Chi mette piede per la prima volta in uno dei teatri più antichi e belli di Roma, il Valle, quasi sempre dopo aver varcato l’ingresso sentenzia: «Wow!». La stessa esclamazione viene ripetuta con una certa frequenza da chi sbircia nel foyer autogestito più famoso d’Italia, che osipita assemblee, prove di spettacoli e di concerti, Commons Cafè, laboratori di tutti i tipi, riunioni, preparazioni di azioni dirette, cene conviviali… C’è da scommettere che anche chi, tra qualche anno, ascolterà la storia della nascente Fondazione Valle Bene Comune – presentata mercoledì 18 settembre, alle 11,30 – non potrà che esclamare «Wow!».
Lo straordinario e ambizioso lavoro collettivo avviato due anni fa per difendere dagli interessi privati un luogo di cultura storico dunque prende nuova forma. In questi anni il Teatro Valle con i suoi occupanti, volontari, soci fondatori (oltre 5.000) e amici si è affermato come uno spazio riconosciuto di dialogo e di partecipazione per i lavoratori dello spettacolo, per gli artisti e per i precari della conoscenza, per i cittadini. Oggi quello spazio diventa anche un’istituzione di tutti e di tutte.
La nuova Fondazione del Valle mette al centro sul serio l’idea di bene comune nella gestione del teatro e il 18 spiegherà come. Scrivono quelli del Valle on line: «Beni comuni come azione di democrazia diretta e radicale: il Teatro Valle si è fatto agorà e la città ci si è riversata dentro. Partecipare in prima persona all’autogoverno di un teatro porta con sé un’altra idea di cittadinanza». Del resto il teatro in questo due anni è stato uno vero spazio sociale, «un palcoscenico aperto, un progetto da condividere con compagnie, artisti, operatori, spazi indipendenti di Roma e in Italia» dove si sperimenta una progettazione partecipata e una diversa organizzazione del lavoro basata sulla cooperazione, «un luogo di formazione e autoformazione, ma soprattutto «una dimensione in cui condividere i bisogni e trasformarli in un fare comune».
La nascita della Fondazione dimostra che un teatro di tutti e di tutte, autogestito, senza padrone, è possibile. Poco importa se lo strumento «Fondazione» è il più adatto, se subirà modifiche formali e non, di certo qualcosa che sembrava impensabile soltanto un paio di anni fa (occupare un teatro storico, autogestirlo, inventarsi un percorso giuridico/sociale per immaginare un futuro diverso) è diventato realtà, per quanto precaria e limitata («imprudente»), suscitando un effetto emulazione enorme.
Nel corso della conferenza di mercoledì 18 al Valle intervengono Stefano Rodotà, Fabrizio Gifuni e Silvia Gallerano (attori), Fausto Paravidino (regista e drammaturgo), Andrea Baranes (presidente della Fondazione culturale di Banca etica e collaboratore di Comune-info), Enrica Flores D’Arcais (della European Cultural Foundation). Altre notizie sono su: http://www.teatrovalleoccupato.it.
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