Ci sono genitori che delegano la scuola nel far sperimentare ai bambini i conflitti comunque necessari a farli crescere. Altri molto, troppo esigenti, spingono i ragazzini alla competizione nello studio in una rincorsa ai bei voti e li vogliono vincenti anche nello sport. Ci sono poi mamme, ma soprattutto papà, assenti che non trovano il tempo per giocare, oziare, dialogare con i bambini. A quelli che trattano i figli come dei robot efficienti, sarebbe utile ricordare la battuta di Elmar Salmann, teologo e filosofo: “Dio esiste, e non sei tu: quindi rilassati”. A tutti, genitori, educatori e insegnanti, invece, vale la pena ricordare che, per accompagnare i più piccoli nella crescita e nella costruzione di una società diversa, occorre fare della cooperazione pensiero e azione di vita
di Luciana Bertinato*
Genitori insicuri e smarriti, vigili o assenti, disorientati o consapevoli, genitori portatori di culture del mondo. Li incontriamo a scuola nella complessità di relazioni vissute in famiglie separate, allargate, monoparentali, adottive, di diverse etnie. È la molteplicità dei modelli familiari e genitoriali a rendere oggi più difficile la ricerca di una collaborazione tra la scuola e la famiglia. Un patto che rimane indispensabile di fronte a un’emergenza educativa nella quale la scuola ha perso la sua centralità e i modelli di riferimento dei bambini vanno oltre le figure di insegnanti, padri e madri. Fare i genitori oggi è diventato davvero un “mestiere impossibile”, come sosteneva Sigmund Freud?
Nel mio lavoro d’aula conosco papà e mamme appassionati e ricchi di risorse, che dialogano con i figli e cercano, non senza difficoltà, un equilibrio tra la regola e l’abbraccio. Nonostante la crisi degli organi collegiali, sono ancora interessati alla vita della scuola e capaci, nell’affrontare i problemi dei figli, di un confronto aperto con gli insegnanti, orientato al bene dei bambini.
In quest’ultimo decennio, tuttavia, sono aumentati i genitori privi di punti di riferimento: fragili e stanchi, sembrano aver perso la percezione della propria responsabilità. Sovente ci chiedono aiuto nella ricerca di un metodo efficace per gestire i figli, ma spesso delegano alla scuola il proprio compito senza riuscire a stabilire in famiglia regole di comportamento condivise. Così ci lasciano sole nel far sperimentare ai bambini i conflitti necessari a farli crescere più sicuri e felici, a conoscere se stessi e riconoscere le ragioni degli altri, a usare “le parole che servono per litigare senza farsi male” (Daniele Novara, Litigare fa bene, 2013).
In modo contrapposto, mi accade d’incontrare più frequentemente genitori molto esigenti, sia rispetto alle prestazioni scolastiche dei figli che all’offerta formativa della scuola. Manifestano attese elevate, spingono i ragazzini alla competizione nello studio in una rincorsa ai bei voti e li vogliono vincenti anche nello sport. Talvolta esprimono giudizi severi sull’attività didattica, sostituendosi a noi insegnanti in una confusione di ruoli negativa per i bambini. A qualcuno, che tratta i figli come dei robot efficienti, sarebbe utile ricordare la battuta di Elmar Salmann, teologo e filosofo: “Dio esiste, e non sei tu: quindi rilassati”.
È problematico tessere un dialogo sereno anche con i genitori ansiosi che crescono bambini troppo dipendenti, in spazi protetti e con scarse frequentazioni tra pari; madri e padri che coltivano con i figli relazioni orizzontali diventando amici delle proprie creature e perciò incapaci di aiutarli nella ricerca dell’autonomia. Spesso sono quelli presenti e connessi, attraverso smartphone, tablet e pc, con i quali pensano di esercitare un controllo sulla vita dei bambini, senza prestare la necessaria attenzione ai pericoli dei social network. Gli psicologi li definiscono “adulti adolescenti”, maggiormente informati rispetto al passato, ma perennemente alla ricerca di conferme dell’amore dei figli in uno strano ribaltamento dei ruoli.
Ci sono poi mamme, ma soprattutto papà, assenti che non trovano il tempo per giocare, oziare, dialogare con i bambini. Con qualche senso di colpa organizzano la giornata dei piccoli nei minimi dettagli, caricandoli in modo eccessivo d’impegni pomeridiani. Tra i nuovi ingressi alla primaria, molte colleghe lamentano una maggiore presenza di alunni aggressivi perché fragili, prepotenti perché privi di limiti con i quali misurarsi. Sono spesso figli di genitori che nei campetti di calcio si comportano come degli ultrà insultando dagli spalti arbitro e giocatori. Com’è accaduto di recente a Pisa, dove un allenatore saggio ha ritirato la squadra affermando: “Se non si comincia a educare i genitori, i figli non impareranno mai”.
La rapidità dei cambiamenti culturali e sociali impone a tutti, genitori e docenti, una grande sfida alla quale siamo chiamati a rispondere disegnando un itinerario educativo da percorrere insieme, magari mettendo in comune risorse, saperi, pratiche e strumenti. Proviamo a essere per figli e alunni, ciascuno nel proprio ruolo, degli adulti buoni compagni di strada che fanno della cooperazione pensiero e azione di vita.
Luciana Bertinato ogni giorno in bicicletta raggiunge ventidue bambini e bambine, in una classe seconda a tempo pieno, alla Primaria “I. Nievo” di Soave (Verona). Dal 1995 fa parte della “Casa delle Arti e del Gioco”, fondata da Mario Lodi a Drizzona (Cremona), che promuove corsi di formazione per insegnanti e laboratori creativi per bambini. Questo articolo è stato pubblicato anche su Vita scolastica (titoli originario Genitori, la regola e l’abbraccio). Altri suoi articoli sono qui.
Foto tratta da boutsdeficelle.net
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