Mentre il Pd annega nell’astensione al referendum, ecco riassunti in dieci punti le principali ragioni per smettere di bucare terra e mare. Quella del 17 aprile si sta trasformando in una lotta dal basso, questa è una buona notizia
di Maria Rita D’Orsegna*
In questi giorni un sacco di gente scrive cose a casaccio sul referendum. Il Sole 24Ore, Jacopo Gilberti, Alberto Clò, Pierluigi Vecchia, e altre persone mai sentite prima. Sono in questa petrol-trincea da quasi dieci anni. Non ci guadagno niente (a differenza dei petrolieri) a fare questa sorta di crociata, non ho “preconcetti ideologici”. Un sacco di gente viene qui o ad attaccare o a ricopiare. Hanno pure cercato di far chiudere il mio blog. Ma non fa niente, continuo, anche se stanca. Voglio solo che l’Italia non diventi un enorme campo di petrolio, ma sia più bella e più sana. Tutto qui. Potrei andarmene al mare a Santa Monica, e invece sono qui perché è importante. E spero che tutti possano fare del proprio meglio per incoraggiare il Sì il giorno 17 aprile 2016. I “professori” ci dicono che trivellare l’Italia serve per soddisfare il nostro fabbisogno nazionale, per lo sviluppo economico, per l’occupazione, e che tutto sarà fatto in modo “sostenibile”. Questo è quello che dicono loro. Invece, io l’ho girata tutta l’Italia petrolizzanda e petrolizzata ed è lampante, ai miei occhi almeno, che l’idea di “aggiustare” il paese facendo buchi a destra e a manca non è la soluzione. Ecco perche’:
1. Paesaggio e turismo
L’Italia è un paese densamente abitato, con un paesaggio invidiabile, variegato, fatto di colline, di mare, di boschi, di posti unici. Dove le mettiamo queste trivelle? Ovunque ti giri c’è comunità, c’è vita, c’è potenziale di bellezza, non deserto. Come si può pensare di trivellare a pochi chilometri da Venezia o da Pantelleria? Petrolizzare un territorio significa imbruttirlo, avvelenarlo, annientando quasi tutto quello che già sul territorio esiste o potrebbe esistere. E significa farlo sul lungo termine. Chi comprerà una casa con vista pozzo? Quale turista vorrà venire in Italia a vedere il mare o le colline bucherellate dalle trivelle o a respirare aria di raffineria? Fra l’altro la tutela del paesaggio è uno dei punti fondamentali della nostra Costituzione.
2. Petrolio scadente
Il petrolio presente in Italia – in generale – è scadente, in qualità e in quantità, ed è difficile da estrarre perché posto in profondità. È saturo di impurità sulfuree che vanno eliminate il più vicino possibile ai punti estrattivi. Non abbiamo nel sottosuolo il petrolio dei film texani, quanto invece una sorta di melma, maleodorante, densa e corrosiva che necessita di vari trattamenti prima di arrivare ad un prodotto finale.
3. Infrastrutture invasive e rifiuti
Questo fa sì che ci sia bisogno di infrastrutture ad hoc: pozzi, centrali di desolforazione, oleodotti, strade, porti petroliferi, industrializzazione di aree che sono al momento quasi tutte agricole, boschive, turistiche. Non dimentichiamo gli abbondanti materiali di scarto prodotti dalle trivellazioni – tossici, difficili e costosi da smaltire – con tutti i business più o meno legali che ci girano attorno. E non dimentichiamo il mare, dove la ricerca di petrolio può causare spiaggiamenti di cetacei, e dove è prassi ordinaria in tutto il mondo lo scarico in acqua di rifiuti petroliferi secondo il principio “occhio non vede, cuore non duole”.
4. Inquinamento aria
Sia dai pozzi che dalle centrali di desolforazione vengono emesse sostanze nocive e dannose all’agricoltura, alle persone, agli animali. Fra questi, l’idrogeno solforato (H2S), nitrati (NOx), i composti organici volatili (Voc), gli idrocarburi policiclici aromatici (Pah), nanopolveri pericolose. Alcune di queste sostanze sono provatamente cancerogene e causano danni al Dna ed ai feti. Possono anche causare piogge acide, compromettere la qualità del raccolto e la salute del bestiame. Chi eseguirà i monitoraggi, chi controllerà lo stato di salute delle persone? È giusto far correre questi rischi ai residenti, dato che gli effetti nefasti del petrolio sulla salute umana sono noti, e da tanto tempo, nella letteratura medico-scientifica?
5. Inquinamento acqua
Nonostante le cementificazioni dei pozzi e l’utilizzo di materiale isolante negli oleodotti, tali strutture con il passare degli anni presentano cedimenti strutturali, anche lievi, dovuti al logorio, alle pressioni, allo stress meccanico. L’elevata estensione degli oleodotti, e la profondità dei pozzi, rende difficile individuare queste fessure, che possono restare aperte a lungo, inquinando l’acqua del sottosuolo e danneggiando gli ecosistemi con elevati costi di ripristino.
6. Idrogeologia e sismicità
L’Italia è a rischio sismico, con già tanti problemi di stabilità idrogeologica, di subsidenza, a cui si aggiungono in molti casi l’abusivismo e la malaedilizia. In alcuni rari casi (ma ne basta uno solo!) le ispezioni sismiche, le trivellazioni, la re-iniezione sotterranea di materiale di scarto ad alta pressione possono alterare gli equilibri sotterranei, checché ne dica qualcuno dei “tuttapostisti” accademici italiani. Come non conosciamo perfettamente la distribuzione delle falde acquifere, così non conosciamo perfettamente neanche quella delle faglie sismiche. Stuzzicare i delicati equilibri geologici può innescare terremoti, anche di magnitudine elevata. È già successo in Russia, in California, in Colorado.
7. Incidenti
Anche prendendo tutte le precauzioni possibili, i pozzi possono sempre avere malfunzionamenti. In Italia abbiamo avuto già esempi di scoppi o incidenti gravi con emissioni incontrollate di idrocarburi per vari giorni senza che nessuno sapesse cosa fare: nelle risaie vicino a Trecate, nei mari attorno alla piattaforma Paguro, nei campi di Policoro. Per risanare Trecate non è bastato un decennio. Non per niente in California c’è una fascia protettiva anti-trivelle di 160 chilometri da riva, e non per niente è dal 1969 che non si buca più il mare.
8. Speculatori
Molte delle ditte che intendono trivellare l’Italia sono minori, straniere, con piccoli capitali sociali. Spesso annunciano di volere fare il salto di qualità con il petrolio d’Italia perché – e lo dicono candidamente ai loro investitori – da noi le leggi sono meno severe, è facile avere i permessi, le spese di ingresso sul territorio sono basse. Saranno, queste micro ditte irlandesi, australiane, statunitensi e canadesi, capaci di gestire i controlli ambientali a regola d’arte? Ed in caso di incidenti, con i loro esigui capitali sociali, avranno le risorse per affrontare operazioni di pronto intervento, risanamento ambientale e risarcimento danni?
9. Minimi benefici
Il petrolio d’Italia non farà arricchire gli Italiani, non porterà lavoro, e tanto meno risolverà i problemi del bilancio energetico nazionale. Le royalties d’Italia sono basse, e la maggior parte di questo petrolio verrà estratto da ditte straniere, libere di vendere il greggio su mercati internazionali. È pura speculazione, niente più.
10. Basilicata
Ed anche se tutto fosse fatto a opera d’arte, il vero conto va fatto su tutto quello che il petrolio distruggerà, sui rischi che ci farà correre, a fronte dei suoi presunti vantaggi. In Italia abbiamo già una regione che è stata immolata al petrolio e di cui il resto d’Italia sa poco. È la Basilicata, che fornisce a questa nazione circa il 7 per cento del suo fabbisogno nazionale. Tutti i problemi elencati sopra sono realtà in Basilicata: sorgenti e laghi con acqua destinate al consumo umano inquinate da idrocarburi, declino dell’agricoltura, del turismo, petrolio finanche nel miele, aumento di malattie, mancanza di lavoro, smaltimento illegale di materiali tossici, anche nei campi agricoli. E cosa ha guadagnato la Basilicata da tutto ciò? Un dato per tutti: secondo l’Istat, la Basilicata è la regione più povera d’Italia. Era la più povera prima che arrivassero i petrolieri con le loro vuote promesse di ricchezza, lo è ancora oggi.
Invece che fare buchi, e voler succhiare petrolio fino allo stremo, non sarebbe meglio coprire tutti i tetti d’Italia con un pannello fotovoltaico?
* Fisica e docente all’Università statale della California, cura diversi blog (come questo, poco amato dalla compagnie petrolifere). Maria Rita ha autorizzato con piacere Comune a pubblicare i suoi articoli.
DA LEGGERE
IL PETROLIO RESTI SOTTOTERRA ALEX ZANOTELLI
REFERENDUM, OBIEZIONI RESPINTE ALESSIO DI FLORIO
LA RAGIONI DEL SÌ. VIDEO MARCO TROTTA
IL REFERENDUM CHE SPAVENTA L’ENI MARIA RITA D’ORSOGNA
IL TEMPO DEL PETROLIO DEVE SCADERE MONICA PEPE
Francesco Marzolo dice
Buongiorno. Leggo volentieri questo articolo. Speravo di trovarci informazioni. Sto cercando di farmi una idea. Ho letto molto,e tutte le cose che leggo mi portano per la strada opposta alla sua. Ma sono uno che coltiva i dubbi,e spesa che ci sia nel mondo una persona in grado di chiarire perché non ho ragione. Il suo articolo, piano e piacevole, è però una lista di principi generali. Chi vorrebbe perdere le bellezze italiane, la pulizia dell’acqua, il sole nel cielo terso?
Ma sui principi generali non ci si può battere. Non possiamo mettere in discussione cosa è sano e cosa è bello. Guardi, lo saprà, che parliamo molto di più di gas che di petrolio, metà del suo articolo punta sulle brutture del petrolio, ma sono solo una piccola percentuale dei punti che li riguarda. Un’altra cosa: Le nuove trivellazioni entro 12 sono già vietate, non sono possibili già ora, anche se vincesse il No.
Ecco, mi spiace non avere trovato informazioni che mi raccontassero perché lei aveva ragione, ma non le ho trovate. Penso quindi che voterò no.
Carlo Schiavo dice
Ciao Francesco Marzolo, se la sua ricerca è sincera, provi a leggere anche questo: https://aspoitalia.wordpress.com/2016/03/07/le-bufale-sul-referendum-del-17-aprile/.
maria trivisonno dice
io trovo che la situazione, a tutti i livelli, sia disperante. e non esagero. nel senso che bisognerebbe informarsi su ogni singola azione che compiamo, figuriamoci poi su un referendum. perché poi magari scopriamo, come nel caso dei referendum sull’acqua, che votando per abrogare quella tal legge, si abrogò anche una leggina che dava tanto fastidio a chi l’acqua non la voleva più pubblica. anche questo ho letto in giro, non chiedetemi di essere più precisa di così…ho anche provato a cercare i vecchi quesiti di quel referendum, ma è davvero difficile capirci qualcosa.
il guaio è che è pur vero che bisogna informarsi il più possibile (il che non è facile), ma d’altra parte, per quanto ne so, anche i referendari possono essere o raggirati o, per quanto ne so, addirittura collusi (almeno alcuni di loro). non voglio offendere nessuno, il fatto è che non mi fido più di nessuno. questo non induce a gettare la spugna, ma ad essere molto stanchi sì.
non ho ancora deciso se andrò a votare (e non certo con le motivazioni del pd, che mi fa orrore), o se voterò sì o no. non ho deciso nulla in pratica e mi sento tra color che son sospesi. in questa come in tantissime altre situazioni.
scusate lo sfogo. non credo di essere l’unica in italia con questi sentimenti.
Carlo Schiavo dice
Maria Trivisonno, la tua superficialità mi pare inaccettabile: “Ho letto in giro, non chiedetemi di essere più precisa”.
La bontà dei quesiti referendari sull’acqua penso sia dimostrata “e contrario” dalla demolizione che ne stanno facendo ora in sede di dibattito parlamentare.
Voglio credere nella tua buona fede, come in quella del primo commentatore, e segnalo ancora questo altro pezzo: https://www.facebook.com/notes/andrea-boraschi/referendum-trivelle-le-balle-degli-astensionisti/10154032082479439
maria trivisonno dice
sono la prima a dire che viviamo in un mondo che oramai sfiora appena gli argomenti e i problemi. del tutto superficiale non mi sento tuttavia, altrimenti non sarei qui a parlare e cercare di approfondire. la mia frase, magari infelice, si riferiva al fatto che c’è troppo troppo da approfondire, su tutto. io arranco, credo come molti.
comunque grazie, leggo anche quest’altro articolo.
maria trivisonno dice
io vorrei anche capire altre cose: ora come ora ci sono già decine e decine di piattaforme in giro per i nostri mari, soprattutto l’adriatico, giusto? che vinca il sì o vinca il no o non si raggiunga il quorum, qual è la differenza? vediamo se ho capito: se vince il sì, le compagnie continuano a trivellare, ma fino ad estinzione delle risorse. se vince il no, si continua così com’è adesso, con prevedibili sviluppi ed aumenti delle piattaforme, forse? e idem se non si raggiunge il quorum, tutto rimane così com’è? ho capito bene?
un’altra cosa che vorrei leggere per meglio capire: è possibile avere il testo completo del referendum?
grazie mille.
maria trivisonno dice
io vorrei anche capire altre cose: ora come ora ci sono già decine e decine di piattaforme in giro per i nostri mari, soprattutto l’adriatico, giusto? che vinca il sì o vinca il no o non si raggiunga il quorum, qual è la differenza? vediamo se ho capito:
– se vince il sì, le compagnie continuano a trivellare, ma fino ad estinzione delle risorse, dopo smantellano (però oltre le 12 miglia continueranno a trivellare come ora);
– se vince il no, si continua così com’è adesso, con prevedibili sviluppi ed aumenti delle piattaforme, forse?
– idem se non si raggiunge il quorum, tutto rimane così com’è? ho capito bene?
un’altra cosa che vorrei leggere per meglio capire: è possibile avere il testo completo del referendum? o mi sapete indicare dovo posso trovarlo? io cercando qua e là ho trovato solo le ragioni dei sì e quelle dei no o al massimo vari punti che spiegano il referendum, ma non riesco a trovare il testo. come faccio a farmi un’opinione mia?
grazie mille.
Mauro Cristaldi dice
Il Sole 24ore ha esorbitanti conflitti di interessi in tema di risorse fossili, in quanto rappresenta, come casa editoriale, gli interessi del mondo imprenditoriale e quindi, nell’ambito di questo referendum, dei petrolieri che gestiscono le estrazioni;
Il prof. Vecchia, se di lui si tratta, quando era in Sanità (ISS), propugnava l’assenza di rischi da elettrosmog; ora da pensionato, sembra aver cambiato obiettivo: SALVA-TRIVELLE.
Che buon pro gli faccia!