di Daniele Ferro*
«L’autismo non è un “regalo”. Per i più è una battaglia senza fine contro la scuola, i luoghi di lavoro e i bulli. Ma con adeguate circostanze e aggiustamenti, può diventare un superpotere. Ho avuto la mia bella dose di depressioni, ansia e disturbi. Ma senza la mia diagnosi, non avrei mai iniziato lo sciopero della scuola. Perché allora sarei stata come qualsiasi altra persona». È ancora lei, la sedicenne svedese Greta Thunberg, a farmi piombare nel glocale, vale a dire la necessità di unire e valorizzare la nostra quotidianità e il territorio in cui viviamo (il locale) con ciò che accade nel mondo (il globale); è un’urgenza pedagogica, perché il nostro pianeta è uno solo e le menti dei popoli che lo abitano sono sempre più interconnesse attraverso i mezzi di comunicazione: la globalizzazione fondata su valori come quelli della nostra Costituzione, può essere un cammino verso la solidarietà e la diversità che è ricchezza.
Ecco allora che il 2 aprile, “Giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo”, un post su Facebook di Greta mi dà uno scossone; la ragazza ha racchiuso in poche parole il senso generale dell’educazione: essere se stessi, essere diversi da qualsiasi altra persona al mondo.
https://comune-info.net/2019/04/la-sfida-di-greta-alla-scuola-e-a-tutti-noi/
Questo senso è qualcosa di terribilmente difficile da trasmettere nel lavoro educativo con bambini e adolescenti, perché il bisogno di assomigliare agli altri, di essere parte di un gruppo, è fondamentale nell’età evolutiva; il passaggio di “differenziazione”, della ricerca della propria inimitabile individualità, dovrebbe essere obiettivo dell’adolescenza, e tuttavia oggi il pericolo dell’uguale che neutralizza la bellezza della diversità, dell’«omologazione culturale» di cui Pasolini ci avvertiva già quasi cinquant’anni fa, regna nella bibbia pubblicitaria del consumo in cui viviamo.
Tutto ciò mi fa pensare che nel mio lavoro come maestro di sostegno, voglio bene ai bambini che seguo – e li stimo per le difficoltà che affrontano – anche perché sono (più?) differenti dagli altri pure nella burocrazia, con un certificato di «invalidità civile» che attingendo le parole da un vocabolario ammuffito, allo stesso tempo consegna loro una diversità speciale che è mio compito esplorare, senza stereotipi, per scovarne la ricchezza.
https://comune-info.net/2017/05/un-bambino-non-si-definisce/
I bambini ci insegnano, come scrive Greta, che «le nostre società hanno bisogno di cambiare. Abbiamo bisogno di persone che pensino fuori dagli schemi. Dobbiamo cominciare a prenderci cura l’uno dell’altro. E ad abbracciare le nostre differenze».
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