3,1 e in Giappone 1,8. La cosa più curiosa è che l’aumento della mortalità va di pari passo con un’enorme spesa sanitaria: il 18,8% del Pil negli Stati Uniti contro il 12% in Francia e cifre simili in Germania e Francia. La conclusione è che ci sono “atti di alcuni gruppi superiori che stanno devastando una parte della popolazione”, come dimostra lo scandalo degli oppioidi. Negli Stati Uniti, le grandi aziende farmaceutiche sostenute da medici senza scrupoli “hanno messo a disposizione dei pazienti con disturbi emotivi, per ragioni economiche e sociali, antidolorifici pericolosi e che creano dipendenza, che molto spesso portano direttamente alla morte, all’alcolismo o al suicidio” (The Defeat of the West, p. 195).
I dati sopra riportati evidenziano la decomposizione della società statunitense, perché “per comprendere la politica estera di un paese è necessario analizzare in profondità la sua evoluzione interna” (p. 189).
C’è molto di più. La crescita dell’obesità è allarmante. Nel decennio 1990-2000 il 30% della popolazione soffriva di obesità. Nel 2020 ha raggiunto il 42%.
I dati economici sono altrettanto devastanti. Nel 1928 la produzione industriale statunitense rappresentava il 45% di quella mondiale e nel 2019 solo il 17%. Nel 2018, la Cina ha prodotto il 25% dei macchinari mondiali rispetto solo al 6,6% degli Stati Uniti, superati da Italia, Germania e Giappone.
Si potrebbero aggiungere una quantità infinita di dati sull’istruzione, sulla formazione degli ingegneri e anche sull’industria militare, che è passata da 3 milioni di lavoratori a solo un milione, producendo aerei difettosi e eccessivamente costosi. Un F22 Raptor costruito dalla Lockheed Martin con un prezzo di oltre 300 milioni di dollari ha un costo di volo orario di quasi 90mila dollari. E si tratta solo di un piccolo esempio del disastro industriale, forse causato dagli scandali e dai ripetuti incidenti della Boeing.
Tutto fa pensare a un impero che si sta disintegrando come conseguenza di una società in decomposizione, che non ha più altri valori se non l’individualismo e che, sostiene Todd, scommette sulla violenza, come testimoniato dal genocidio di Gaza. Un Paese che, a causa del suo disastro interno, soffre di “squilibri di tale portata da diventare una minaccia per la stabilità del mondo” (p. 27).
Da questa decomposizione emergono persone come Trump, proprio come la decomposizione della società argentina genera presidenti come Milei. L’impotenza di Washington e del Pentagono è estremamente pericolosa (anche per noi latinoamericani). Di fronte a Trump c’è Biden, l’ottuagenario con problemi cognitivi che crede di governare il mondo, come ha detto giorni fa.
Il direttore di Asia Times, David Goldman, statunitense e banchiere d’investimento (per niente sospettato di anticapitalismo), sostiene che la senilità di Biden è uno specchio in cui devono guardarsi le società ricche e occidentali. “Dante non avrebbe potuto inventarsi un abitante dell’inferno che meglio rappresentasse la senescenza dell’Occidente” (Asia Times, 13/07/2024).
L’attacco contro Trump è tutt’altro che sorprendente, è il risultato di una società che nella sua violenta autodistruzione rischia di trascinare al suolo l’umanità.
Pubblicato su Desinformemonos.org. Traduzione di Leonora Marzullo per Comune.
Raúl Zibechi ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura.
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Filippo Ferrara dice
Un articolo che mette seriamente in allarme per la situazione espressa e l’ evoluzione che può avere . L’ immagine di una profonda crisi.