Pesaro, città di arte e di mare, è ora anche la Capitale italiana della cultura 2024. C’è spazio tra le roboanti dichiarazioni sulle iniziative in programma per i desideri di chi vive questo territorio? Si intravedono, vale per Pesaro come per altre città, orizzonti non schiacciati dal binomio cultura-profitto? Siamo in grado di proteggere un’idea di produzione culturale come pensiero critico e non come vetrina? “Sarebbe bello parlare di Pesaro città delle culture come spazi di condivisione e di differenze, spazi di prossimità per pensare ad altri mondi possibili – scrive Filippo Mondini – Pesaro città di una cultura che apre mondi… Pesaro città di una cultura che nasce dal basso… Pesaro città di una cultura che rifiuta l’Airbnbizzazione…”
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“… è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere la città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati” (Le città invisibili, Italo Calvino)
Che fine faranno i desideri nel grande contenitore di Pesaro città della cultura? Sarà questo evento a fare di Pesaro una città capace di dare forma ai desideri di chi ci abita? Che fine ha fatto la ricerca del desiderio in questo tempo? Quali sono i luoghi, le relazioni, i conflitti che aiutano a sentire il desiderio?
Ogni amministrazione sceglie la città che corrisponde ai suoi desideri e al proprio sentire. Nella visione culturale di una città traspare la visione politica e l’orizzonte verso cui andare. L’orizzonte che si intravede è fatto di calcoli economici, investimenti, format presi in prestito e riempiti di eventi.
La cultura che si respira è una cultura a senso unico dove l’intellettuale è chiamato a fare da cassa di risonanza al potere e ai potenti di turno. La cultura diventa una semplice organizzazione del tempo libero trasformandolo in divertimento. Non è più importante domandarsi che cosa voglio fare oggi, ma diventa centrale la domanda “che cosa c’è da fare oggi?”. Il tempo libero viene così mercificato aggiungendo evento ad evento, intrattenimento a intrattenimento. La cultura diventa così merce, indicatore economico, vetrina; ci viene presentato come ideale uno stato di cose brutale e profondamente ingiusto, dove ogni esistenza viene valutata in termini economici e chi si sottrae a questo gioco non esiste più.
Bauman ha descritto molto bene il ruolo svolto oggi dagli intellettuali: l’intellettuale è per lui un interprete, cioè colui o colei “che mette la propria competenza professionale al servizio della comunicazione tra soggetti sovrani”. Pesaro città della cultura esprime benissimo questa decadenza degli intellettuali.
La natura della cultura è il confronto con la diversità; Levi Strauss ha detto “che solo nel confronto con un’altra cultura l’intellettuale scopre se stesso”. Allora sarebbe bello parlare di Pesaro città delle culture come spazi di condivisione e di differenze; spazi di prossimità per pensare ad altri mondi possibili.
Io immagino questo.
Pesaro città di una cultura che apre mondi.
Pesaro città di una cultura lontana dal potere.
Pesaro città di una cultura non strumentalizzabile.
Pesaro città di una cultura che nasce dal basso.
Pesaro città di una cultura che crea interconnessioni.
Pesaro città di una cultura che apre all’immaginazione.
Pesaro città di una cultura che crea orizzonti.
Pesaro città di una cultura che sta scomoda nelle vetrine.
Pesaro città di una cultura che rifiuta l’Airbnbizzazione.
Ognuno può aggiungere quello che immagina. È questa la natura della cultura collettiva. Ognuno può scegliere il desiderio a cui dare forma dentro la città. Oppure, dalla città, si può scappare…
Si sfondano centinaia di porte aperte. Anche Pesaro è la città-tipo di oggi, il feticcio urbano inabitabile, istigatore di mercimonio, discordia, competizione. Ci ho lavorato malissimo da insegnante e preside. È uno dei luoghi dove la cultura è presenzialismo, business e superficialità; è un coacervo del turismo insostenibile e una delle congreghe politiche che hanno da sempre ostracizzato la nostra idea di città educante quasi fosse governata dalla destra reazionaria e liberista (ma oggi ahinoi copre quasi tutto l’arco parlamentare).