E così il Forum Sociale Mondiale è già una vittoria. E’ accaduto grazie alle donne e gli uomini tunisini che caparbiamente hanno resistito alle pressioni, perfino alla paura, anche alle minacce cariche di angoscia, tenendo ferma la barra di una convinzione: la Tunisia avrà una speranza in più se riesce a dimostrare che nel mondo c’è ascolto, almeno in quella parte di mondo che dovrebbe essere sensibile e solidale che è pronta a mettere in discussione le impalcature su cui si reggono le ingiustizie a nord come a sud.
Fare il Forum per loro è già un risultato. E’ un’iniezione di fiducia. Soprattutto per i giovani che hanno fatto la rivoluzione e che però poi hanno trovato lo sconforto di una crisi economica drammatica. Tutti ricorderanno che la rivoluzione in Tunisia è cominciata con il giovane Mohamed Bouazizi che si diede fuoco per denunciare la mancanza di lavoro e le vessazioni che le persone in stato di totale precarietà devono subire pur con un titolo di studio in tasca. Ricorda qualcosa anche a noi italiani? Qui però la situazione è di molto più dura e perciò sono in tanti a provare ogni giorno ad attraversare il mare coi barconi della speranza. La disperazione del gesto di Mohamed Bouazizi, resta vivo nella memoria dei giovani e di tutti i tunisini anche perché lui, “il martire” ha purtroppo avuto molti seguaci.E’ di pochi giorni fa infatti, l’ennesimo gesto disperato, avvenuto qui a Tunisi.
Il crollo del turismo è evidente ed è dovuto in parte all’atto di ritorsione attuato da chi ancora era legato a Ben Alì controllava tutta la macchina del turismo in questo paese, così come a causa della crisi economica che colpisce i potenziali turisti occidentali. L’occupazione è veramente una chimera. Quando facciamo una ricarica telefonica per un valore di 5 euro i tunisini le fanno al massimo di 50centesimi o 1 euro. Credo sia molto indicativo della proporzione delle loro e delle nostre condizioni. L’impressione è che molte, fra le persone arrivate qui da ogni lato del globo pur armate di buonissima volontà e voglia di capire, non riescano a percepire fino in fondo di questa dimensione del dramma umano prima ancora che economico.
Ma certamente questo Forum è l’occasione per fare un bagno non in mare ma nella voglia della società civile tunisina di continuare a lavorare per costruire un paese nel rispetto della sua straordinaria storia civile, intellettuale di conquiste di diritti civili. Diritti che in alcuni casi hanno visto la luce qui anche prima che a casa nostra. Questi tunisini che non hanno abbandonato la speranza, non hanno preso la via del mare per cercare un lavoro e che lottano ogni giorno l’oscurantismo di chi invece si mobilita per fare arretrare il paese, restringendo il campo dei diritti, della libertà e della laicità dello Stato e gli spazi per l’esercizio della democrazia, hanno bisogno di sapere se noi, dall’altra sponda siamo veramente al loro fianco e come. Credono che un’”altra Tunisia è possibile” e sperano che sia quella per cui si stanno sacrificando diventi davvero quella che vorrebbero. Ma questo dipende anche da noi. Loro lo sanno. Noi? Da quello cha testimoniamo qui e da quel che facciamo a casa nostra.
La manifestazione
Non un corteo ma proprio una vivacissima manifestazione di donne tunisine, moltissime giovani che hanno mostrato la loro speranza e rivendicazione semplice e chiara. Più che striscioni, tanti cartelli scritti a mano in cui si leggeva: “rispetto per la dignità delle donne” “libertà delle proprie scelte su tutto”,” no all’umiliazione delle donne a casa e nella società” “ vogliamo studiare e vogliamo ballare”. Al loro fianco i tanti partecipanti al Fsm venuti dal resto del mondo. Uno scarto di età visibilissimo. Gli uni i figli e gli altri genitori… Forse anche la crisi economica e la precarietà rendono difficile sostenere un viaggio per i giovani occidentali. Forse però la spiegazione non sta solo tutta qui. E c’è molto da riflettere. Sulle idee, sulle forme di espressione delle alternative allo stato delle cose del mondo. Lo dicevamo ieri su come vengono “accolti” in Italia e in Europa, su come dalle nostre parti si manifestano forme di discriminazione e razzismo. Non solo ne sentiamo spesso l’eco negli stadi – specchio della società italiana. Solo per dirne una, non proprio tutta la società anche quella che chiamiamo civile italiana è proprio in prima fila per cancellare i Cie. Ci sono battaglie importanti su tutte le tematiche ma poi quando si entra nel merito della relazione con chi approda sulle coste della penisola, la granitica certezza che tutti staranno dalla stessa parte e con la stessa convinzione, sfuma amaramente.
Ma il fiume di gente che dall’Avenue Bourghiba è passato attraverso la città fino allo stadio, è enorme. Gli organizzatori dicono che è stata una prova bella. Un grande respiro di sollievo. Credono che le persone comuni, le donne soprattutto, anche dopo l’uccisione dell’esponente dell’opposizione democratica Belaid, come nelle prime ora dopo l’assassinio , anche oggi abbiano voluto manifestare il proprio coraggio, la propria resistenza a chi vorrebbe frustrare tutto. Il Forum mondiale deve sapere cogliere questo messaggio vitale per un consesso – il Fsm – che deve sapersi aprire a quel mondo che non è più quello di Porto Alegre dove nel 2000 nacque. Allora c’era la società civile brasiliana con la speranza nel sogno di eleggere Lula presidente della Repubblica e così è stato. Sono passati 13 anni e i giovani che allora avevano 20 oggi ne hanno 33… ma soprattutto chi ha oggi 20 anni allora ne aveva 7. Quest’ultimo è il conto che dobbiamo fare per capire come i processi subiscono – per fortuna – una inesorabile messa alla prova generazionale, che rende tutto necessariamente misurabile, tangibile e comprensibile per chi nella propria vita ha solo sentito raccontare delle lotte precedenti. Sulla propria pelle le cose sono diverse anche quando il racconto è fatto bene e soprattutto quando la situazione del pianeta e della propria vita di tutti i giorni e i punti di riferimento –il lavoro, lo studio, il contesto sociale, la situazione economica, risulta radicalmente trasformato.
E lo sport che c’entra?
Non c’è stata una sola persona che vedendo lo striscione della Uisp con scritto in francese e in arabo Sport e diritti per tutti, che non lo leggesse ad alta voce. Prima una risatina interrogativa poi un sorriso un po’ più gentile, infine – dopo le risposte di una delle ragazze più colorate del corteo (Alesandra Pessina) e da Michele Bellucci – i sorrisetti si sono trasformati in sorrisi complici. Come a dire “ci siamo capiti”. In tanti hanno voluto fare una foto con lo striscione. Giovanissimi tunisini, palestinesi e saharawi ma anche brasiliani. Abbiamo volantinato per tutto il percorso, risposto a domande, scambiato contatti e in fine ci siamo dati tutti appuntamento allo Spazio Sport per tutti al Forum. La parte più interessante è stato l’interesse, forse meglio dire il coinvolgimento, che alcuni giovani tunisini che non sapevano bene cosa fosse questo Forum e che visto il nostro invito e la facilità assoluta del messaggio Sport per tutti… si sono sentiti chiamati in causa. Il Forum grazie allo sport era rivolto pure a loro, che forse per altri canali di mobilitazione non erano ancora stati raggiunti. Lo sport c’entra … c’entra eccome!!
La manifestazione termina allo stadio e gli impianti sportivi centrali di Tunisi con i discorsi di Aminata Traorè che parla della guerra in Mali, di una donna palestinese che ricorda a tutti che senza una soluzione della questione palestinese, non ci sarà mai pace in Medio Oriente, da un’attivista sudafricana e una dagli Stati uniti e poi entra in scena Gilberto Gil con un concerto che “costringe” fa ballare tutto il prato antistante gli impianti sportivi. Ballare, ascoltare musica all’aperto, tutti insieme. Cosa c’è di speciale in questo? Dove è in atto una resistenza culturale, come qui, anche questa è una bella vittoria, una conquista di spazio e di libertà per i giovani e meno giovani tunisini. E noi abbiamo partecipato e ne siamo felici e cercheremo di portare a casa, tra i nostri parenti, gli amici, nei comitati della Uisp questa straordinaria esperienza.
* Raffaella Chiodo Karpinsky, Uisp
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