
di Elena Tioli
Siamo degli spreconi! Nel mondo, secondo la FAO, nel 2007 un terzo della massa dei prodotti alimentari (un quarto in energia) diventa rifiuto alimentare. Si tratta di 1,6 miliardi di tonnellate di cibo per un valore di circa 660 kcal procapite al giorno e un costo di circa 700 miliardi di euro. Non bruscolini insomma.
Lo spreco alimentare è una delle principali questioni ambientali e socio-economiche che l’umanità si trova ad affrontare: ai cibi che diventano rifiuti alimentari sono associate emissioni di gas-serra per circa 3,3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica (CO2), pari a oltre il 7% delle emissioni totali (nel 2016 pari a 51.9 miliardi di tonnellate di CO2). Se fossero una nazione, essi sarebbero al terzo posto nella classifica degli Stati emettitori di CO2 dopo Cina e Usa.
Ma lo spreco non è solo nella produzione di rifiuti, né solo quello casalingo. Anzi. Paradossalmente, mentre lo spreco mondiale nel consumo, dal 2007 al 2011, è diminuito del 23%, la dispersione di energie e risorse avviene per lo più a monte ed appare in decisivo aumento. Dal 2007 al 2011 si stima un più 48% di sprechi tra produzione e fornitura.Tra le voci principali di spreco vi sono poi le perdite nette negli allevamenti animaliche pesano il 55% degli sprechi totali. Una cifra enorme che in Europa arriva a toccare addirittura il 73% e in Italia il 62%. Inoltre assistiamo ad un esplosione del cibo sprecato per sovralimentazione oltre i fabbisogni raccomandati, con un aumento medio nel mondo del 144% in 4 anni.
Ridurre lo spreco contribuirebbe in maniera decisiva a tagliare le emissioni di gas serra e raggiungere gli obiettivi di breve e lungo termine dell’Accordo di Parigi, limitando alcuni degli impatti del cambiamento climatico, tra cui gli eventi estremi come alluvioni e prolungati periodi di siccità e l’innalzamento del livello del mare. Ma come fare? Ce lo spiega Giulio Vulcano, autore di “Spreco alimentare. Approccio sistemico e prevenzione strutturale”, uno studio prodotto nell’ambito di un’ampia attività di ricerca libera sulla sostenibilità socio-ecologica dei sistemi alimentari, iniziata da almeno 3 anni e in parte confluita nel Rapporto ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) “Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali”*. “In questa ricerca – spiega Giulio – viene passata in rassegna la letteratura internazionale e sono analizzate le connessioni più rilevanti tra lo spreco alimentare e altri temi, così da costruire una visione d’insieme socio-ecologica che comprendeil consumo di suolo, di acqua, di energia e di altre risorse, il degrado dell’integrità biologica, i cambiamenti climatici, l’alterazione dei cicli dell’azoto e del fosforo, la sicurezza e la sovranità alimentare, la bioeconomia circolare”.
https://comune-info.net/2017/11/quel-non-dobbiamo-sapere-sul-cibo/
“Sebbene gli studi siano agli inizi e le metodologie di indagine necessitino di essere ancora sviluppate – continua Giulio – dall’esame dei quadri concettuali esistenti si può già giungere ad una proposta di definizione sistemica che comprende elementi fondamentali di spreco finora poco considerati come, per esempio, perdite nette da allevamenti animali e sovralimentazione; inoltre sono indicate in dettaglio le cause e i condizionamenti strutturali lungo i vari tipi di filiera. La causa più generale di spreco è nella sovrapproduzione di cibo, distribuito in modo ineguale”. In particolare sono emerse differenti quantità di spreco associate a diversi modelli di sistema alimentare.



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