
Fernando Ortiz Fernández (L’Avana1881 – 1969) antropologo ed etnomusicologo cubano, candidato al premio Nobel per la pace nel 1955, fu un allievo di Bronisław Malinowski che gli fece l’introduzione al suo libro più importante Contrapunteo cubano del tabaco y el azúcar, testo fra i più significativi del Novecento, pubblicato nel 1940 (e ora ristampato in Italia1). Era stato a Torino per approfondire gli studi su Cesare Lombroso (con accuse di aver seguito solo le sue teorie positiviste) e per ricerche su Cristoforo Colombo a Genova dove fu nominato console onorario e dopo la sua morte gli fu anche dedicata una piazza. Ortiz era d’accordo con il suo maestro inglese sugli studi sul campo, necessari per comprendere come comportamenti e rapporti fra i popoli si erano instaurati in base alle funzioni da loro svolti nei rispettivi sistemi socioculturali. Bisogna ricordare anche la sua grande simpatia e attrazione per l’Italia tanto da pubblicare nel 1905 la monografia La simpatia de Italia por los mambisesi cubanos – documento per la storia dell’indipendenza-e nel 1909 Los mambises italianos – appunti per la storia cubana. I mambises erano i rivoluzionari che combatterono per l’indipendenza dalla Spagna (188571898), la “guerra necesaria”. Era altresì un omaggio ai rivoluzionari italiani di quel periodo. Il titolo “Contrappunto” derivato da ponere punctum contra punctum – (segnare nota contro nota) è coniato dal linguaggio musicale per indicare la presenza in una composizione o in una sua parte di linee melodiche indipendenti. Da questa contrapposizione di note può nascere una polifonia come risultato unico di elementi diversi e di differente valore. Il contrappunto salta il discorso gerarchico delle note! Egli attinge a questa metafora musicale per accentuare l’originalità e la dignità delle diverse culture, ognuna con il suo valore specifico indipendentemente da un eventuale accordo finale fra esse. “Non c’è spazio per culture superiori!”. Dare importanza a un modello contrappuntistico nell’antropologia significa riconoscerne il valore autonomo prima ancora dell’eventuale armonia fra di esse.
Negli anni Sessanta Cuba era un pullulare di lingue, culture, religioni, persone. In questo caleidoscopio unico di laboratorio vivente nacque il concetto di transculturacion per indicare l’attraversamento di culture. In questo passaggio “trans “, qualcosa si lascia e qualcosa si prende (toma y daca): tutti gli elementi sono dello stesso grado senza egemonie! È anche un modo di ridare alla cultura il suo carattere dinamico, processuale, di divenire più che di divenuto ,lontani dalle sirene di esotismi “etno” molto di moda. Il pensiero transculturale offre una chiave di lettura per un mondo plurale, in continuo movimento, dove categorie statiche non sono sufficienti all’operatore transculturale del terzo millennio a fronte di fenomeni complessi. Un diverso approccio potrebbe iniziare dal considerare i migranti e i rifugiati come rappresentanti di altri modi di conoscenza e di vivere con cui rapportarsi e non una minaccia da cui difendersi. Il mondo è in continua evoluzione e insieme a esso si trasformano le culture e il modo con cui impattano sulla vita degli individui. Ortiz introdusse una visione innovativa basata su un concetto rivoluzionario che scosse la maniera di osservare di allora entrando in rotta di collisione con il metodi tradizionali di una visione culturocentrica, secondo cui ogni cultura si ritiene centrale” rispetto alle altre, considerate ”periferiche”. La sua proposta di concentrarsi sull’interazione fra le culture considerate di pari dignità (oggi la definiremmo processuale) evidenziava un rapporto di reciprocità e di contaminazione, in cui contesti di cura, sistemi culturali e sociali si intersecano (e influenzano)a vicenda.
L’approccio verso “lo straniero” può divenire allora un’occasione di crescita, oltre che di confronto con altri mondi, necessario a un pensiero arroccato a difendere solo la sua “unicità” e quanto mai bisognoso di linfa vitale. In particolare, riconoscere ad ognuna cultura, ricchezza e diversità vuol dire mettere da parte pretese di dominio. Nel suo originale ed innovativo testo l’autore descrive la società cubana utilizzando la diversità di due prodotti caratteristici dell’isola: tabacco e zucchero. Come è noto essi si contrappongono sia a livello economico ,sia a livello sociale, e nella suggestiva raffigurazione di Ortiz prendono le sembianze favolistiche di due personaggi importanti della storia cubana: Don tabacco e Donna Zucchera” (azucar in spagnolo è femminile!). Il tabacco è amaro e possiede un aroma. Lo zucchero è dolce e non ha odore, il tabacco è audacia, lo zucchero e prudenza. Il tabacco è maschile, lo zucchero è femminile. Dalla contrapposizione di elementi cosi diversi può nascere un mondo che li contenga ambedue senza che uno possa sopraffare l’altro. Se è vero che egli all’inizio fu influenzato dalle idee del positivismo è altrettanto certo che in seguito abbandono il suo atteggiamento lombrosiano per apprezzare e valorizzare maggiormente i contributi dei neri cubani alla cultura nazionale. Tuttavia il suo lavoro sul campo e l’analisi dei contesti economici, delle credenze religiose, delle superstizioni e la raccolta di un grande patrimonio musicale fino allora sconosciuto lo ha reso un ricercatore molto progressista rispetto al suo tempo. La ristampa della sua opera giunge opportuna in un momento in cui il panorama culturale e scientifico sembra rimanere fermo sulle posizioni di un pensiero unico e autoconfermante e alla esclusione di ogni istanza culturale diversa da quella dominante.
1 F. Ortiz Contrappunto cubano del tabacco e lo zucchero le origini del pensiero transculturale Borla Roma, 2024, nuova ed. (di pross.publ.)
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