La milizia più potente del Medio Oriente ha attaccato la mattina del 6 gennaio 2024 uno dei principali centri dell’intelligence israeliana nel nord. È la risposta “iniziale” all’assassinio di Saleh Al-Arouri a Beirut. Israele costretto a evacuare 200mila persone. L’analisi dell’ultimo discorso in televisione di Hassan Nasrallah in cui il leader della milizia islamica in Libano ha mostrato ancora cautela ma ha vantato successi militari rilevanti e spiegato che Israele non può riconoscere pubblicamente le perdite che subisce a causa della precaria stabilità del suo governo. L’obiettivo di Hezbollah, secondo le dichiarazioni del leader sciita, è fermare il genocidio a Gaza impegnando e logorando Israele e causandogli perdite milionarie. Agisce in modo molto pragmatico, cercando di evitare il divampare di una guerra totale perché ritiene che in Libano la situazione economica, le infrastrutture e la coesione sociale non lo consentono, ma l’allargamento della guerra è già in atto. Si tratterà, semmai, di capire se può essere fermato
La risposta “è inevitabile” e “dipenderà dalla situazione sul terreno”, Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, ha lasciato aperte le opzioni su come la milizia risponderà all’assassinio di Saleh Al-Arouri, numero due di Hamas, avvenuto martedì 2 gennaio, a Beirut, nel primo attentato di tale portata dalla guerra del 2006. Nel suo secondo intervento di questa settimana, il leader islamico, elevatosi a portavoce dell’Asse della Resistenza, ha spiegato nei dettagli le “vittorie storiche” della milizia contro Israele sul fronte settentrionale. Il conflitto, di moderata intensità, mantiene da tre mesi un delicato equilibrio che l’attentato attribuito a Israele a Dahie, cuore della comunità sciita e zona di controllo di Hezbollah, potrebbe far saltare.
“In Libano, in Turchia o in Qatar”, un mese fa un’emittente israeliana faceva trapelare le dichiarazioni su dove avrebbero colpito. Dichiarazioni fatte dal direttore generale dello Shin Bet, il servizio di intelligence interno israeliano, che prometteva di perseguire Hamas “ovunque” anche se “ci dovessero volere anni”. Martedì 2 gennaio, prima delle sei del pomeriggio, un attacco di droni aveva distrutto il terzo piano dell’edificio dove si riunivano i leader di Hamas e della fazione della Jihad islamica libanese, uccidendone sette in totale. Tra i tre uccisi di Hamas c’era Saleh Al-Arouri, che ha partecipato ai negoziati sullo scambio di ostaggi e all’accordo di tregua nella guerra di Gaza, ed è stato una figura chiave nella riconciliazione tra Hezbollah e Hamas avvenuta nel 2017.
La risposta non è stata immediata e ha cominciato a concretizzarsi sabato 6 gennaio, la mattina, con l’annuncio del lancio di 62 proiettili sulla base di sorveglianza aerea di Meron, il principale centro di intelligence e controllo israeliano nel nord, da cui partono anche le operazioni aeree in Libano e in diversi paesi circostanti, nonché in parte del Mediterraneo, come riferisce Hezbollah in una nota. Dopo una settimana di forte aumento degli attacchi su entrambi i lati della linea blu – nelle 24 ore successive all’assassinio, Hezbollah ha annunciato la morte di nove combattenti, il numero più alto fino ad oggi – la guerra in quest’area è entrata in una nuova fase di diversa intensità.
Già in agosto Nasrallah aveva messo in guardia Israele dal compiere attentati omicidi sul suolo libanese. La morte di Al-Arouri, attribuita a Israele nonostante non vi sia alcuna conferma da parte del suo esercito, supera i limiti delle regole non dette che governavano l’equilibrio nelle ostilità tra Hezbollah e Israele dall’8 ottobre. Attacchi per lo più contro posizioni militari e strategiche su entrambi i lati della linea blu, che fino ad ora aveva avuto un raggio di circa cinque chilometri all’interno del Libano.
La differenza tra questo conflitto e i precedenti, è stata fatta rilevare da Nasrallah venerdì nel suo discorso televisivo: la guerra ha raggiunto anche Israele. Più di 200.000 persone hanno dovuto abbandonare le loro case nel nord a causa della minaccia che comporta Hezbollah, i cui bombardamenti hanno causato anche la chiusura totale degli insediamenti. Il leader della milizia ha insistito sui risultati ottenuti – “il nemico non riconosce le vittime e i feriti nelle sue file, è parte della sua strategia” – e ha dato numeri sulla guerra: con quasi 500 obiettivi raggiunti, Nasrallah ha citato organizzazioni israeliane per affermare che c’erano stati 12mila soldati con ferite che non avrebbero permesso loro di tornare sul campo di battaglia. Pubblicamente, Israele ha invece riconosciuto la morte solo di nove soldati, rispetto ai 150 membri di Hezbollah.
Nasrallah ha affermato che queste vittorie, che ha definito “storiche”, mirano a raggiungere l’obiettivo di “fare pressione sul nemico affinché fermi l’aggressione a Gaza”, dirottando risorse – oltre 100.000 soldati di stanza al confine settentrionale di Israele, secondo Nasrallah – che altrimenti si concentrerebbero sul massacro di Gaza. “L’obiettivo di Hezbollah è portare allo stremo Israele e causare perdite milionarie. Una guerra su scala più ampia modificherebbe gli obiettivi militari. Hezbollah sta agendo in modo pragmatico e nei suoi calcoli tiene conto della situazione economica, delle infrastrutture e della coesione sociale del Libano, che non può permettersi una guerra”, afferma Jihad Jneid, giornalista libanese.
Per questo Hezbollah usa molta cautela sui tempi ed evita di prendere decisioni affrettate. “Storicamente, ha sempre preferito sviluppare gradualmente e a lungo termine le proprie capacità militari piuttosto che rispondere immediatamente. Tuttavia, la guerra attuale e l’escalation dell’attacco spingeranno il movimento ad agire più rapidamente per scoraggiare le future aggressioni israeliane. Una risposta chiara sarà l’unico modo per ristabilire l’equilibrio”, commenta in un articolo d’opinione Amal Saad, specialista in politica e relazioni internazionali all’Università di Cardiff, una delle massime fonti esperte su Hezbollah .
Sebbene sia difficile prevedere come e quando si svilupperà la sua risposta – è anche possibile che la stessa Hamas lo faccia in Libano – non è ancora sicuro che l’omicidio di Al-Arouri a Beirut sia sufficiente a far inasprire molto il conflitto, spiega a Ctxt David Woods, analista senior dell’International Crisis Group in Libano. “Nasrallah sembra disposto a evitare una guerra totale contro Israele e non si compromette nella sua risposta”, continua l’esperto.
Woods ritiene ancora che Nasrallah possa aprire la porta a una possibile trattativa. Nel suo quarto e ultimo discorso, il leader ha detto per la prima volta che alla fine della guerra a Gaza Hezbollah punterà a recuperare i territori occupati da Israele in Libano – le fattorie di Shebaa e Kfar Shuba, tra le zone siro-libanesi di confine e le alture del Golan –. Con gli sforzi diplomatici per contenere la violenza da parte di Stati Uniti e Unione Europea, con la visita di sabato del leader della diplomazia europea, Joseph Borrell, potrebbe esserci un punto di partenza nonostante il rifiuto della milizia, che lega le sue operazioni al confine con ciò che sta accadendo a Gaza.
Con un occhio al genocidio in Palestina, dove Hamas ha interrotto i negoziati di tregua e lo scambio di ostaggi a causa dell’omicidio di Al-Arouri, e all’aumento dell’instabilità in Medio Oriente – con omicidi di personalità rilevanti anche in Iraq e Iran, massicce mobilitazioni nello Yemen e continui bombardamenti su obiettivi siriani – il Libano e la milizia islamica di Hezbollah, giocano ancora una volta un ruolo fondamentale nello sviluppo di una guerra che, anche se difficilmente si estenderà all’intero Paese, è ancora una volta molto vicina ad esplodere.
fonte e versione originale in Ctxt
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