Abbiamo bisogno di educare alla scoperta, di insegnare ai bambini a smontare, ricostruire, ricreare, anziché comprare e buttare, di giocare con loro negli spazi comuni. La crisi è anche un’opportunità per tutto questo. Cominciamo dalle scuole, dal giocare all’aperto e dagli orti
di Claudia Bousquet
La città, come un serpente, inghiotte i suoi abitanti. Gli anziani rimangono soli tra quattro mura di freddo cemento, a volte, lì salutano la vita, senza che nessuno si accorga del loro ultimo respiro. Gli adulti corrono, lavorano, lavorano ed ancora lavorano per pagare i mutui e per comprare ciò che credono di desiderare e di avere bisogno. Garantiscono il futuro ai loro figli, ma anche il funzionamento del mercato. Usano nuovi avanzati strumenti tecnologici, accumulano oggetti e con essi stress, che poi scaricano nelle palestre o durante frettolose cene in famiglia.
Le attività giornaliere diventano sempre più numerose e frenetiche, le preoccupazioni anche… e chi ci rimette? Tutti ma specialmente i bambini, che non hanno diritto di esprimere le proprie opinioni, né di vedere rispettati i propri bisogni, perché solo possono seguire la volontà degli adulti.
Nella nostra società, i bambini sono solo delle piccole creature, il cui parere non conta, eppure sono spesso depositari di grandi saggezze. Deprivati della loro voce, sono troppo spesso trattati come dei bambolotti che vengono inconsapevolmente coinvolti in questa frenesia. Ma quando sarà rispettato il loro diritto di svolgere una vita sana? Quando asseconderemo il loro naturale ritmo ed il loro bisogno di libero movimento e di pausa? Quando permetteremo loro di vivere il vuoto, per scoprire il pieno e dar vita al nuovo? Quando li priveremo di tutte quelle fitte immagini fornite da computer, televisioni, libri [1], sale cinematografiche che tolgono spazio o, meglio ancora, modellano la loro fantasia? Quando restituiremo loro il tempo di immaginare ed il diritto di sognare ad occhi aperti e di reinventare un mondo a propria misura?
Mi chiedo se non sia giunto il momento di fermarci e di riappropriarci del silenzio, del vuoto e dei ritmi naturali. Chissà quanto cambierebbero le nostre vite se con i bambini sperimentassimo sempre di più anche lo spazio natura. Quanta salute regaleremmo ai bambini se semplicemente consentissimo loro di esplorare i boschi e i luoghi selvaggi…
La paura degli istinti, del naturale, del selvaggio spesso frena gli educatori e limita la libertà dei bambini di sperimentare; ma se li lasciassimo scoprire i propri istinti naturali, anche quelli più ‘animaleschi’, cosa potrebbe accadere di così spaventoso?
Probabilmente sarebbero di nuovo capaci di sopravvivere anche senza un fornello elettrico e senza un computer e tornerebbero ad apprezzare una vita semplice… forse comincerebbero anche a dare il giusto valore a quanto è concesso loro di scoprire, di vivere e di possedere.
A parer mio, dovremmo ricondurre l’educazione alla scoperta, aiutare a riattivare l’olfatto ed il tatto; dovremmo smettere di pensare ai vestitini sporchi (offrendo la chance dell’abito da ‘guerra’) e ragionar meno su tutte le malattie che si possono prendere all’aperto, per offrire maggiore libertà. Il bambino non deve vivere in un museo, né essere un pezzo da esposizione, deve toccare, sperimentare e sporcarsi di vita… Dovremmo reinsegnare loro a smontare, ricostruire, ricreare, anziché comprare e buttare.
A volte penso che la ‘crisi’ non sia un cattivo male di cui ci si debba al più presto sbarazzare. È probabile che abbiamo di nuovo bisogno di impoverirci (materialmente) per riscoprire l’ascolto di noi stessi, dell’altro e della natura.
Vista come una opportunità, potremmo assecondare l’assenza del ‘benessere’ per tornare ad apprezzare la ricchezza nei semplici valori della bellezza, dell’amicizia e della solidarietà, anche tra sconosciuti.
L’attuale crisi economica, in tal senso, potrebbe diventare un’occasione e un valido strumento per ricontattare le doti ed i reali bisogni che ciascuno di noi ha sapientemente seppellito nel cofanetto della memoria; cioè in quel piccolo tesoriere che si è soliti nascondere da piccoli sotto terra, in un giardino segreto.
Dovremmo proprio rivisitare quel giardino e rispolverare quello scrigno, abbandonando la paura del cambiamento. Finalmente dovremmo ri-dedicare a noi stessi, e quindi ai bambini, una sana e semplice vita, fatta di piccole belle cose, che ormai non apprezziamo più perché le diamo per scontate o perché non le reputiamo più degne della nostra adulta attenzione.
Spesso mi chiedo il perché l’educazione e l’affettività del bambino siano legate alla quantità di cose che riusciamo ad offrirgli e non alle emozioni, agli affetti, alla presenza, alla bellezza, alla serenità ed al rispetto che sappiamo garantirgli.
Nel momento in cui torneremo ad apprezzare, e ad offrire, piccole cose, quando ridaremo valore anche al mondo naturale che ci circonda, avremo restituito ai bambini, e a noi stessi, quella semplice ricchezza che noi adulti abbiamo ricevuto e che abbiamo dimenticato; quel gioco spontaneo e quella dolce libertà che ci ha consentito di sperimentare, di sbagliare, di farci male ma anche di gioire.
Quando avremo riassaporato la nudità della ‘povertà’ e della consapevole scoperta, forse avremo restituito, non solo ai più piccoli, salute fisica e psichica.
Giocare negli spazi aperti e comuni, rincorrere conigli e farfalle, toccare foglie, alberi e pietre, ascoltare il fiume che scorre, il mare che si agita, osservare un tramonto, assaporare il silenzio, l’assenza di esagerati impegni, non sarebbe solo un piacere per noi stessi, ma è soprattutto un diritto dei nostri figli ed un dovere degli adulti garantirglielo, attraverso le scelte quotidiane e l’educazione, anche scolastica.
Spingendoci oltre, garantiremmo una maggior salute se addirittura costruissimo più su loro misura le città, i paesi e i parchi, affinché sia possibile un mondo più dolce e meno artificiale (come i centri commerciali, dove ormai i bambini passano molto del loro tempo libero). A parer non solo mio, dovrebbe essere un nostro doveroso impegno intanto restituire quei luoghi e quelle esperienze, che fanno riaffiorare lo spirito di avventura, la curiosità sperimentando, perché no, persino il pericolo.
Sarebbe già un grande passo avanti se cominciassimo dalle scuole, permettendo agli alunni di fare pause più prolungate, di giocare all’aperto e di avere un giardino e un orto per innaffiarlo e curarlo. Assistere al miracolo della vita, vedendo piante, fiori e frutti nascere, crescere e morire, partecipando attivamente a questo naturale processo vitale, ha sempre garantito benessere ed equilibrio psico-fisico all’essere umano.
[1] con questo non intendo dire che i libri sono anti educativi e non vanno letti, anzi tutto il contrario… voglio solo fare riflettere sul sovraccarico di immagini, belle e non, ricevono i piccoli.
http://ecoinarte.blogspot.it/
Questo articolo è stato pubblicato anche su ilcambiamento.it
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