I media non hanno dubbi: in questi giorni a grande velocità è decollata la didattica a distanza. Ma come fare in questo scenario a mettere al centro la cura della relazione e il sapere come strumento in grado di favorire la comprensione e la trasformazione del mondo? Quali sono le difficoltà dei bambini e dei ragazzi? E quali i disorientamenti degli insegnanti? “C’è grande confusione e fragilità emotiva, fatichiamo a trovare un centro di gravità in questa giostra di stimoli e frustrazioni che si alternano nell’arco di poche ore – scrive Sonia Coluccelli, maestra – Allora forse vale la pena prendersi una pausa e tornare lì, a quando abbiamo scelto questo lavoro e al suo orizzonte, a dove stia il nord sulla nostra bussola, alla necessità di averla in tasca, quella bussola”
Sono passate le prime tre settimane. Giorni che hanno cambiato volto e umore tante volte, spingendo sempre un po’ più in alto l’asticella da saltare per ritrovarci ancora noi, maestre e maestri dei nostri bambini sempre più stretti nelle loro case, sempre più lontani perché progressivamente più indistinta diventa la scadenza del limbo in cui siamo finiti.
Pochi giorni ma interminabili in cui questa tastiera ha inviato mail e avviato collegamenti skype, esplorato le risorse in rete e attivato la registrazione di video in cui trovare le parole e leggere storie immaginando un cerchio che non c’è.
Un lavoro che cambia forma e orizzonte ogni giorno, a ogni confronto con chi si interroga con me e come me, a ogni risposta che arriva dai bambini, a ogni silenzio. Un giorno per volta, da ventuno giorni, cerco di mettere a fuoco con occhi stanchi quello che mi sembra importante, la continuità tra oggi e il mese scorso, la coerenza tra il presente e i miei anni passati a osservare i bambini con cui ho fatto un pezzo di strada.
LEGGI Giorni senza scuola (R. Lovattini), Voci narranti (E. Galluzzo), Dove non arriva la didattica web? (A. Pesce)
Guardo dentro anche alle mie domande, per vedere meglio, sono le lenti migliori che conosco. Nei primi giorni mi chiedevo dove dovesse stare la scuola in tempi di complessità e di esposizione di bambini e ragazzi a categorie del sapere di fatto sconosciute. Oggi allargo il raggio della ricerca di significato e, come molti prima di me già hanno scritto, voglio prendere questo tempo come un dono grande della vita, l’occasione per inciampare nelle fragilità delle categorie consuete per abbozzarne altre, per allenarmi alla pluralità degli scenari e delle possibilità e soprattutto per ritrovarmi ancora con la facoltà di scegliere.
Proprio in questo tempo di apparente limitazione della libertà personale sento di avere, come ciascuno, una grande libertà di definire me stessa in questo spazio inedito. Di definirmi come individuo e come parte di una comunità, come madre, compagna e come maestra, come formatrice, come compagna di strada di tante persone ora fisicamente lontane da queste mura. E nel ridefinirmi trovare l’unità di me stessa declinata nell’ordinarietà della vita in tutte quelle relazioni e contesti.
Torno però ora a questa tastiera per dire della Sonia maestra oggi e di quello che mi pare di aver capito in queste ore, a forza di guardare e ascoltare.
Leggiamo ovunque di soluzioni creative di insegnanti appassionati, di percorsi sperimentali per gli inesperti di digitale e piattaforme, di idee per andare oltre lo schermo e raggiungere i nostri alunni e dare loro, se serve, strumenti di lavoro o almeno parole di affetto, un sorriso, un bacio che vola con le mani. C’è grande confusione e fragilità emotiva, fatichiamo a trovare un centro di gravità in questa giostra di stimoli e frustrazioni che si alternano nell’arco di poche ore. Allora forse vale la pena prendersi una pausa e tornare lì, a quando abbiamo scelto questo lavoro e al suo orizzonte, a dove stia il nord sulla nostra bussola, alla necessità di averla in tasca, quella bussola.
Mi pare che fare scuola, sin da quella dell’infanzia, abbia senso, sempre e quindi oggi, se continuiamo a muoverci in un’incessante dialettica tra tre piani tra loro complementari: il primo è quello della cura della relazione tra tutte le parti coinvolte nella relazione educativa, il secondo è quello della responsabilità affinché il sapere diventi strumento di comprensione del mondo reale e di esercizio di cittadinanza all’interno di esso, il terzo è la formazione culturale in senso più ampio per poter interpretare alfabeti diversi, evolvere in senso completo come individui e poter progettare il proprio futuro con competenza e consapevolezza. A questo serve la scuola e senza uno di questi tre piani è più che zoppa, è altro: una festa tra amici o al contrario una caserma dove addestrarsi alla ripetizione.
Oggi nel pensare ai miei bambini lontani cerco di camminare su questo filo teso, in precario equilibrio e tengo fissi gli occhi su quel punto, quello dell’intenzionalità educativa, unico vero criterio di qualità del nostro fare scuola: come faccio per tenere viva la relazione tra me e loro e tra loro tutti, per dare strumenti di comprensione di questo tempo straordinario e per continuare a offrire loro strumenti per crescere, imparare, nutrire il loro spirito e la loro mente? E, ancora, come faccio a farlo in modo coerente con una visione dell’apprendimento che segna non solo il perché ma anche il come si fa scuola? La mano strumento dell’intelligenza, le astrazioni materializzate, il bambino costruttore del suo sapere, la motivazione interiore, l’autenticità del sapere… la risposta per orientarci tra le infinite soluzioni esplorate in questi giorni è qui dentro: nel perché e nel come. Nelle domande che continuo a farmi e in qualche risposta che mi pare di aver trovato.
Perché se io fossi la maestra delle schede e dei compiti, del libro di testo e delle domande di comprensione dopo la lettura sarebbe facilissimo stare davanti a questo schermo.
Invece no. Allora inizio a mettere lì i miei occhi stanchi e la mia voce, offro loro qualcosa di bello, ma bello proprio perché io ne ho tanto bisogno e penso anche loro, i bambini che da quattro anni viaggiano con me. E poi qualche progetto ambizioso, tra scrittura collettiva e un giornale che sia diario del nostro sguardo su questo pezzo di Storia, perché so che ”i bambini pensano grande, se li ascoltiamo, se creiamo lo spazio perché le loro parole ci arrivino con il valore e la dignità che hanno” (le parole sono di Franco Lorenzoni, il cui sguardo sulla vita e sui bambini è un altro regalo immeritato di questo mio tempo).
La scommessa più grande e quella dall’esito più incerto però non ce la giochiamo io e i bambini ma è tutta nell’alleanza educativa con le famiglie, che so in affanno come me e forse anche confuse nel collocarsi in un ruolo di accompagnamento che non hanno mai sperimentato, proprio perché da quattro anni i loro figli frequentano una scuola dove non sono assegnati compiti per le vacanze né per i fine settimana. Ora sono loro gli intermediari necessari tra la scuola, tra me e le mie colleghe e i bambini. Non è poco e non è affatto scontato in una fase in cui i copioni sono saltati e a ciascuno è richiesto di mettersi velocemente in viaggio senza l’attrezzatura necessaria. Le resistenze sono molte, spesso inconsapevoli. Riusciremo, ancora e tutti, a pensarci e quindi agire davvero come una comunità educante? Riusciremo noi maestre a sostenerli dalle nostre case in questo processo di consapevolezza con il massimo rispetto possibile e a trovare lo spazio per rinnovare un’alleanza su cui poggia il successo di ciò su cui stiamo ragionando?
Proviamo a fermarci qui, smettiamo di scambiarci link e risorse, percorsi e strumenti, video e storielle, almeno per un giorno o due; guardiamo dentro ciò che stiamo facendo o ci viene offerto tra le miriadi di stimoli in circolazione. Relazione, cittadinanza, alfabetizzazione culturale e una visione pedagogica e didattica consapevole, questa è scuola in presenza o a distanza. Ogni nostro atto educativo e formativo deve tenerle insieme. Anche oggi, soprattutto oggi.
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*Sonia Coluccelli è un’insegnante di scuola primaria, coordinatrice della Rete scuole Montessori dell’alto Piemonte e Responsabile formazione della Fondazione Montessori Italia. È autrice di Un’altra scuola è possibile? (Ed. LeoneVerde), Il metodo Montessori oggi e Montessori incontra…. (Ed. Erickson). Fa parte del consiglio direttivo della Rete di cooperazione educativa. Ha aderito alla campagna di Comune “Ricominciamo da tre“.
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Maria Fraschini dice
Grazie Sonia…mi hai riportato al centro di me stessa.
Questo mi permette di vedere con chiarezza e proseguire sicura sulla mia strada !
Viviana Visconti dice
Alla fine non potremo dire che i nostri alunni non saranno cresciuti.
Saremo tutti diversi.
Sarà prezioso potercelo dire.