Impossibile in queste giornate resistere al sole e al mare: il viaggio tre le botteghe del commercio equo di Roma fa duque tappa alla Tenda dei Popoli di Ostia (via Polinesia 10). Di seguito, la nostra conversazione con Tiberio, in coda i link alle precedenti interviste. Per comunicare invece direttamente con la Tenda dei Popoli ecco i riferimenti utili: tel. e fax 06 5685482, www.latendadeipopoli.it,
Entriamo nella vostra bottega per conoscere una vostra giornata tipo…
La bottega è una realtà eclettica: si vendono prodotti, ci si informa sui progetti, si fa informazione sulle problematiche del Sud del mondo. Arrivano clienti intenti ad acquisti consapevoli, persone preoccupate per la loro salute alla ricerca di prodotti biologici, studenti con insegnanti per percorsi formativi e tanto altro. La bottega è il punto di incontro per volontari, Gruppi di acquisto solidale, clienti, curiosi ed amici. Tutto questo è la nostra bottega ed è questo quello che facciamo tutti i giorni.
Come vivete il rapporto sostenibilità economica e dimensione politico sociale della vostra esperienza?
Ritengo sia un errore mettere in contrasto i due argomenti perché la sostenibilità economica è uno dei mezzi indispensabili per proseguire in un lavoro importante e incisivo sia sul territorio sia, su una scala più ampia, sul sistema economico globale. È lapalissiano che la sostenibilità economica debba restare tale e non trasformarsi in un fine, per non cadere nella necessità di accumulo di capitale. Nella nostra esperienza, la Tenda dei Popoli cerca di aprirsi a tutte le esperienze di economia alternativa, come il Gruppi di acquisto solidale «Gas di Ostia» e alcune onlus del Municipio XIII attive nell’ambito della cooperazione internazionale. Tutto questo per essere concretamente il fermento di una rete che abbia come scopo più alto un mondo migliore, da poter raggiungere anche attraverso una difficile sostenibilità economica, caratterizzata da scelte lontane dal concetto distorto ma diffuso di tutto e subito.
Cosa significa per voi la relazione con il territorio e che tipo di territorio è quello nel quale operate?
Essere legati al territorio è fondamentale sia perché uno scopo base del commercio equo e solidale è fare sensibilizzazione sulle problematiche nate dallo squilibrio Nord-Sud del mondo, sia perché è altrettanto importante far penetrare i concetti di economia sostenibile e giusta nella nostra cultura e nelle nostre consuetudini. Non avrebbe senso pensare a un’economia migliore solo in un’area del mondo; nell’inevitabile ottica globale problematiche, innovazioni, disastri e vantaggi sono comuni a tutti.
Il Municipio XIII e soprattutto l’area del litorale romano è molto particolare perché vede coesistere più aspetti contrastanti. La nostra bottega del mondo si trova al centro di un bacino d’utenza enorme rispetto a molte altre, penso a città come Treviso che in un’area meno popolosa di questa periferia ha numerosi punti vendita. Nel nostro territorio, i cittadini sono circondati, anche in periodo di crisi economica, da grandi centri commerciali, non luoghi freddi ed alienanti, che calamitano l’attenzione di moltissimi. Tuttavia, gli ostiensi esprimono, tramite il fervore di mille piccole associazioni, un aspetto d’attenzione al sociale molto importante. In questo contesto c’è una gestione del territorio sempre più orientata a iniziative volte a creare una fragile facciata di polo turistico di alto livello, dietro alla quale resta una sostanza di periferia abbandonata: latitano finanziamenti dedicati alla cultura, all’ambiente o all’economia locale mentre la criminalità, spesso organizzata, prende sempre più le redini. Infine, c’è la tendenza, nella politica ma anche nel pensare comune, di considerare Ostia un’altra città, qualcosa di lontano da Roma, salvo ricordarsi per tre mesi all’anno che, almeno il lungomare, è parte di Roma come un qualsiasi altro quartiere.
Cambia il vostro lavoro con l’arrivo dell’estate visto che siete in una località di mare?
Paradossalmente, nonostante ci troviamo in una località turistica, non essendo la nostra bottega sul lungomare, nel periodo estivo assistiamo a una contrazione del fatturato. Ostia per tre mesi all’anno tende a vivere soprattutto sul lungomare, anche perché gode di un turismo di pendolari del mare che dagli altri quartieri di Roma arrivano direttamente in spiaggia per poi tornare a casa. Quando possibile, cerchiamo di partecipare ad iniziative promosse dagli stabilimenti balneari, che ci portano una maggiore visibilità. Ne è buon testimone l’esperienza relativa alla collaborazione con il Social Beach dell’ultima estate: anche in questo contesto ovviamente cerchiamo di preferire la collaborazione con altre onlus o più in generale con realtà dedite al sociale.
Quali progetti portate avanti nella bottega?
La nostra bottega oltre ai progetti sostenuti dal Consorzio Ctm altromercato di cui siamo soci, si è aperta ad iniziative promosse dal territorio diventando il punto di riferimento per Gas, gruppi che lavorano sulla cooperazione internazionale, realtà del biologico a chilometro zero e così via. Dal 2005 seguiamo anche un progetto di cooperazione in Ghana creato direttamente da alcuni volontari della nostra bottega. The Mesh, si occupa dello sviluppo nel settore tessile e promuove viaggi di turismo sostenibile per entrare in contatto con le comunità coinvolte. Infine sosteniamo l’organizzazione di matrimoni o la ristorazione solidale, tramite catering direttamente gestiti oppure realizzati insieme a ristoranti e pub, per diffondere il commercio equo e solidale come vero stile di vita.
Qual è il vostro punto di vista a proposito sulla diffusione del commercio equo nella grande distribuzione?
Partiamo dal concetto generale che se tutto il commercio fosse equo e solidale sarebbe concretamente un mondo migliore. Chiediamo a un contadino qualsiasi del sud del mondo se gli va bene che il suo prodotto possa raggiungere milioni di persone, ed il progetto grazie al quale fa vivere la sua famiglia e la sua comunità possa prosperare. Dobbiamo però tenere presente la differenza che c’è nella natura di un supermercato e in quella di una bottega del mondo. Un supermercato non potrà mai fare cultura, non potrà mai fare informazione, né fare rete e quindi essere fermento per una società migliore: è proprio questo che deve spingerci a sostenere tutte le botteghe. Il difficile ma possibile compito delle centrali di importazione è far coesistere i due canali salvaguardandone i caratteri fondanti.
Più in generale come valutate lo stato di salute del movimento del commercio equo?
Il commercio equo a livello nazionale sta affrontando la crisi economica con molte meno ripercussioni di quanto non accada per altri settori e le motivazioni sono molteplici. Una causa di questo è che una fetta di popolazione si sta orientando verso consumi più oculati non in un’ottica di mero risparmio a breve termine ma in quella a più ampio respiro che comprende il concetto di sostenibilità globale. Concorrono, ovviamente, in modo molto forte anche le strategie economiche che hanno portato ad accordi importanti con la grande distribuzione e con altre realtà con mercati importanti. Però, limitandoci all’Italia, dobbiamo rilevare un aspetto molto importante, relativo al dislivello esistente tra i vari territori. A fronte di un nord Italia molto popolato di botteghe ben avviate e caratterizzato anche da eventi e fiere a tema, troviamo un centro-sud estremamente depresso e con scarsi sostegni da parte delle istituzioni locali. Roma risulta essere un’eccezione dovuta all’alto numero di realtà equo-solidali, che in ogni caso non hanno un livello di salute come in altre città del nord.
Quello romano è un territorio adatto al lavoro in rete tra realtà sociali, enti e popolazione, ma ci sono numerosi problemi che indoliscono questo percorso. Un esempio molto forte è l’andamento la Città dell’altra economia, nella quale era nata una bottega del mondo in qualche modo compartecipata. Vari fattori, a cominciare dagli interessi dei componenti istituzionali e altri problemi hanno eufemisticamente ostacolato una sana crescita di questa esperienza. Le botteghe socie del consorzio Altromercato, come la nostra, e anche tutte le altre avrebbero la possibilità di fare fronte comune per dare una sola voce forte al commercio equo e potrebbero così incidere sulle scelte della stessa capitale. Ma al momento gli obiettivi di queste cooperative e associazioni soffrono di vari limiti, a cominciare dall’affanno dei più piccoli, a volte un po’ isolati, passando per la difficoltà dei legami con le istituzioni. Comunque pensiamo che questa debba essere e sarà la nuova direzione e confidiamo che il percorso sia affrontato sempre in modo più efficiente
Quali relazioni avete con le altre economie nella città?
La nostra bottega si è aperta a realtà di varia natura ma tutte impegnate sui temi dell’altra economia: vogliamo infatti essere un riferimento per tutti i gruppi che portano avanti progetti importanti, che meritano più spazio di quello offerto dalla città. Questa apertura rimane totale anche verso le realtà di altri municipi, ma questo è per forza di cose un percorso più lungo, al quale però non vogliamo rinunciare.
Le precedenti interviste alle botteghe di Roma:
Il Fiore (di Ladispoli)
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