Antirazzismo e lavoro. Un relazione difficile? Mica tanto, dipende. Certo, alla base del discorso – si fa per dire – dell’Europa che costruisce muri per proteggersi dall'”invasione” e degli osceni ritardi sull’ultima regolarizzazione – anche qui si fa per dire – delle persone migranti in Italia, ci sono da sempre le precise quanto inconfessabili ragioni del ricatto e dello sfruttamento nelle campagne pugliesi o nell’eccellente distretto delle carni emiliane. Ragioni per le quali quella relazione va celata con ogni mezzo. Eppure, la ormai non breve (ma assai poco raccontata) storia dei movimenti antirazzisti in Italia è profondamente segnata da quella relazione “difficile”. Lo ricorda, in questo breve ma intenso articolo, Annamaria Rivera, a cominciare dall’assassinio di Jerry Masslo, bracciante del ghetto di Villa Literno, che diede vita nel lontano settembre del 1989 al primo sciopero contro il caporalato in Italia e a una manifestazione con ben 200mila partecipanti. Un’analogia bizzarra, quel numero stimato, con la risposta all’assalto fascista contro la Cgil delle scorse settimane, dove però la presenza delle lavoratrici e dei lavoratori migranti non era certo particolarmente visibile. Un segno dei tempi? Forse, ma soprattutto una nuova grande occasione di confronto con la realtà sprecata. Perché il rischio di cedere alla vuota retorica e all’astrazione è sempre dietro l’angolo e perché la violenza razzista, anche quella istituzionale, oggi non è certo inferiore a quella del secolo scorso. Anzi. La tendenza al disconoscimento della popolazione immigrata come parte costitutiva della società italiana e del mondo del lavoro, rileva Annamaria, continua a connotare l’atteggiamento delle istituzioni, della società, dell’opinione pubblica e perfino – nei fatti – di taluni soggetti politici di sinistra. Eppure, ha sottolineato in quello stesso 16 ottobre una delle voci più attente a ricordare la tendenza a de-umanizzare o a ridurre a numero i migranti, quella di Luigi Ciotti – la violenza dei fascismi, dei razzismi e dei sovranismi nasce dal veleno di una società disgregata e da una democrazia pallida dove troppi diritti sono parole dette o scritte solo sulla carta
La risposta di massa (ben duecentomila partecipanti) del 16 ottobre all’assalto fascista e squadrista che si era consumato una settimana prima contro la sede nazionale della CGIL è uno spartiacque che potrebbe aprire – come ha detto lo stesso Maurizio Landini – una fase nuova del protagonismo sindacale e della democrazia. A mio parere, una delle condizioni dovrebbe essere quella di coinvolgere ampiamente anche lavoratrici e lavoratori immigrate/i, la cui presenza e visibilità non sono state evidenti neppure nel corso dell’immensa manifestazione del 16 ottobre.
Sindacalizzare, rendere partecipi e protagoniste, anche ai massimi livelli, le persone immigrate e quelle rifugiate potrebbe contribuire a sottrarle alla condizione attuale, spesso estrema. Per dire solo dell’ambito lavorativo, a loro spettano – com’è ben noto – lavori perlopiù flessibili, informali, precari, sottopagati, deregolati, nonché di basso riconoscimento sociale, pur essendo indispensabili all’economia italiana.
Si pensi, in particolare, al caporalato in agricoltura e alle pessime condizioni di lavoro e alloggio cui sono costrette/i le/i braccianti immigrate/i, fra loro perfino dei richiedenti-asilo. Fra le vittime del caporalato non sono rare quelle con un alto livello d’istruzione e di coscienza di classe.
Si pensi a Jerry Essan Masslo, ucciso il 20 settembre 1989 da una banda di giovani rapinatori razzisti. Colto e politicamente impegnato, privo di asilo (allora esso poteva essere concesso solo a chi provenisse da Paesi dell’Europa dell’Est), egli era stato costretto, per sopravvivere, a lavorare in condizioni quasi-schiavili alla raccolta di pomodori nelle campagne di Villa Literno.
A un tale assassinio seguì il primo sciopero di migranti contro il caporalato e – com’è risaputo – una manifestazione nazionale che vide la partecipazione di più di duecentomila persone – una singolare analogia con l’oggi – e inaugurò il movimento antirazzista italiano.
La tendenza al disconoscimento della popolazione immigrata come parte costitutiva della società italiana e del mondo del lavoro da lungo tempo continua a connotare l’atteggiamento delle istituzioni, della società, dell’opinione pubblica e perfino –nei fatti– di taluni soggetti politici di sinistra. Inoltre, perfino fra coloro che si richiamano a una politica “di classe” v’è chi ignora – volutamente o non – che la classe operaia comprende un gran numero di lavoratrici e lavoratori di origine immigrata, incluse/i economicamente ma escluse/i da diritti civili e politici, nonché da molti diritti sociali.
È indubbio che a contribuire decisamente a emarginare le persone immigrate e rifugiate siano anzitutto le sempre più scellerate, punitive e discriminatorie leggi sull’immigrazione.
A tal proposito, la nozione di razzismo istituzionale − elaborata in ambienti afro-americani (Carmichael e Hamilton, 1968) − suggerisce che la discriminazione, l’ineguaglianza strutturale, l’esposizione al razzismo, ma anche allo sfruttamento estremo, di persone immigrate e rifugiate, nonché di alcune minoranze, non è solo il frutto di pregiudizi, xenofobia, ripulsa da parte degli “autoctoni”, ma è in primis l’esito di leggi, norme, procedure e pratiche routinarie, messe in atto dalle istituzioni.
E quanto a quello che viene detto hate speech (“discorso di odio”), spesso identificandolo col razzismo tout court, basta dire che in Italia le ingiurie e le dichiarazioni razziste, profuse quotidianamente da mezzi d’informazione, da politici e altri personaggi pubblici, perfino da alte cariche dello Stato, solitamente non danno luogo ad alcun affaire, al contrario che in altri Paesi dell’Unione europea.
V’è anche chi rimuove o comunque sottovaluta il fatto che il Mediterraneo sia ormai divenuto un vasto cimitero acquatico e che il Canale di Sicilia abbia guadagnato il sinistro primato di confine più letale al mondo. A tutto ciò un contributo rilevante è dato dall’Unione Europea: sulla scia di Michel Foucault (2009), potremmo definire tanatopolitica l’operato di buona parte delle sue istituzioni e dei suoi stessi Stati-membri.
Per tornare all’immensa manifestazione del 16 ottobre scorso e alla scarsa presenza e visibilità – anche negli interventi dal palco – di persone immigrate o rifugiate, forse sarebbe stato efficace se a qualcuna/o dei partecipanti fosse venuta l’idea di esibire una bandiera o uno striscione recante l’immagine di Damian Florin. Chi è o chi era costui? – vi chiederete. Era un cittadino romeno, residente a Pinerolo, ex-dipendente di un’importante azienda trentina di autotrasporti, ch’egli accusava pubblicamente d’averlo sottoposto a orari intollerabili, a discriminazioni, a mobbing, infine al licenziamento.
Perciò egli aveva intrapreso una lunga azione di protesta davanti al Parlamento europeo e alla Corte europea di Strasburgo, al Consolato e all’Ambasciata romeni; e si era appellato direttamente al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. E fu lì, nella piazza antistante il Quirinale, che il 18 ottobre 2012 compì un atto di protesta estremo, peraltro preannunciato: si fece torcia umana, avvolto da una bandiera della CGIL. Fu soccorso e ricoverato in ospedale in condizioni assai gravi, ma il suo gesto, pur così drammatico, ebbe scarsa rilevanza pubblica e politica.
Il suo non era il primo caso di auto-immolazione da parte di una persona immigrata. Il 16 marzo 2011, a tentare il suicidio alla stessa maniera, tanto terribile quanto pubblica − in una piazza di Vittoria, in provincia di Ragusa – era stato il bracciante agricolo Georg Semir, cittadino albanese di 33 anni, sposato e padre di due bambini: lavorava in condizioni del tutto servili e non riceveva il salario da svariati mesi. Fu prontamente soccorso e ricoverato in prognosi riservata. Anche nel suo caso, l’atto disperato di protesta ebbe una risonanza assai debole.
Aprire una fase nuova del protagonismo sindacale, per citare ancora Landini, tra le tante condizioni implica, a mio parere, anche quella di sindacalizzare, valorizzare, conferire dignità ai lavoratori e lavoratrici immigrati/e, in particolare a quelli/e ridotti/e in condizioni di plebe super-sfruttata, umiliata, disprezzata, perfino de-umanizzata.
Foucault M., 2009 (1997), Bisogna difendere la società (a cura di M. Bertani e A. Fontana), Feltrinelli, Milano.
Carmichael S., Hamilton C.V., 1968 (1967), Strategia del potere nero, Laterza, Bari.
Mauro Carlo Zanella dice
Il nuovo fascismo è vivo nelle leggi sicurezza, timidamente emendate ma non abrogate, targate Lega e Movimento 5 Stelle, e negli accordi con la Libia, inaugurati dal ministro degli Interni del Pd Minniti e rinnovati da tutti i governi e le maggioranze parlamentari fino ad oggi.
Lo stesso Draghi ha avuto l’ardire di dichiarare che la Guardia Costiera Libica salva molti migranti.
Per opporsi a tutto ciò, da oltre tre anni, Mani Rosse Antirazziste sfila, alle 18, tutti i giovedì davanti al Viminale, lo stesso giorno delle madri di Plaza de Mayo, per esporre le mani rosse, denunciando così “coloro che hanno le mani sporche di sangue” perché complici delle stragi dei migranti.
Ricordare i “nuovi desaparecidos” significa denunciare in nuoro fascismo di stato.
Alessio dice
Ciao Annamaria,
Hai davvero moltissime ragioni in quanto scrivi, soprattutto se ci si impegnasse a rifletterle tra le “righe”.
purtroppo la vicenda “Mimmo Lucano” sottace la riduzione dell’antirazzismo al solo modello di “integrazione” e “accoglienza” istituzionale, dove il bianco e la istituzione dello stato sostiene l’immigrato come singolo, gli riconosce un documento ma nell’ambito strutturale del ricatto. Il modello “Riace”, indipendentemente dagli intenti di Lucano, è proprio questo, l’unico orizzonte possibile cui l’antirazzismo è stato ridotto: una serie di individui pro quota e pro tempore a fare da serbatoio di braccia di riserva, per gli stessi immigrati che con le lotte si sono meglio tutelati (vedi comparto logistica) e gestito dalle istituzioni o organizzazioni da esso riconosciute.
C’è uno stillicidio di morti sul lavoro quotidiano, talvolta si leva la protesta e la denuncia. Ma quando muore ammazzato un bracciante immigrato ridotto a schiavo o per la fatica o investito o sparato perchè ha alzato la testa (quindi morti per il profitto e la sua inumana produttività), quella morte non vale una ora di sciopero dei lavoratori. Al massimo ci si agita sardinizzati tra le pieghe (o piaghe) istituzionali, ma di autorganizzazione, protagonismo nelle lotte dei soggetti attivi (e non passivizzati) non ne parla quasi più nessuno. In sostanza , benchè negli anni ho battagliato e bisticciato politicamente con Dino Frisullo c’è una notevole differenza abissale tra la visione del lottatore Dino e quella basata sulla accoglienza istituzionale degli individui passivizzati che oggi si scandalizzano ciechi e sordi per la sentenza Lucano prospettando come via un modello istituzionalizzato che da quelle leggi è forgiato. Servirebbero più Dino Frisullo oggi per ricordare che se non si sostiene il protagonismo e l’auto attività dei razzializzati (che pure c’è) tanto a poco si riduce l’antirazzismo paternalista. Mentre ci si stracciava le vesti per la sentenza contro Mimmo (la cui “colpa” è stata illudersi di poter piegare le regole), a Campobello di Mazara è morto in un rogo il giovane Omar ed i suoi fratelli e compagni stavano scioperando il lavoro nei campi… ma nessuno ne ha parlato, lo ha visto, lo ha sostenuto…
Ermonia Romano dice
Caro Alessio, sei sicuramente nel giusto quando chiedi come Frisullo, la necessità di sostenere un maggiore ‘protagonismo e autoattivita dei razzializzati (pessimo neologismo ma pur rende..) Ma vorrei avanzare qualche piccola osservazione.
A parte che avendo visto da vicino il Modello Riace per anni, ho qualche dubbio nel definire ‘accoglienza istituzionale di individui passivizzati’, quanto è successo in quel piccolo paesino di una Locride a tutt altro, purtroppo, abituata!
Non so se hai conosciuto veramente quel borgo negli anni di rinascita, tantomeno mi arrogo il diritto di dire SE si poteva o meno faremo più e meglio, so solo che è stato l UNICO e forse tra i primi modelli che hanno funzionato sia per gli accoglienti che per gli accolti! Sicuramente bisognava , SE si fosse permesso un CONSOLIDAMENTO, MIGLIORANDOLO, quel ‘modello’ che timidamente aveva osato ‘ spostare la rotta predominante! Ora qualcuno come te , azzarda anche un bella pi’ di critiche che sento poco…costruttive se nn poco concrete e concretizzabili!
Certo è che NON ho visto muovere 1 virgola, in tanti anni, in tal senso, anzi..si è lasciato che venisse picconato un po’ alla volta, fino a farlo franare.
Ne’ mi sembra che nemmeno QUEL tipo di ‘ accoglienza’ e ‘integrazione ‘ sia stato protetto o comunque fatto diventare un primo gradino per una successiva e magari necessaria evoluzione, che avrebbe richiesto, dati i ‘ mala tempora’, invece …tempi migliori politicamente e socialmente,oltre che più lunghi e cmq nn semplici.
Concordo sulla passività del Popolo italiano di fronte allo schiavismo e allo stillicidio di morti sul lavoro e a quant altro denunci. Verissimo!
Non so tu,ma io ho sempre provato e continuo, a fare la mia briciola e a scendere in piazza senza ..
‘ sardinizzarmu’ come tu tanto deprechi, ne’ so quanto potere tu abbia non solo nell insistere a continuare su quella via tracciata da Frisullo, ma anche nel COINVOLGERE le ‘ masse’ o almeno una parte, di quelle ‘ sardinizzate’ che cmq almeno ci provano, ma credo che in OGNI caso ORA c è l occasione di sostenere ALMEMO ,e insisto, QUEL sistema di accoglienza&integrazione pet poterlo poi correggere quanto potenziarlo, è veramente URGENTE e INDISPENSABILE dati i ‘ mala tempora’ sullo scenario mondiale!
Non è certo il momento di stare alla finestra con la lente d ingrandimento per lasciar fuori anche qualche piccolo spiraglio che pure aveva tentato di insinuarsi in quest aria ormai sempre più maleodorante di autoritarismo, esclusioni e in-umanita’
Erminia Romano dice
Caro Alessio, sei sicuramente nel giusto quando avanzi, come Frisullo, la necessità di sostenere un maggiore ‘protagonismo e autoattivita dei razzializzati’
(pessimo neologismo ma che pure rende..) Eppure vorrei avanzare qualche piccola osservazione.
A parte che avendo visto da vicino il Modello Riace per anni, ho qualche dubbio nell accettare la definizione di ‘accoglienza istituzionale di individui passivizzati’, quanto è successo in quel piccolo paesino di una Locride a tutt altro, purtroppo, abituata, ma avrei anche qlche curiosità
Non so se hai conosciuto veramente quel borgo negli anni di rinascita, ne’ mi voglio pero arrrogare il diritto di dire SE si poteva o meno faremo di più e meglio, so solo che è stato l UNICO e forse tra i primi modelli che hanno funzionato sia per gli accoglienti che per gli accolti! Sicuramente bisognava , SE si fosse permesso un vero CONSOLIDAMENTO, un.processo di MIGLIORAMENTO di quel ‘modello’ che pur timidamente aveva osato spostare la rotta predominante!
Ora qualcuno come te , azzarda anche una severa critica che sento poco…costruttiva se nn poco concreta e concretizzabile.
Certo è che NON ho visto muovere 1 virgola, in tanti anni, per un autentico sviluppo di un modello di accoglienza e integrazione diversa e/o nel senso che tu auspichi,
anzi..si è lasciato che venisse picconato un po’ alla volta, fino a farlo franare.
Ne’ mi sembra che nemmeno QUEL tipo di ‘ accoglienza’ e ‘integrazione ‘ magari ancora carente, sia stato protetto o comunque fatto diventare un primo gradino per una successiva e magari necessaria evoluzione, che avrebbe richiesto, dati i ‘ mala tempora’, invece …tempi migliori politicamente e socialmente, oltre che più lunghi e cmq nn agevoli.
Concordo sulla passività del Popolo italiano di fronte allo schiavismo e allo stillicidio di morti sul lavoro e a quant altro denunci. Verissimo!
Non so tu, ma io ho sempre provato e continuo, a fare la mia briciola e a scendere in piazza senza ..
‘ sardinizzarmi’ come tu tanto deprechi, ne’ so quanto potere tu abbia non solo nell insistere a continuare su quella via tracciata da Frisullo, ma anche nel COINVOLGERE le ‘ masse’ o almeno una parte, di quelle ‘ sardinizzate’ che cmq almeno ci provano; credo però e.. in OGNI caso, che ORA c è l occasione di sostenere ALMEMO ,e insisto, QUEL sistema di accoglienza&integrazione, per poterlo poi correggere se non quanto potenziarlo! È URGENTE e INDISPENSABILE dati i ‘ mala tempora’ sullo scenario mondiale!
Non è certo il momento di stare alla finestra con la lente d’ingrandimento per lasciar fuori anche qualche piccolo spiraglio che pure aveva tentato di insinuarsi in quest aria ormai sempre più maleodorante di autoritarismo, esclusioni e in-umanita’
Erminia Romano dice
Chiedo svusa x il doppione ma..non sono riuscita a cancellare la prima versione del commento, corretto solo nella seconda