di Gabriele Mandolesi
Il 13 marzo, con una larghissima maggioranza, il parlamento europeo ha approvato un report redatto dalla Commissione Affari Sociali Europea sugli impatti sociali ed occupazionali delle politiche di austerity nei quattro paesi più colpiti dalla crisi (Grecia, Cipro, Portogallo e Irlanda). Le conclusioni sono molto chiare: perdita di posti di lavoro, fasce della popolazione più vulnerabili colpite in maniera fortissima, accesso al credito negato, migliaia di aziende chiuse, dialogo sociale interrotto, violazione in materia di diritti sociali e di lavoro e, su tutto, un parlamento europeo totalmente esautorato ed emarginato in ogni fase dei programmi di aiuti economici.
Ne abbiamo parlato direttamente con Alejandro Cercas, europarlamentare spagnolo che ha condotto le ricerche per la stesura del Report. “Le politiche di austerity messe in atto attraverso i piani di salvataggio non hanno raggiunto gli obiettivi sperati – dice Alejandro Cercas – Al contrario, queste misure hanno portato un vero tsunami sociale: c’è stata una distruzione imponente di posti di lavoro, in alcuni paesi la disoccupazione è triplicata andando a colpire soprattutto i giovani e le altre categorie più vulnerabili come donne, migranti e disoccupati di lungo periodo. C’è stata anche un’ impressionante mancanza di credito che ha provocato la chiusura di migliaia di imprese, soprattutto per quelle medio-piccole, e un incremento della povertà e dell’esclusione sociale che colpiscono la classe media. Intanto, nascono nuove forme di povertà con un evidente peggioramento dei servizi pubblici fondamentali come i servizi sanitari e il reperimento di medicine, e un peggioramento qualitativo di servizi in settori chiave come l’istruzione. In aggiunta, il dialogo sociale è stato distrutto e i contratti collettivi in vigore sono stati ignorati. Tutte queste misure di austerity sono state prese in palese violazione di norme internazionali quali la Costituzione Europea, le convenzioni internazionali sul lavoro e l’European Social Chart”.
Cercas, alla fine del report, ha inserito 14 raccomandazioni “per evitare il perdurare di questo disastro sociale, per mostrare l’ ingiustizia che ne sta alla base a causa della quale migliaia di persone stanno pagando il conto della crisi e per chiedere ad alta voce che è giunta l’ora di riparare ai danni fatti riportando il dialogo sociale e gli altri elementi fondamentali del modello sociale europeo. Insomma, questo Report è stato predisposto per cercare di mettere fine alla Troika e per creare un meccanismo efficace di contrasto alle iniquità in modo trasparente, equo e socialmente responsabile, cercando di riportare gli obiettivi sociali e di occupazione sullo stesso livello di importanza di quelli economici e finanziari. Abbiamo redatto questo Report cercando di aiutare quei paesi e i loro cittadini, che sono le vere vittime della crisi, con argomentazioni di tipo tecnico e finanziario”.
Ma tutto ciò era prevedibile? La risposta di Cercas è netta: ”Assolutamente sì, se si fossero utilizzati gli strumenti che erano a disposizione: coinvolgendo il responsabile della Commissione Affari Sociali nei processi decisionali e consultando le Commissione sul Lavoro e quella sugli Affari Sociali. E sarebbe stato ancora meglio se fossero state coinvolte anche la Commissione Internazionale del Lavoro e il Consiglio Europeo, e non solo Il Fondo Monetario Internazionale…”.
Di certo colpisce nel rapporto anche la descrizione di come il parlamento europeo sia stato di fatto completamente messo ai margini in tutte le fasi dei programmi di austerity. Come è stato possibile? Secondo Cercas “Il motivo principale è dovuto al fatto che l’Unione Europea non era sufficientemente preparata ed equipaggiata per fronteggiare questo tipo di crisi. I metodi utilizzati e le decisioni prese sono stati improvvisati e gestiti tramite dei processi intergovernativi. Speriamo vivamente che le raccomandazioni inserite nel Report siano ascoltate dalla prossima Commissione Europea e dal prossimo Parlamento Europeo. In ogni caso, questo dipenderà dalla scelta dei cittadini alle prossime elezioni del 25 maggio. Se eleggeranno un parlamento progressista e pro Europa, vedremo sicuramente la fine dell’”austericidio”. Solo con un Parlamento a forte vocazione europea saremo in grado di invertire la rotta del mantra neoliberista che ha governato le istituzioni europee negli ultimi cinque anni”.
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